Pagine

Sunday, March 30, 2014

Il regista


 Io, comunque, se si potesse scegliere il regista della propria vita, sceglierei Wong Kar-Wai.

Questo fotogramma... Ne farei una gigantografia da appendere in casa.





Sempre In the mood for love. E come non esserlo?




In the mood for love. O, in altre parole, l'eleganza.





My blueberry nights. E se ricordo bene, il fotogramma subito prima o subito dopo era ancora più bello.



Days of being wild. Quei fiori...




Ma sono l'unica che pensa a chi vorrebbe affidare la fotografia del film della propria vita?!





[Tutte le immagini sono tratte da questo sito che raccoglie i più bei fotogrammi di molti film. Attenzione, può creare dipendenza.]

Tuesday, March 25, 2014

The Clock

Photo by Ben Westoby - link


The Clock è arrivato a Montreal.
E tutti ne parlano.
Solo che ne parlano in questo modo:
"Sei andato a vedere The Clock?"
"Uhm, no"
"Vacci."
"Perché? È bello? Merita?"
"Vacci."

Quando senti questa conversazione, quando la leggi sui blog, quando anche i manifesti pubblicitari del Museo d'Arte Contemporanea non ti dicono molto di più se non
"The Clock è il capolavoro di Christian Marclay. Però è anche un orologio."
ecco che ti viene proprio la voglia di andare a vedere di che si tratti.

Mio marito ed io ci siamo andati un venerdì sera, approfittando dei Venerdì Notturni del MACM. Il primo venerdì del mese, infatti, il MACM è aperto fino a tardi, c'è musica dal vivo - di solito in tono con le mostre del momento  - e si può bere un bicchiere di vino girando per il museo. Inutile dire che noi siamo degli abbonati, fosse anche solo per il bicchiere di vino...

Tuttavia, una volta entrati, anziché prenderci da bere come al solito, ci siamo diretti subito verso The Clock, tanta era la curiosità. Io sapevo giusto che, con The Clock, Christian Marclay aveva vinto il Leone d'oro alla Biennale di Venezia del 2011.
La coda era piuttosto lunga, e nell'attesa ho letto le regole per assistere all'opera:

1. Il numero di visitatori è limitato a "tot" per volta.
2. Fate attenzione, la sala è nell'oscurità totale.
3. I bambini non sono ammessi.
4. Una volta dentro, potete restare tutto il tempo che volete.

Ora, a me leggere queste indicazioni ha dato l'idea più di una giostra da luna park che di un'opera d'arte.

Alla fine è arrivato il nostro turno.
Siamo entrati, la sala era effettivamente buia e noi due eravamo eccitati come se stessimo per salire sulle montagne russe. Abbiamo trovato posto per terra, ci siamo seduti e abbiamo iniziato a guardare lo schermo. C'era una scena tratta da un film che poteva essere un poliziesco degli anni settanta, in cui un tizio guardava ansioso una radiosveglia che segnava le 8.30pm.
Ah, ok. Poi la scena cambia, lo spezzone è di un altro film, e un altro orologio nella scena segna le 8.31.
Passano i minuti, e io butto l'occhio sull'orologio al polso del Celiachindo. Sono le 8.35pm. Aspetta. Le otto e trentacinque. Esattamente come indica quell'orologio sullo schermo.
Cioè, The Clock è un orologio! No, forse, è una coincidenza, aspetta, fammi controllare tra un minuto... 8.36pm qui, 8.36 lì sullo schermo. No, è vero! È un orologio!

link

Chiunque si fosse informato un pochino più di noi sull'opera, avrebbe saputo che effettivamente questo è il bello di The Clock. Christian Marclay, insieme al suo gruppo, ha selezionato migliaia e migliaia di sequenze tratte da film e serie televisive di ogni epoca. Il risultato è che lo spettatore si trova a  vedere e ad ascoltare lo scandire esatto del tempo minuto per minuto, lungo un arco totale di 24 ore esatte.
I venerdì notturni sono uno dei pochi momenti in cui è possibile vedere The Clock per intero, perché il museo resta aperto 24 ore.

La fase successiva all'entusiasmo iniziale è stata quella in cui ho pensato a come sarebbe stato bello tornare a mezzogiorno, o alle sette del mattino e magari vedere scene di gente che fa colazione...

Alla fine siamo rimasti dentro fino alle 9.07pm. Credo sia la prima mostra a cui assisto della quale io ricordi precisamente l'ora in cui sono entrata e quella in cui sono uscita.

