Thursday, June 26, 2014

Tagliatelle di farina di riso e quinoa con pesto di ortiche

E cosa ci ho poi fatto con quelle due palline elastiche di pasta all'uovo?

Tagliatelle!
Oh, mie tagliatelle adorate! Quanto tempo siamo state lontane a causa della mia incapacità di usare farine diverse! Ma adesso nulla più ci separerà!

Una delle due palline di pasta in compagnia di mattarello della Vecchia Scuola Bolognese

E che tagliatelle siano, allora.
Con quale condimento? È estate. Pesto! Di ortiche. Raccolte fresche il mattino stesso da Melina Plante, la nostra fida verdürera del sabato mattina.

Per tre piatti di tagliatelle come quello in foto:
100 g di farina di riso
75 g di farina di quinoa
75 g di farina di tapioca
1 cucchiaino di psyllum husk
3 uova felici

Si setacciano le farine con lo psyllum. Si uniscono le uova, tutte e tre insieme, e si impasta fino ad ottenere un composto omogeneo ed elastico. Si forma una palla o due e le si mette a riposare dentro ad un sacchetto di plastica per alimenti, per almeno mezzora. 

Armati poi di mattarello per la pasta, si tira la pasta su un piano di legno infarinato, fino ad ottenere una sfoglia abbastanza sottile. Come già detto in post precedente sulle tagliatelle, non è che proprio mi vengano delle tagliatelle attraverso cui si vede San Luca o si legge il giornale, eh! Però diciamo che, con i limiti dati dalla materia, sono abbastanza sottili.  

Si tagliano le tagliatelle, e le si lascia asciugare su uno strofinaccio, o meglio ancora su un asciugapasta come quello di vimini che mio fratello e la mia belle soeur mi han portato dalla Basilicata.


Per il pesto di ortiche:
recuperare le ortiche. Questa è la fase più difficile di tutta la ricetta, perché prevede la sosta al banchetto di Melina Plante, con chiacchiere annesse e le mille congratulazioni per il neonato figlio, che di nome fa Florent. E dico io ma se vendi verdura e frutta, e ti chiami già Melina, di cognome fai Plante, ma tuo figlio lo vai a chiamare Florent, ossia Fiorenzo?! Va be'. 

Comunque, si recuperano le ortiche. Si indossano guanti di gomma, visto che pungono ancora, per tenere da parte solo le foglie. Si lavano le foglie e le si butta in acqua bollente per 3-4 minuti al massimo. Si scolano, si strizzano bene e le si frulla con:

una manciata di mandorle
2-3 cucchiai abbondanti di pecorino
olio extravergine di oliva quanto basta per creare un bel pesto cremoso.

Il Celiachindo non sa aspettare il tempo di una foto...

Si cuociono le tagliatelle in abbondante acqua bollente salata. Qualche imprecazione in questo momento è d'obbligo, visto che le tagliatelle tendono a rompersi più di quelle con il glutine.

Fa parte del gioco e comunque, rispetto alle tagliatelle con il glutine, queste con farina di quinoa sono molto più gustose e, secondo me, con pesti e sughi di verdura si sposano benissimo.
Senza contare che assumono un colore tendente al nocciola che abbinato al verde pesto ci sta una meraviglia.



Wednesday, June 25, 2014

Di farine e acqua fresca - problema n. 2

[L'introduzione e il primo capitolo della saga Di farine e acqua fresca stanno qui e qui]

Il secondo problema nel passare dalla farina con glutine a quelle senza glutine è lapalissiano: le farine senza glutine non hanno il glutine.

Adesso che l'ho scritto quasi me ne vergogno, ma tant'è.
Il fatto che manchino di glutine significa che non hanno quella componente fondamentale che permette che qualunque composto leghi, stia insieme. Manca la colla.

La soluzione tuttavia è semplice. Molto semplice, ma spesso accade bisogna conoscerla 'sta soluzione, altrimenti non se ne esce e si continua a fare impasti che assomigliano tutti alla pasta frolla, qualunque ricetta si voglia fare.

