Wednesday, July 10, 2019

Io viaggio da sola

Da circa due mesi vivo un momento surreale al lavoro. Alterno momenti di scoraggiamento e delusione totali ad altri in cui, grazie a conferenze a cui partecipo per lavoro, ritrovo motivazione e fiducia in quel che faccio.
Dal punto di vista pratico, sono settimane in cui viaggio molto. Da sola, purtroppo e per fortuna. Chicago, Washington,... e ci saranno almeno altri due viaggi prima dell'autunno.
E cosi', mentre io infilo tubini neri, mangio da sola nei ristoranti (che per me e' uno dei piaceri della vita) e dormo da sola in letti king in stanze di albergo anonime, il Teodolindo resta a casa con i bambini. E se li cucca giorno e notte. Le notti in particolare sembra siano particolarmente dure. Con la SignoRina avevamo raggiunto un certo equilibrio ("Tu ti svegli meno, noi dormiamo di piu', ok?", "ok"), ma l'assenza della mamma non gioca a favore e quando io non ci sono torna a svegliarsi ogni due ore, a chiamarmi e poi rassegnarsi e riaddormentarsi tra le possenti braccia del papa'. Nel contempo, il Sig. Tenace viene svegliato dai pianti della sorella, si alza e, sapendo che non c'e' altri che il padre in casa, lo segue passo dopo passo mentre quest'ultimo culla avanti e indietro la SignoRina.

C'e' stato un tempo in cui viaggiavamo tutti insieme, e ne approfittavamo per visitare citta' nuove tutto senza doverci separare. Il Sig. Tenace ad un certo punto si era talmente abituato che muoveva richieste: "Dove andiamo la prossima volta, mamma? Puoi avere un congresso a New York, che non ci sono mai stato?"
Poi e' arrivata la SignoRina e, mentre era ancora nella mia pancia, si e' presa sei aerei e ha "parlato" a tre conferenze. Cioe', io parlavo e lei si muoveva come un ossesso.
Dopo la sua nascita le cose sono cambiate: se da un certo punto viaggiare con entrambi non sarebbe poi troppo piu' difficile di prima, dall'altro ha ragione il Teodolindo nel dire che non e' che lui non puo' usare tutte le sue ferie per seguire me in momenti dell'anno non ottimali per il suo, di lavoro.



Boh, e' un post sconclusionato, lo so. Anche perche' lo sto scrivendo seduta sul letto di un albergo, mentre gia' sono vestita come nella foto, pronta a scendere per la conferenza tra meno di mezz'ora. Ho appena parlato al telefono con il Teodolindo e non posso che sentirmi grata per quel che fa e per come sia sempre stato disponibile a sostenermi e ad adattarsi a situazioni non proprio facili.

Mi vengono in mente molte riflessioni. Prima tra tutte quella che raggiungeremo una vera equita' tra uomini e donne non quando le donne, come ora, si adattano a vecchi standard di lavoro maschili, ma ad esempio quando alle conferenze verranno creati spazi per le famiglie al seguito: parlando con altri partecipanti, credo che la maggioranza dei presenti avrebbe preferito di gran lunga avere un servizio di daycare o animazione per i bambini mentre la mamma o il papa' sono occupati anziche' una cena in un ristorante figo o un cocktail nella terrazza all'ultimo piano dell'albergo.
E' un'idea tanto assurda?
Io non credo...

Vado. Si inizia la giornata.

13 comments:

  1. Sono d'accordo con te. Uguali nella diversità! Da notare che digitando "diversità" il suggeritore del telefono ha suggerito "fundraising". Ne facciamo uno per comprare giorni di ferie e tornare a viaggiare tutti insieme? Anch'io sono in partenza per lavoro ma molto meno figo, Lugano. Chicago e Washington mi fanno venire in mente rispettivamente ASCO e FDA, ma chissà se ci ho preso, ci sono tante di quelle conferenze. Sarebbe fighissimo incrociarci un giorno anche se non credo succederà mai! Buona giornata!