Ci siamo poi tornati domenica mattina, alle 11.45am e siamo rimasti lì fino alle 12.50. L'attimo dello scoccare del mezzogiorno è stato emozionante.

link
In conclusione, se vi trovate nella possibilità di vederlo, non perdetelo.
Se poi voleste avere un'idea di cosa capita di fronte a The Clock, ecco un filmato. Però attenzione: nel rispetto dell'opera e se si vuole davvero vivere l'esperienza pensata da Marclay, bisogna iniziare a guardarlo alle 12.04 precise (mezzogiorno e quattro minuti).










Saturday, March 22, 2014

Kitchen

"Fra poco mia madre farà un salto dal lavoro. Intanto, se vuoi, guardati pure in giro. Ti faccio strada io? Tu da quale stanza giudichi?" disse Yuichi, che aveva cominciato a preparare il tè.
"Cosa?" feci io, che mi ero seduta su quel soffice divano.
"La casa e i gusti dei suoi abitanti. Si dice spesso che per capirli basta guardare il bagno, no?"
Era uno che parlava sempre in tono calmo e con quel sorriso un po’ distante.
"Dalla cucina," dissi io.
da Kitchen, Banana Yoshimoto. Trad. Giorgio Amitrano


Anch'io giudico dalla cucina.
L'ho sempre fatto anche quando non ne ero consapevole. La simpatia e la disposizione d'animo verso le diverse case e i loro rispettivi abitanti sono sempre state mediate dalla cucina. 
Anch'io, come Mikage di Kitchen, posso amare tanto le cucine pulite quanto quelle sporche, purché vissute. Diffido invece da quelle inabitate, non usate, che profumano più di detersivo che di cibo. E anche da quelle in cui stoviglie e cibarie sono troppo ordinate. Non mi convincono, ad esempio, le cucine in cui i bicchieri sono tutti uguali, e le spezie sono riposte tutte in barattolini della stessa forma e misura, peggio ancora se in scala cromatica...

Uh, no no no. - link
Al contrario, ricordo con nostalgia una cucina parigina in cui non c'era un piatto uguale all'altro, in cui le posate erano d'argento, e vecchie, e i bicchieri, alcuni sbeccati, erano di quelli a calice di vetro smerigliato, sicuramente vecchi almeno quanto le posate.
Amo le cucine in cui la dispensa è più grande del frigorifero, in cui non c'è la lavastoviglie né tantomeno il microonde.

Chi abita qui è già mio amico, da subito - link

Poi con il tempo ho cominciato a giudicare anche dalla libreria.

Entro per la prima volta in una casa e butto l'occhio sui libri. Non solo i titoli ma anche come sono disposti.
Mi piacciono le case con librerie incasinate, e con libri su ogni tavolo o piano d'appoggio. Ma mi dispongono bene anche quelle con librerie alte fino al soffitto, con i libri accuratamente riposti. 
Diffido dalle case senza libri, e da quelle in cui i libri sono oggetto d'arredamento, in cui ti viene da chiedere al proprietario: "Posso?" prima di prenderli in mano.

Questa signora potrebbe starmi simpatica... - link


Uhm, da chi abita qui diffiderei un attimo... - link
Alla fine mi sono accorta che gli stessi criteri che adotto nel farmi un'idea sulle persone partendo dalla cucina sono quelli che uso anche nel giudizio sulla libreria.
È che entrambe le cose hanno a che fare con il nutrimento, in senso lato. E io amo le persone a cui piace nutrirsi.


PS Poi ovviamente capita che tra gli amici più cari ci siano persone con cucine che mi hanno inizialmente indisposta e con libri sistemati in modo maniacale. Per fortuna si va oltre la prima impressione...




Tuesday, March 18, 2014

Di seconde colazioni

Appartengo a quella categoria di persone per cui la prima colazione è il pasto piu importante.
 Fosse per me farei anche due colazioni al giorno, ed effettivamente è quello che faccio con la mia adorata belle soeur quelle rare volte in cui siamo nello stesso continente. In pratica, ci piace così tanto ciacolare e abbiamo sempre così tanti arretrati da raccontarci che quando facciamo colazione insieme non abbiamo mai finito di parlare alla fine del primo caffè, latte e relative fette di torta, per cui puntualmente una delle due propone di fare un secondo giro.
La seconda colazione è una tale passione condivisa che ci rende persino indifferenti al puntuale manifestato disappunto dei nostri due rispettivi coniugi - il Fedi e mio fratello - che invece liquiderebbero la questione colazione in cinque minuti di ingurgitamento calorie.

