Pagine

Monday, April 29, 2019

Ieri e domani

Cioè, per me, essere madre è una roba psicotica, una lotta interna tra il passato e il futuro.
Stamattina il Sig. tenace si è presentato in cucina al risveglio. L'ho abbracciato e, baciandolo sulla testa, mi sono accorta che devo chinarmi sempre meno per farlo.
"Quando è successo che sei cresciuto così, eh? Quando?!"
Lui, imperturbato: "Ieri, mentre tu eri al lavoro".
Con la SignoRina è ancora più evidente. Due ora fa, o almeno così sembra a me, stava ancora gattonando e sbavando sul parquet, e adesso si riconosce nelle foto e si punta l'indice al petto dicendo il suo nome. 

Louise Bourgeois, The welcoming Hands, 1996.


E io alterno attimi di follia in cui vorrei bloccare il tempo a ieri, quando erano minuscoli, ed altri in cui mi incanto a immaginare che persone diventeranno domani. E questo schizofrenico sentirmi incastrata tra il passato e il futuro dei miei figli, è il solo modo che la mia testa ha per dirmi di godermi l'oggi, perché passa in fretta.

Se c'è qualcosa nella mia vita che mi ha insegnato a gustarmi il momento presente e a farne un tesoro prezioso, è stato il diventare madre.

Thursday, April 25, 2019

Bella ciao a Riace

La bontà previene il male voglio prevenire, non voglio curare. E voglio resistere.

Friday, April 12, 2019

Un nuovo posto speciale

Che io creda che il cucinare sia l'atto d'amore per eccellenza penso di averlo già detto ripetute volte. È il mio linguaggio dell'amore. Con il cibo io mi prendo cura degli altri e di me stessa.
Quel che forse ho detto meno, anche se sicuramente traspare da alcuni post, è che io cerco quello stesso linguaggio d'amore anche nei posti in cui vado a mangiare. Non mi interessano i ristoranti stellati e le esperienze gastronomiche tout court. Se manca l'amore, il voler nutrire gli altri, nel corpo e nell'anima, chi cucina può anche essere il cuoco più bravo al mondo, ma io lo trovo sterile. Vedo quel tipo di cucina come la pornografia dell'alimentazione. Magari estremamente appagante da un punto di vista sensoriale, ma privo di desiderio di andare incontro all'altro. 

Ecco, il desiderio, la ricerca dell'incontro con l'altro, della relazione, espressa attraverso il nutrirsi. Questo è quel che cerco quando mangio fuori. 
Il Teodolindo ed io su questo siamo concordi al 100%. Di conseguenza, ovunque viviamo, finiamo con l'avere quei posti in cui ci sentiamo come a casa (vedi qui, che adesso rivedere il Sig. Tenace così piccolo mi sono commossa).

Fatta questa premessa, erano mesi che il Teodolindo mi diceva di volermi portare da Jiep Jiep, suo ultimo colpo di fulmine culinario. Trattasi di un localino mignon, e assolutamente poco pretenzioso, sito per granculo del Teodolindo, vicino a dove lui lavora. 
"È un posto fusion, dove fanno cucina asiatica. La tizia è cinese e io ho preso il bibimbap. Fanno anche dei piatti giapponesi che sembrano ottimi."
Ora, io già alla parola fusion ho avuto la reazione epidermica di gesso sulla lavagna, ma è all'idea della cuoca cinese che cucina piatti coreani e giapponesi che ho rischiato la crisi ipertensiva. 
"Teodolindo, ma sei sicuro?!"
"Fidati! Fanno tutto in casa, in quella cucina a vista piccolina, e sono appassionati di fermentazione: kimchi, kombucha,..."

Il mio scetticismo era alle stelle, ma l'idea della piccola cucina e delle cose fatte tutte in casa, anche quelle lentissime, mi hanno convinto a lasciare a Jiep Jiep il beneficio del dubbio.

Alla fine, dopo ripetute insistenze, ci sono andata. 
E mi sono innamorata all'istante. 