'Sta benedetta soluzione?
Psyllum husk!
O semi di lino!
[O xantham gum, ma anche no, vero? Che stiamo a cercare i cibi biologici e poi ci mangiamo la gomma sintetica?!]

In altre parole, qualunque (non proprio qualunque) cosa che faccia la funzione di collante, aggregante. Insomma, che faccia legare il composto.

I risultati possono essere sorprendenti e ne avevo già accennato qui.
Un cucchiaino di fibre di psyllum aggiunto a circa 300-400 g di mix di farine prima di mettere i liquidi fa ottenere risultati come questo:


Nella foto sopra stavo facendo la pasta fresca, quindi composto di farine e uova. Voglio dire: vi sembra forse pasta frolla?
Senza psyllum avrei avuto un composto sbricioloso, mentre in foto si vede chiaramente come esso "tenga".


Idem come sopra.
Lo psyllum, o i semi di lino tritati, legano e danno elasticità al composto.
L'elasticità resta sempre inferiore rispetto ai composti con farine con glutine, ma di sicuro l'aggiunta di psyllum o semi di lino permette di manipolare preparati che altrimenti non starebbero insieme.

Poi è tutta questione di abitudine e di esperienza. Più si usano le farine senza glutine e lo psyllum o i semi di lino, e più si capisce quale margine di trattativa si abbia nel manipolare un composto.

La pasta fresca all'uovo, dopo l'impasto. Tonda, compatta e (quasi) elastica.

Saturday, June 21, 2014

512 hours

Marina Abramovic - photo by M. Anelli, 2014

They're my living material, I'm their living material. 
And from this nothing, something may or may not happen.
It's the journey. It's the experiment.



















Oh, quanto vorrei andare alla nuova avventura di Marina Abramovic alla Serpentine Gallery di Londra!
Lei, dentro alla Serpentine Gallery, ogni giorno per otto ore, sei giorni alla settimana.
Nello spazio, nient'altro se non i visitatori. Il loro incontro è l'opera.

Qui sotto il link al video in cui Marina Abramovic stessa spiega l'idea dietro a 512 hours.
Marina Abramovic presenta 512 hours

Wednesday, June 18, 2014

Moving forward

Photo by David Bailey for Time Out



You have to keep moving forward.
Something terrible happens to you if you just stay the same. 
We are only here for a very brief time and if you are not inhaling as much as you can you're just wasting precious moments of time.


Damon Albarn, interviewed by Sean O'Hagan, The Guardian 27 April 2014.








[Ho promesso amore eterno al Teodolindo, ma lui ben sa che dal 1994 io sono fedele anche a Damon Albarn. Ammirazione sconfinata e sempre rinnovata per quest'uomo che, peraltro, risulta pure essere la mia Eccezione, ovvero l'unico con il quale, se gli eventi dovessero verificarsi per qualche incredibile congiunzione astrale, io sarei autorizzata dal Teodolindo ad approfittarne senza sentirmi fedifraga]

Thursday, June 5, 2014

Le parole sono importanti

Via messaggio con mio fratello: "Il lavoro sarebbe molto bello, ma la location non mi piace".

In videoconferenza con collega italiana: "Secondo me dobbiamo stressare di più questo concetto"

Discussione clinica con esperto italiano in materia: "Sì, la diagnosi potrebbe essere giusta, ma non tutti i criteri fittano".

Leggendo un sito di cucina: "... a chi piace vivere il mondo del food...".


E io mi immagino così, senza cuffia e accappatoio (e senza barba!), a dare schiaffi a destra e a manca.







P.S. E a tutti quelli interessati all'importanza delle parole consiglio di fare una visita da queste parti.


Monday, June 2, 2014

Di quando iniziammo a bere il caffè dall'Australiano di Busto

Passeggiavamo pigramente sabato mattina per Boulevard St. Laurent, l'arteria che fa da spartiacque tra Montreal Est e Montreal Ovest, tra la zona francofona a est e quella anglofona a ovest. Raramente ci passiamo, perché è trafficata, ma eravamo dell'idea di trascorrere un sabato mattina girovagando ad cacchium, ovvero senza meta. In altre parole, il nostro sabato mattina preferito.