Una delle ultime volte in cui ci siamo concesse una seconda colazione è stato a New York, quasi un anno fa. Ci saremmo incontrati proprio a New York*, direttamente nell'appartamento che avevamo affittato: noi in arrivo dal Canada, loro dall'Italia.
Per quell'occasione io ero partita da Montreal la sera prima con in valigia questo cake al burro di mandorle e cioccolato ancora tiepido, che ci avrebbe poi regalato grandi soddisfazioni la mattina seguente.


La ricetta proviene da quella di un cake al burro di noccioline che aveva pubblicato tempo addietro Vaniglia del blog vanigliacooking. Io poi ho apportato le mie solite modifiche che prevedono essenzialmente l'uso di farine senza glutine, il burro di mandorle al posto di quello di arachidi, il latte di mandorle per dare un gusto ancora più "mandorloso", e l'aggiunta di cioccolato fondente per renderlo ancora più goloso.

Ecco gli ingredienti:
100 g di farina di tapioca
70 g di farina di riso bruno
30 g di farina di grano saraceno
100 g di zucchero (io uso quello grezzo, scuro)
1 cucchiaino di lievito
1 cucchiaino di bicarbonato
200 g circa di burro di mandorle
60-80 g di latte di mandorle (in mancanza di quello, anche latte vaccino)
2 uova felici
50 g di cioccolato fondente tagliato a pezzetti

Si setacciano le farine insieme con il lievito e il bicarbonato, quindi si aggiunge lo zucchero.
In un'altra ciotola si mescola il burro di mandorle con il latte, fino a renderlo un composto cremoso ma non troppo denso. Si uniscono quindi le uova.
La fase più complicata è quella dell'unione del composto liquido di burro, latte e uova a quello secco di farine e zucchero. Il composto sembra molto denso e difficile da lavorare, ma se così fosse, si può aggiungere ancora qualche cucchiaio di latte. In ogni caso il composto deve risultare più denso di quello di una torta classica. Si uniscono i pezzetti di cioccolato fondente, lasciandone un po' da parte da mettere in superficie.
Si versa quindi il composto in uno stampo da plum cake imburrato ed infarinato (mi raccomando, usare farina senza glutine per infarinare!) e quindi si inforna a 180° C per 45-50 minuti circa.



In queste foto il cake gode del privilegio di poter poggiare su questo magnifico piatto di Helene Chouinard che no, non è dipinto, ma è creato a partire da terre colorate mischiate a porcellana bianca. Una favola.

Il magnifico piatto di Helene Chouinard. Punto a comprargli presto fratellini e sorelline...


* Viaggio a NY durante il quale avvenne anche il primo incontro in carne e ossa con Alice!

Saturday, March 15, 2014

La femme vue par la femme - Camille Claudel

 Io penso che solo una donna possa vedere la donna con questi occhi.

Femme accroupie (1884-1885) - Musée Nogent sur Seine





L'âge mûr (1902 circa) - Musée d'Orsay

L'âge mûr. Particolare - Musée d'Orsay

Profonde pensée (1899-1905) - Musée Nogent sur Seine

Thursday, March 13, 2014

La terza legge dell'inverno canadese*

"I centimetri di neve che cadono a marzo sono direttamente proporzionali al numero di volte in cui tu in precedenza avevi detto: "Sento aria di primavera"."





* Le prime due leggi dell'inverno canadese:

I: Sotto i -15, mai, mai, mai togliersi i guanti. Mai.

II: In qualunque direzione tu stia camminando, il vento tirerà sempre in direzione opposta a quella della piega dei tuoi capelli.
Corollario alla II legge: in qualunque direzione tu stia camminando, avrai sempre i capelli davanti agli occhi.

Wednesday, March 12, 2014

Gnocchi allo zafferano e burro di pecora felice (naturalmente senza glutine)

Qualche giorno fa stavo tornando a casa dal lavoro e pensavo a cosa preparare per cena. Pensavo in particolare a quell'eccezionale burro di brébis (pecora) che aveva comprato il Celiachindo un paio di giorni prima sapendo di farmi contenta. Trattasi, infatti, di burro speciale, perché di pecore felici!