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    1. Ah si', il fundraising sarebbe ottimo. Un'alternativa ad esempio al modello maschile "io viaggio solo per lavoro" potrebbe effettivamente essere un fondo famiglia messo a disposizione dalle aziende/universita' per far viaggiare le famiglie a carico. Tipo, dei "travel award" per merito.
      (niente ASCO o FDA, non sono proprio in quel campo! Ero in entrambi i posti per conferenze su leucodistrofie, ma chissa' magari davvero prima o poi ci incrociamo)

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  2. Cara, faccio l'avvocato del diavolo perché anche noi come famiglia itinerante e senza nonni d'emergenza, siamo diventati scemi con la logistica dei figli, quindi mi sono spaccata la testa su queste questioni per anni:
    Se ai congressi offrissero daycare, dovrebbero avere personale in tutte le lingue, o tutti i bambini figli di "congressanti" dovrebbero obbligatoriamente sapere l'inglese? Un po' complicato...
    E comunque il problema non è quando i bambini sono piccoli e trasportabili, ma quando iniziano la scuola, mica te li puoi più portare in giro, no? Poi hanno after school activities, e che più ne ha più ne metta... Cheddici?

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    1. Sono d'accordo sul discorso della scuola per i bambini piu' grandi che d'altra parte sono piu' facilmente gestibili da un genitore che resta solo a casa. Il mio discorso vale soprattutto per i piccoli in fascia 0-3 anni. Quelli sono facilmente trasportabili, soffrono di piu' della mancanza della mamma (quantomeno la SignoRina), e non necessiterebbero neppure di personale multilingue. Io credo che un tale accorgimento aumenterebbe in modo significativo la partecipazioni di donne madri di bambini piccoli, che guarda caso sono spesso in un momento della loro carriera critico, in cui non si puo' uscire di scena per tre anni, aspettando che i bambini crescano.
      Se no, tu hai altre proposte?
      Io sono fermamente convinta che per giungere ad un'equita' di genere, non si debbano applicare modelli maschili alle donne, ma che si debbano trovare nuove vie.

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    2. Cara, sono d'accordo su tutto quello che dici. Ho fatto la tesi al MBA su Diversity and Inclusion e ho talmente spaccato le palle al mio professore con idee di soluzioni innovative che ha smesso di rispondere alle mie mail... quello che mi chiedo riguardo alla soluzione 0-3 anni che proponi è questo:
      Davvero i piccolini possono essere strapazzati con viaggio, (jet-lag), daycare con estranei, ambiente sconosciuto, e poi dormire tutta la notte in modo che tu possa il giorno dopo lavorare produttivamente al congresso? E si che i miei erano di gomma, ma per uno scenario del genere devono essere proprio Goodyear come i copertoni!
      Hai ragione che si debbano trovare nuove vie, ma purtroppo io sono arrivata alla conclusione che YOU CAN HAVE IT ALL sia valido solo con la clausola JUST NOT ALL AT THE SAME TIME.
      Certe scelte sono mutually exclusive, e come stai sperimentando tu con le news from home, hanno un prezzo molto alto.

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    3. D'accordo. Io non strapazzerei necessariamente mia figlia con un jet lag o un viaggio di 6 ore, ma per congressi (che poi sono la maggior parte) ad un'ora di volo e senza cambio di fuso, perche' no? Sai, averne la possibilita' di un servizio, non vuol dire doverlo per forza usare. Tipo, su tre conferenze a cui devo andare nel giro di due mesi, si puo' pensare di portare la bambina una volta, sempre meglio di niente...
      Io sono fiduciosa nel trovare altre vie. Ci sono movimenti che si stanno attivando. Qui in Canada abbiamo le Canadian Women in Medicine e se ne discute eccome. Il punto e' trovare quali soluzioni siano percorribili

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  3. Le piccole cose nere le donano molto

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  4. Che linea stupenda, signora mamma e signora professionista!

