Sono stata io a comunicare la diagnosi di celiachia al Teodolindo.
Aveva fatto gli esami nell'ospedale in cui lavoro e, come capita in questi casi, io ho avuto la "fortuna" di vedere in anteprima i risultati sul portale dell'ospedale stesso. Ricordo di aver pensato "Merda, merda, merda. E adesso come glielo dico?" per non so quanti minuti davanti al computer. Poi ho preso il telefono e l'ho chiamato.
La sua sorpresa di fronte alla notizia è stata tale che mi ha chiesto se lo stessi prendendo in giro. Già come se io avessi un senso dell'umorismo così macabro da divertirmi a chiamare le persone che amo e a comunicar loro diagnosi di malattie croniche. Che mattacchiona.
Stavamo lavorando entrambi, quindi la telefonata è stata breve e ci siamo detti che ne avremmo parlato meglio la sera.
Quel giorno, in ogni momento libero, cercavo su google dettagli sull'impatto che la celiachia avrebbe avuto sulla vita di mio marito e mia. Speravo di trovare ormai sul mercato pane e pizza eccezionali senza glutine e che ottima pasta senza glutine fosse disponibile ad ogni angolo del globo.
Cercavo, insomma, modi per indorare la pillola che il Celiachindo avrebbe dovuto mandar giù da quel giorno in poi. Puntavo a tornare a casa la sera stessa dicendogli "Sì, ok, sei celiaco, ma ho già trovato questa pizzeria che fa una pizza senza glutine magnifica e domani sera ci andiamo, ok?" e robe simili.
Mentalmente ripassavo la lista dei suoi cibi preferiti, per capire se avesse dovuto dimenticarseli o no:
1.
lasagne
2.
pizza
3.
pane e salame
Eliminati, tutti e tre. Pure il salame che spesso può contenere glutine (mai saputo prima).
E poi un lampo nella mia mente:
4. birra
No, la birra no, please, please, no. Come caspita glielo dico?!
Prima della celiachia, il Teodolindo adorava la birra. Cioè, la adorerebbe anche adesso, ma ciccia.
Si andava in giro per birrifici, provava birre artigianali di ogni tipo, si era anche informato per fare un corso per imparare a produrla.
Tornavo a casa quella sera, in metropolitana, e cercavo di trovare un modo delicato per dirglielo.
Poi credo di aver prodotto una scenetta tipo:
Celiachindo: "Caspita, ti rendi conto? Non posso più mangiare la pasta!"
Io: "Guarda, se ti consola non è il peggio che ti capita"
C: "È vero, anche la pizza!"
Io: "No, guarda..."
C: "Nooo, pane e salame!"
Io: "Ma dai, su! Tanto il salame che si trova qui fa schifo..."
C: "Il tiramisù!"
Io: "Ma che te ne importa? Lo mangi una volta all'anno, per il tuo compleanno. Vedrai che te ne dimenticherai presto. Invece..."
C: "..."
Io: "Fedi, con cos'è fatta la birra?"
Lo so, potevo trovare un altro modo, ma non è facile quando si è dentro alla situazione.
Ho cercato di nuovo in rete, e ho trovato - provvidenza, grazie! - che il microbirrificio che aveva vinto le medaglie d'oro per miglior birra senza glutine, la
Glutenberg, era proprio di Montreal. Gaudio e tripudio!
La sera dopo sono tornata a casa con una cassetta di sei bottiglie di Glutenberg bionda. Ne ho messa una in frigo e quando il Celiachindo è tornato a casa l'ha trovata.
Lui era seccato. Non la voleva, mi ha detto di berla io, se ne avessi avuto voglia.
Avevo sbagliato tutto: modi e tempi. Nella mia fretta di riparazione, volevo mettere subito un cerotto su una ferita che invece doveva essere lasciata a sanguinare per un po', per guarire davvero.
Il Teodolindo doveva prendersi un po' di tempo per piangere tutte quelle cose che non avrebbe toccato mai più e io non l'avevo capito.
Quelle bottiglie son rimaste lì, nel frigo, per un bel pezzo prima di essere aperte, assaggiate ed essere trovate sorprendentemente buone.
Poi, metabolizzata la realtà, ecco il Teodolindo che conoscevo riemergere finalmente dal buio:
"Pensavo: mica male eh, la Glutenberg, pero perché non andiamo a farci un giro alla SAQ [Società Alcolici Quebec, ndr]? Siamo italiani e sappiamo pochissimo di vino! Tu, poi, che tuo nonno era pure viticoltore! È uno scandalo, è ora di rimediare, no?"
Sì, Celiachindo, è ora di rimediare.
E stiamo ancora rimediando adesso, dopo due anni.