100% happy sheep
Ne restava mezzo vasetto in frigo, diciamo non più di 50-60 g, ma va consumato in fretta perché tende a deperire più rapidamente di quello classico vaccino (forse perché contiene più acqua? boh). 
Solo che un burro così non è che lo si mette nell'impasto di una torta solo per farlo fuori. Nossignore, va usato al meglio. 

È allora che ho pensato: faccio gli gnocchi

A volte mi chiedo se io sia l'unica che per finire un pezzetto di burro si mette ad impastare gnocchi un lunedì sera dopo il lavoro...

Nel frattempo il Celiachindo era tornato a casa:
"Prepari già la cena?"
"Sì, ho pensato di fare gli gnocchi"
"Ah, gli gnocchi." 
Non ha aggiunto altro perché è un principe, ma so che dentro di sé ha pensato che avremmo mangiato alle dieci di sera... Malfidente.

In ogni caso ho messo a bollire 3-4 patate di media grandezza con la buccia. Una volta cotte le ho sbucciate e pesate, dopodiché ho usato le dosi e il metodo imparato dalla maestra Alessandra Spisni, con qualche modifica perché fossero senza glutine e gialli.

400 g di patate passate allo schiacciapatate
150 di farina (100 g di farina di riso bruno + 50 di farina di tapioca)
1 uovo
2-3 cucchiai di parmigiano
noce moscata
sale
la punta di un cucchiaino di zafferano

Si impastano gli ingredienti, tutti insieme, piuttosto velocemente e si forma un panetto. Dopodiché si taglia il panetto in 4-5 fette e da quelle fette si ricavano dei lunghi salsicciotti sottili da cui si tagliano gli gnocchi. Il piano di lavoro deve essere sempre ben infarinato.

Una volta formati gli gnocchi, io li ho rigati passandoli sui rebbi di una forchetta, ma di solito non lo faccio. È che mi avanzava del tempo (!) mentre aspettavo che l'acqua per gli gnocchi bollisse. 


Per il condimento, mi ero ricordata di una ricetta pubblicata recentemente da Izn sul Pasto nudo, che mi ispirava molto, e così:

50 g di burro di pecora (tutto quello rimasto nel vasetto)
pistilli di zafferano

Ho sciolto il burro a fuoco molto basso in un pentolino e ho poi aggiunto i pistilli di zafferano che avevo comprato giorni prima nel nuovo negozio iracheno. Zafferano iraniano per la precisione.
Nel frattempo l'acqua era giunta a ebollizione, quindi ho buttato gli gnocchi gialli e una volta venuti a galla li ho messi in una zuppiera e conditi subito con la salsa di burro e zafferano.


E questo è stato il risultato. Gnocchi gialli che più gialli non si può, profumati, ottimi.
Vanno serviti con un'abbondante grattuggiata di parmigiano e una macinata di pepe fresco.

Per la cronaca, alle otto di sera eravamo già seduti a tavola davanti al piatto di gnocchi fumanti.

Monday, March 10, 2014

Tentazioni

Quando passi dalla sala d'aspetto e vedi che la televisione messa lì per ingannare l'attesa dei pazienti proietta Dirty dancing, che fare? Fermarsi lì a guardarlo condividendo con i pazienti i momenti topici del film o tornare a lavorare?

Johnny Castle che mi invita a fermarmi in sala d'aspetto.

Che poi mica è una situazione così infrequente...

Ricordo quando ero specializzanda e stavo frequentando per un periodo in Neurologia adulti. Con il medico strutturato siamo entrati in una camera per visitare una signora con emicrania cronica. Era un pomeriggio d'estate e questa signora era lì tranquilla che si guardava Sabrina su Rete4. Voglio dire, Sabrina.

Chi sceglierà Sabrina tra Linus e suo fratello David? La paziente non ha potuto scoprirlo...

Lo strutturato, senza chiederle scusa per l'interruzione, ha iniziato a visitarla. Io, qui lo confesso, non ricordo nulla della visita, ma ho in mente precisamente la scena che abbiamo interrotto e mi è spiaciuto per la signora.

Un'altra volta, forse la più memorabile, dovevo visitare una coppia di fratelli con una specializzanda più anziana di me, bravissima, oggi ricercatrice di alto livello. Una di quelle che i professori portavano ad esempio per noi nuove leve e da cui io, di conseguenza, cercavo di carpire il più possibile. Ci apprestiamo a visitare questi due fratellini, e sul letto di uno dei due c'era uno xilofono di plastica, di quelli che quando schiacci i tasti spuntano pure degli animaletti. La mia mentore, per rompere il ghiaccio con i due bambini, inizia a battere due tasti sullo xilofono. Solo che poi si lascia prendere. Ecco, credo che abbiamo passato due o tre minuti a sentire lei con lo xilofono. Io mi chiedevo se ci fosse una qualche valenza diagnostica di fondo nell'atto; la mamma dei due bambini la guardava chiedendosi probabilmente la stessa cosa.