E fu così che vedemmo questo cartello, lì sul marciapiede. 

Cartello davanti al Melbourne Café - source

E guarda caso, essendo le 11 del mattino, io avevo proprio voglia di un caffè da passeggio.

Siamo entrati e ad accoglierci è stata l'Australia: pallone da rugby con i colori australiani sul bancone, tubetti di pasta Vegemite sugli scaffali, bandierine australiane e un tizio alto, biondo, occhi chiari con accento strano (qualche indizio mi suggeriva australiano...) alla macchina del caffè. 
Il Teodolindo, che in Australia ci ha lasciato il cuore - e un pezzo di mano, ma questa è un'altra storia - era già in brodo di giuggiole: "Ma che figata! Ma che figata!", essendo questa la sua massima espressione di esaltazione. 

Sulla lavagna del menù comparivano solo due tipi di caffè: Black e White. 
"Cos'è il caffè white?", ho chiesto al barista biondo con accento strano.
"With milk", mi ha risposto. Certo, direi intuitivo.

Quindi ordino un caffè white e mentre lui armeggia per prepararmelo, una signorina dietro di lui estrae dal forno una torta e la piazza su una gratella per dolci proprio sotto i nostri nasi. 
Un banana bread caldo, fumante, profumato, con le scaglie di cioccolato sopra che si scioglievano ancora.

Ho tentato di resistere chiedendo: "Immagino che non sia senza glutine, giusto?", perché proprio mangiarmi una roba così sotto gli occhi ancora esaltati del Teodolindo, senza che lui potesse neanche solo assaggiarlo, sarebbe stata una crudeltà. 
E la signorina: "C'è giusto farina di cocco e farina di mandorle. Direi che è senza glutine!". 

Così siamo usciti dal Melbourne Café con in una mano un caffè white e nell'altra una fettazza di dimensioni giganti di banana bread.
È stato amore al primo morso. Non avrei mai pensato di arrivare a definire un banana bread commovente.
Morbido, scioglievole, con sapori di cocco e mandorla e infine cioccolato. Da applauso.

Il banana bread avanzato dal giorno prima, che ci siamo portati a casa, come trofeo, la domenica. 

Il Teodolindo, sempre per la storia che lui e l'Australia hanno una storia d'amore a parte, stava già applaudendo da cinque minuti, non tanto fisicamente quanto a parole: 

"Ti ho già raccontato di come mangiano il Vegemite in Australia? [...] Perché io ero a Sydney, però poi ho viaggiato anche verso sud [...] E poi gli spazi, e la gente! [...] Gli Australiani secondo me sono un po' come i Canadesi: così, che gli piace godersi la vita! Hai visto no, il barista? Ecco son tutti così! [...] Ma tu davvero non ci vuoi andare? [...] Ma che figata!" 

Bon, perso nei meandri della nostalgia.

La domenica mattina non passeggiavamo più ad cacchium. No, siamo usciti con una meta: il banana bread e il caffè white dell'Australiano.
Abbiamo varcato la soglia del Melbourne Café e questa volta, mentre ci preparava il caffè e ci insacchettava il banana bread, abbiamo scambiato due parole con il tizio alto, biondo e con accento di Melbourne - secondo il Teodolindo. 

"So, where are you from, guys?
"Italy"
"Really?
[e poi guardando il Celiachindo, un metro e ottantacinque, biondo, occhi grigi]
You don't look like Italian at all! [sempre lo stesso commento...] Where exactly?"
"We used to work in Milan, before moving here"
"Davvero? La mia famiglia è di Busto Arsizio!". 

Eccolo là, l'Australiano di Busto Arsizio. Il miglior caffè a Montreal. 

I proprietari del Melbourne Café, due Australiani a Montreal: chi dei due è quello di Busto Arsizio? - source