Monday, September 25, 2017

Sbucciando pere e mele

Volevo scrivere un bel post sull'arrivo dell'autunno e su come questa stagione mi scateni l'impulso irrefrenabile di sbucciare frutta per poi farci crostate, torte e clafoutis.
Poi, da una settimana, il solito meteo estremo di Montreal ci ha sorpreso con un ritorno dell'estate, temperature oltre i 30 gradi, cielo blu e sole caldo. Le piscine hanno riaperto, si indossano di nuovo canotte e pantaloni corti e noi ceniamo in terrazzo.
Ma io avevo già comprato kg di mele e kg di pere che ora giacciono in cucina e mi guardano dicendo: "Ci hai sedotte e abbandonate? Tutte le tue promesse?"
Le mantengo.
Voilà le mie due ricette preferite al momento, come al solito usate per la colazione.

Clafoutis pere e cioccolato
Questo si fa in un batter d'occhio, davvero. Ricetta perfetta da fare una sera in settimana. Io di solito procedo così: finita la cena, mentre il Teodolindo sparecchia, io e il Sig. Tenace ci attardiamo a tavola, ciacoliamo e intanto io sbuccio due o tre pere e le taglio a pezzetti piccoli.
Poi si procede con tutto il rituale per mettere a letto il pargolo: libri, lavaggio denti, canzoni e storie nel letto.
Quando il Sig. Tenace dorme beato, ritorno in cucina, accendo il forno a 180 gradi e mentre il forno si scalda preparo l'impasto, mescolando nell'ordine:

30g di farina di tapioca
30g di farina di riso bruno o di miglio
30g di farina di mandorle o mandorle tritato
(come al solito, per i non celiaci, il mix di farine è sostituibile da 100g circa di farina bianca, ma che noia...)
50g di zucchero
2 uova
200 ml di latte

Sistemo le pere tagliate sul fondo di una tortiera coperta di carta forno o imburrata e infarinata, ci aggiungo una manciata abbondante di gocce di cioccolato fondente, verso sopra l'impasto.
Di solito finisco addirittura prima che il forno abbia raggiunto la temperatura.
Lascio cuocere per 40 minuti, poi tiro fuori e lascio raffreddare sul bancone della cucina fino al mattino dopo (o per un po' se volete assaggiarne una fetta tiepida la sera).
L'unico aspetto negativo di questo clafoutis è che a casa nostra dura solo due colazioni: il primo giorno ne parte mezza, e il secondo viene finita. Ma il procedimento è così veloce che la faccio più volte a settimana.


Colazione iniziata da cinque minuti. Dopo altri venti la torta sarà ormai dimezzata.


Apple pie
Questa è solo un filo più laboriosa, in parte per il tempo di raffreddamento della frolla in frigorifero e in parte perché il Sig. Tenace non resiste all'accoppiata frolla-mattarello e vuole partecipare alla preparazione dei due dischi di pasta, con disastri annunciati e pezzi di frolla burrosa spalmati ovunque. Ormai gioco d'anticipo e abbondo con le dosi, per potergliene dare una pallina con cui fa quel che vuole dotato del suo mattarello personale.
Visto che sono un po' di corsa, anziché trascrivere le dosi, ho fatto le foto al mio quadernetto di appunti di cucina:



Come per una frolla qualsiasi, si setacciano insieme le farine con zucchero e sale, si unisce il burro tagliato a pezzetti e si lavora con la punta delle dita fino ad avere un composto sbricioloso. Si aggiunge l'uovo e qualche cucchiaio di acqua ben fredda per poter fare una bella palla che si mette poi a riposare in frigo almeno trenta minuti. È una frolla molto poco dolce, ricorda quei goduriosi biscotti scozzesi, gli shortbreads
Intanto si sbucciano 3-4 mele, si tagliano a pezzetti e si fanno appassire in un pentolino a fuoco basso, con magari un cucchiaio di acqua. Se le mele sono acidule, potrebbe essere il caso di aggiungere un cucchiaio di zucchero o, come faccio io, dello sciroppo d'acero, per compensare la frolla poco dolce. Se piace, si può spolverare un po' di cannella.
Si divide la frolla in due parti quasi uguali: la porzione più grossa serve per il fondo, la più piccola per lo strato che copre. Si stendono con il mattarello: con la prima si fodera una teglia rotonda, su cui si adagiano le mele, e si ricopre con il secondo disco di frolla. Io incido la pasta per permettere al vapore di uscire. 
Per la cottura, si inforna a 180C per 30 minuti circa, forse anche di più. Non ricordo. Io vado a occhio... e a profumo. La pressapochezza delle mie ricette ormai è nota. 

Ormai non ho più alcun pudore nel pubblicare foto penose


E voi cosa fate con pere e mele di questi tempi?


Wednesday, September 6, 2017

Ad Alessandro

Questo è un altro di quei post intimi che più intimi non si può.
È un post che so toccherà il cuore di amiche da una vita che leggono silenziose. A voi chiedo scusa fin d'ora se riapro un attimo quella vecchia ferita, poi passa.

Ho letto questo post di Amanda ed è stato un colpo al cuore. Quanto è brava Amanda a descrivere certi vissuti! E quando il vissuto è la perdita di un amico che era più un fratello e con cui si era percorsa tanta strada, il trovare le parole giuste è un lavoro complicatissimo.

Ogni anno in autunno i miei pensieri vanno a lui, a quell'amico strappato alla vita nel modo più assurdo che io possa immaginare, quando eravamo all'inizio dei vent'anni e pensavamo che avremmo condiviso ancora chissà quante vite. Sono passati diciotto anni, il dolore si è calmato, la ferita aperta si è trasformata in cicatrice, ma la sua presenza è costante anche se silenziosa. Come potrebbe essere altrimenti? Soprattutto quando quell'amico aveva una personalità ed una presenza talmente importanti da essere a volte ingombranti. Mia madre, all'epoca, per consolarmi, mi diceva: "È come se lui, in ventun'anni, avesse vissuto tre volte, da quanto viveva in modo intenso! Diceva tutto quello che gli passava per la testa perché non aveva tempo da perdere, anche se non lo sapeva".

Quest'anno è particolare. Il crescere un essere umano nella mia pancia mi interroga sul senso della vita e mi riavvicina a chi questa vita l'ha lasciata. Dicono sia normale, boh.
Mi fermo ad immaginare ciò che quell'amico avrebbe pensato vedendomi ora: chissà che opinione avrebbe del Teodolindo ("Hai finito per sposarti un fighetto!" è la più probabile, poi però uscirebbero a bersi una birra insieme), chissà come farebbe divertire da im-paz-zi-re il Sig. Tenace, chissà che commenti farebbe sulla mia pancia grossa ("Ti si è ingrossato anche il culo, lo sai?", "Sì, lo so. Non è il caso che me lo ricordi", "Eh va be', io nel dubbio te l'ho detto, magari non lo sapevi!", sicuro come l'oro). Domande senza risposta.
La fede me lo fa sentire vicino, ma i sensi vorrebbero altro.
Capita così che per due notti di seguito quell'amico speciale venga a trovarmi in sogno. Ci si abbraccia, si piange di gioia (io, non lui, chi l'ha conosciuto può ben immaginare la sua espressione sorniona) per l'essersi incredibilmente ritrovati, sento addirittura il suo profumo. La sensazione di vivere un sogno, proprio mentre si sogna.

E da due giorni quel conforto onirico unito ad una tristezza infinita mi abita. E va bene così.