Io penso che la professione medica sia piena di tentazioni.

Sunday, March 9, 2014

.

Grazie nonno per avermi dato le radici
e la terra.

Grazie per avermi insegnato che la terra ci resiste
soprattutto quando è bruciata dal sole.

Grazie per avermi mostrato la fatica fisica
e i segni che quella e il sole lasciano sul viso con gli anni.

Grazie per avermi insegnato il silenzio.

Grazie per i tuoi occhi verdi che volevano avere il controllo su tutto.

Grazie per il dolore nascosto tuo e della nonna,
nell'aver visto partire prima i tuoi figli e poi i tuoi nipoti.

Ora vorrei riportarti alla Tallarita
perché e lì che tu appartieni
e con te, noi tutti.




Thursday, March 6, 2014

Dentro e fuori

Perché soffermarsi su quel che ancora, a marzo, è appeso fuori dalla finestra...



...quando al di qua del vetro sono comparsi questi?!?





Ringraziamenti
Grazie al Fedi che è arrivato l'altra sera con questi in mano e Sandro Miciotti al suo fianco. E io ho subito notato Sandro, perdendomi i fiori.
[Da dove provengano dei tulipani comprati a Montreal, il 5 di marzo, resta da scoprire... Sudamerica?]
Addendum: i tulipani provengono da un'azienda agricola di Prince Edward Island che d'estate coltiva patate e d'inverno tulipani. Questa non me l'aspettavo.

La legge dell'appartenenza

Questa terra, come la Ionia di Eraclito e Anassagora, è magica,

e richiama sempre coloro che gli appartengono,

come se esercitasse un diritto.

La legge dell'appartenenza.

                        
                                                Manlio Sgalambro, da Perduto Amor, 2003




Monday, March 3, 2014

Il raffreddore

Da qualche anno ho trovato una piccola consolazione nel prendermi il raffreddore. 
Quella di poter cantare questa eccezionale canzone, l'unica di Jovanotti che mi sia mai piaciuta ;)

Così ogni volta che sto come oggi, anch'io mi unisco a Che Guevara e Mandela e grido "No al raffreddore!".



P.S. La strofa rappata alla fine è qualcosa di notevole.

Sunday, March 2, 2014

Inno alla Materia


Si racconta che Pierre Teilhard de Chardin, paleontologo e antropologo, mentre era nel deserto, abbia sentito la pietra su cui aveva posato la testa per dormire viva e piena della presenza stessa di Dio ed abbia composto questo inno alla Materia

Benedetta sii tu, aspra Materia, sterile gleba, dura roccia, tu che cedi solo alla violenza e ci costringi a lavorare se vogliamo mangiare.  

Benedetta sii tu, potente Materia, Evoluzione irresistibile, Realtà sempre nascente, tu che, spezzando ad ogni momento i nostri schemi, ci costringi ad inseguire, sempre più oltre, la Verità.

Benedetta sii tu, universale Materia, durata senza fine, Etere senza sponde, - triplice abisso delle stelle, degli atomi, e delle generazioni, tu che travalicando e dissolvendo le nostre anguste misure, ci riveli la dimensione di Dio.

Benedetta sii tu, mortale Materia, tu che, dissociandoti un giorno in noi, c’introdurrai necessariamente nel cuore stesso di ciò che è. Senza di te, o Materia, senza i tuoi attacchi, senza i tuoi strazi, noi vivremmo inerti, stagnanti, puerili, ignoranti di noi stessi e di Dio. Tu che ferisci e medichi – tu che resisti e pieghi – tu che sconvolgi e costruisci – tu che incateni e liberi – Linfa delle nostre anime, Mano di Dio, Carne del Cristo, o Materia, io ti benedico.

Pierre Teilhard de Chardin
Trad. A. Daverio


E proprio oggi si sentivano queste parole sulla Materia, intrise però di tenerezza per l'uomo che con quella materia si deve confrontare tutti i giorni:
"Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro?

Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano.
Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. 
Ora se Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi?

Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà gia le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena".
dal Vangelo secondo Matteo