Siamo entrati in una giornata freddissima. Il locale aveva i vetri appannati per il calore, il corto menu scritto su una lavagna, e un profumo inebriante di spezie. Tra i quattro piatti che cambiano ogni giorno, c'era effettivamente un po' di tutta l'Asia.
C'era anche il mapo tofu che è una di quelle cose per cui io ogni tanto ho le voglie. Presente quando cammini per strada alle nove del mattino e vieni folgorato dalla voglia di un cibo particolare e neanche tu sai perché, ma ne senti distintamente il sapore in bocca? Io ce l'ho con il mapo tofu. Mi viene voglia di quella sensazione di intorpidimento dato dal pepe di Sichuan che va a nozze con la scioglievolezza del tofu. Se è in menu, è difficile che io scelga altro.

"Tu prendi il mapo tofu, immagino", mi ha chiesto il Teodolindo con un sorriso sarcastico.
"No, voglio provare la zuppa di udon. È una vita che non la mangio", ho risposto io.

È arrivata la proprietaria. Una ragazza cinese sui trent'anni con un taglio di capelli stupendo alla Valentina di Crepax.
"Io prendo il bibimbap", dice il Teodolindo
"E per lei?", mi chiede
E in quel momento, mentre il mio cervello ordinava gli udon, ho sentito la mia voce dire "Io il mapo tofu". 
Il Teodolindo non ha ovviamente perso l'occasione per sottolineare la cosa. Non mi sono arrabbiata semplicemente perché stavo già bevendo uno dei kombucha migliori che abbia mai assaggiato: con more e cardamomo.

Sono arrivati i piatti.

Il bibimbap del Teodolindo e i due bicchieri di kombucha

Mapo tofu. Notare i fiori di loto a contorno.

Tutto era squisito, ma soprattutto sembrava cucinato da una zia che ti accoglie la domenica a pranzo e ti ha fatto i suoi piatti migliori. 
Abbiamo spazzolato tutto fino all'ultima briciola di tofu, poi siamo tornati al bancone per pagare.

E mentre aspettavo la transazione sulla carta di credito, ho scambiato due parole con la proprietaria e cuoca. Le ho detto che il mapo tofu era delizioso, e che mi piacerebbe imparare a farlo, ma non piccante perché anche il Sig. Tenace possa mangiarlo. 
Piccola nota, tale mia affermazione è da schiaffi in faccia per un cinese: sarebbe come se uno straniero andasse in un ristorante italiano a dire "Ottime le penne all'arrabbiata, mi piacerebbe tanto saperle fare, ma non piccanti". Sapevo di rischiare, ma non so perché quella signorina mi ispirava fiducia, e l'ho detta lo stesso.
Lei mi ha risposto: "Uhm, capisco. Ci penso un attimo a come si potrebbe fare, poi ti faccio sapere".
Mi ha spiazzato. 
Ho anche portato via da asporto un budino di tapioca al litchi, che il Sig. Tenace si è divorato a merenda, ascoltando i miei racconti su Jiep Jiep:
"È un ristorante cinese? Vengo anch'io la prossima volta?"

Il giorno stesso ho postato su instagram le foto qui sopra, ovviamente taggando il locale. E con mia enorme sorpresa, il giorno dopo, trovo un messaggio: era la proprietaria, e mi mandava la ricetta per fare il tofu non piccante. 
Da quel giorno abbiamo iniziato a messaggiarci. Mi ha mandato altre ricette, ci siamo raccontate pareri su cibi e stili di cucinare (lei, ad esempio, cucina proprio come le nonne: a occhio), e alla fine le ho chiesto se non sia disposta a darmi qualche lezione di cucina cinese. "Ci penso un attimo", mi ha detto. E io spero che vada a finire come la prima volta in cui mi ha detto quella stessa frase.

Lunedì ci portiamo il Sig. Tenace in pausa pranzo. Lui è come se ci fosse già stato e mi dice "Mamma, andiamo dalla tua amica?"

Ora, ditemi voi se questo non è il vero senso di avere un ristorante.