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  5. Cara Robi,
    Leggo molto spesso i tuoi post ma non li commento mai.
    Questo giro invece ho deciso di farlo perché è un argomento che mi sta molto a cuore, le trasferte (di mamma o di papà) con i bimbi piccoli o - comunque - il mondo del lavoro con bimbi piccoli.
    Ho pensato molto e non credo di avere una soluzione, o meglio, mi sono chiesto se a meeting aziendali o simili avrei voluto i miei figli e mi sono detta di no. Credo che - nel mio caso - sia meglio potermi dedicare ad entrambe le cose con tempi diversi, sia mentalmente che fisicamente.
    Ciò che però vorrei dalle aziende è la capacità di ‘compassione’, nel vero senso della parola ‘patire con’, ovvero comprendere. Comprendere che - se magari i miei figli non mi hanno potuto vedere per un certo tempo perché sono stata via - sarebbe più che normale che ci fosse un momento in più per loro. Vorrei che le aziende fossero in grado di rinunciare a 4/5 ore di lavoro nei giorni post trasferta, in modo da permettere a mamma e a papà di ‘recuperare’ il tempo perduto; vorrei che ci fosse (e che non fosse vissuta come un’onta) la possibilità di concedere anche solo un’ora in meno di lavoro come part-time ai papà che hanno bimbi al di sotto dei tre anni e che comunque il part-time non fosse così osteggiato.
    Mi ritengo fortunata, lavoro per un’azienda che comunque è flessibile e che recentemente ha dato ai propri dipendenti che diventano papà la possibilità di usufruire di una paternity Leave, ma mi rendo conto che in un paese come l’italia è ancora una mosca bianca.
    Post sconclusionato anche il mio, me ne rendo conto, ma nel mio mondo ideale c’è proprio l’attenzione verso gli altri. Qui si parla di bimbi piccoli, ma dovrebbe essere lo stesso per parenti in difficoltà i bisognosi di cure, al di là di leggi tutelanti o meno.
    Un bacio.

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    1. E pero' dimmi chi sei, dammi un segno! Forse un'idea ce l'ho...

      Comunque, si', ottima idea quella del recupero ore post-trasferta! Mi piace e sono d'accordo con te che quel che ci vorrebbe sarebbe proprio una comprensione da parte delle aziende/istituzioni. E questa comprensione potrebbe non escludere nessuna delle due idee: offri a chi va la possibilita' di daycare, se vuole portarsi dietro i figli o se non puo' fare altrimenti (perche' non tutti hanno qualcuno a cui lasciarli, i figli!), o a chi preferisce partire solo e dedicarsi a tempo pieno al lavoro durante la trasferta offri il recupero ore dopo.
      Io continuo a pensare che fino a quando queste proposte non si avanzano e non si fanno, tutto rimarra' uguale. Quindi diamoci da fare!
      Un abbraccio

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  6. Cara Robi,
    Leggo molto spesso i tuoi post ma non li commento mai.
    Questo giro invece ho deciso di farlo perché è un argomento che mi sta molto a cuore, le trasferte (di mamma o di papà) con i bimbi piccoli o - comunque - il mondo del lavoro con bimbi piccoli.
    Ho pensato molto e non credo di avere una soluzione, o meglio, mi sono chiesto se a meeting aziendali o simili avrei voluto i miei figli e mi sono detta di no. Credo che - nel mio caso - sia meglio potermi dedicare ad entrambe le cose con tempi diversi, sia mentalmente che fisicamente.
    Ciò che però vorrei dalle aziende è la capacità di ‘compassione’, nel vero senso della parola ‘patire con’, ovvero comprendere. Comprendere che - se magari i miei figli non mi hanno potuto vedere per un certo tempo perché sono stata via - sarebbe più che normale che ci fosse un momento in più per loro. Vorrei che le aziende fossero in grado di rinunciare a 4/5 ore di lavoro nei giorni post trasferta, in modo da permettere a mamma e a papà di ‘recuperare’ il tempo perduto; vorrei che ci fosse (e che non fosse vissuta come un’onta) la possibilità di concedere anche solo un’ora in meno di lavoro come part-time ai papà che hanno bimbi al di sotto dei tre anni e che comunque il part-time non fosse così osteggiato.
    Mi ritengo fortunata, lavoro per un’azienda che comunque è flessibile e che recentemente ha dato ai propri dipendenti che diventano papà la possibilità di usufruire di una paternity Leave, ma mi rendo conto che in un paese come l’italia è ancora una mosca bianca.
    Post sconclusionato anche il mio, me ne rendo conto, ma nel mio mondo ideale c’è proprio l’attenzione verso gli altri. Qui si parla di bimbi piccoli, ma dovrebbe essere lo stesso per parenti in difficoltà i bisognosi di cure, al di là di leggi tutelanti o meno.
    Un bacio.

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