Pagine

Sunday, August 24, 2014

La contentezza di sapersi italiani, cap. 2

La stagione dei festival (nel resto del mondo chiamata "estate") sta finendo. E come d'abitudine, è il Festival des Films du Monde a chiudere la stagione.

Siamo appena rientrati dall'aver visto La mafia uccide solo d'estate, di Pierfrancesco Diliberto, altrimenti noto come Pif.

Pif  -  da qui
Un bel film, innegabilmente divertente, inaspettatamente emozionante.

Pif ha raccontato la Palermo e gli anni terribili dell'ascesa di Riina e del maxi processo in modo dissacrante verso quella mafia che, molte volte, è stata invece descritta con toni drammatici che sfociavano quasi nel timore reverenziale.

Al contrario, lui l'ha presa in giro, la mafia, pur tuttavia narrando i fatti con rigore giornalistico.



Presente questa sera alla proiezione, Pif mi è apparsa una persona modesta, capace di quell'autoironia che caratterizza alcuni italiani, forse i migliori, senza peraltro mancare di serietà. Ecco, mi ha dato l'idea di essere serio senza prendersi sul serio.

La miglior frase del film:

I genitori hanno due compiti fondamentali. Il primo è quello di difendere il proprio figlio dalla malvagità del mondo. Il secondo è quello di aiutarlo a riconoscerla.

Di nuovo, mi sono sentita contenta, e fiera, di essere italiana.

Tuesday, August 19, 2014

L'ile d'Orleans o dell'importanza del cassis

Avevamo voglia di disconnetterci un istante (cit. Subsonica), di partire su un’isola perché purtroppo o per fortuna ho contagiato il Teodolindo con la convinzione che mai si è in vacanza come quando si è su un’isola. Abbiamo scelto come meta l’Île d’Orleans, nella foce del San Lorenzo, poco più  a nord di Quebec City.

Questi sono i suoi paesaggi:






E queste sono le sue strade:




Indubbiamente queste condizioni ci hanno permesso di riuscire nell’intento di staccare la spina dalla routine e dal lavoro.

Il tempo però non era dei più clementi, come si vede dalle foto, e noi che ci immaginavamo a bordo fiume a guardar passare le navi e a leggere, abbiamo dovuto trovare attività alternative.
Fu così che partimmo all’esplorazione dell’isola e di quanto essa offre, cosa che si può facilmente riassumere in un'immagine e una parola.

da wikipedia

Il cassis, noto anche come ribes nero.

Si inizia con le torte ai cassis (si intravede una piccola, solitaria fetta di torta ai lamponi e cioccolato: il resto è cassis)

Ma dai?! Cioccolato al cassis?!


Toh, guarda! Vendono anche le foglie!

Torrone al... aspetta aspetta, provo a indovinare: cassis?

Marmellate, burro e coulis di... non sarà mica cassis?
Nel caso non se ne avesse a sufficienza, cassis in altre cento declinazioni

Una delle due aziende familiari. Monna et filles.

L'altra azienda familiare. Cass'isle.
Visto che chi si dedicava ai liquori c'era già, loro han pensato all'aceto.
Aceto di cassis, nel caso si avessero ancora dubbi.

A tratti il Teodolindo ed io ci sentivamo un po’ come nella splendida scena di Koda fratello orso in cui le due alci giocano a Vedo, vedo.

L’isola ci ha conquistati per il suo carattere discreto, e il cassis ce lo siamo portati a casa in tutte le sue mille trasformazioni.
Presto su questi schermi una torta deliziosa fatta proprio questo pomeriggio al ritorno a casa, chissà mai con quale ingrediente...

Tuesday, August 12, 2014

Ingiustizie

Iddu fa faville (letteralmente) e io, anziché essere lì ad ammirarne lo spettacolo e sguazzare di fronte alla sciara del fuoco, sono qui a Montreal.




Thursday, August 7, 2014

E poi...

E poi cosa si fa con il pesto di carote e mandorle?




Ci si condiscono degli spaghetti, insieme ad una dadolata di zucchine ripassate in padella con uno spicchio di aglio.




Sunday, August 3, 2014

Minnule e Mennulara

Montreal, tardo pomeriggio di una pigra domenica di agosto. Trenta gradi, vento caldo.

La mia mente, chissà come, sarà il vento caldo, ritorna ai tardi pomeriggi di agosto di trent'anni fa.
Allora, io con i miei genitori e mio fratello tornavamo dal mare, cotti dal sole e dal vento, e rientrando nel cortile della casa dei nonni, nell'entroterra siciliano, trovavamo immancabilmente mio nonno, seduto su una sedia impagliata, con accanto un barile pieno di mandorle da sbucciare del mallo e un altro barile in cui mettere le mandorle con il guscio pulito. Svolgeva l'operazione con due pietre, una piatta, usata come supporto, e l'altra più appuntita, che serviva a togliere il mallo dal guscio delle minnule.

Mio papa, mio fratello ed io ci fermavamo in cortile ad aiutare il nonno. Lui andava a prendere pietre e sedie per noi due bambini e ci spiegava come fare. Io ricordo che i miei gesti si concludevano più spesso con pietrate sulle dita che con un'efficace sbucciatura delle mandorle. Ricordo la pietra troppo pesante perché la mia mano di bambina potesse compiere il suo dovere.

Ricordo poi che mio nonno e mio padre, tra una minnula e l'altra, ogni tanto di mandorle ne rompevano una e ce la davano da mangiare. Amara, verde. Deliziosa. Era un piccolo premio, una cosa preziosa.
Il tutto avveniva in silenzio, o forse solo poche parole venivano dette.
Sono cresciuta d'estate in quel cortile in cui si riusciva a stare in silenzio, perché di parole non ce n'era bisogno.

Da allora le minnule per me sono casa.

Oggi ho portato in terrazza due ciotole, una piena di mandorle coperte di acqua bollente e una vuota. E ho spellato le mandorle, con calma, in silenzio. Davanti a me il Teodolindo leggeva un libro, mi ha vista trafficare con bucce e mandorle e mi ha detto: "Tu non riesci proprio a stare tranquilla, eh?". Non sapeva che nulla equivaleva alla tranquillità più di quel gesto.



Con quelle mandorle ci ho poi fatto un pesto di foglie di carote. Avevo comprato un mazzo di carote questa mattina, e le foglie mi piacciono più delle carote stesse. Pensare che c'è gente che le foglie le butta!


Avevo anche già lavato le foglie che erano pronte per essere tritate insieme ad una manciata di mandorle spellate ed una di pistacchi, il tutto naturalmente ammorbidito da abbondante olio di oliva extravergine.


Mentre ero lì, intenta a tritare mandorle e unirle alle foglie di carote, pensavo alla reazione che avrebbero avuto le tre generazioni di uomini della mia famiglia a vedermi fare una ricetta simile, così strana per la nostra tradizione di casa, per cui le mandorle si usano nei dolci. Punto.

Non riesco ad immaginare una sola possibile parola pronunciata dai tre - mio nonno, mio padre, mio fratello- però ho chiarissimi in mente come mi avrebbero guardata e l'espressione del loro volto, un misto di diffidenza e curiosità, tutte siciliane.

"Pietro Fatta e padre Arena erano impassibili, esempi di quella abilità a dissimulare i propri pensieri e sentimenti che i siciliani si bevono col latte materno." 
Simonetta Agnello Hornby, La mennulara. 2002.