Wednesday, October 29, 2014

The man as seen by the man

Quando Julian Forrest, da Montreal, si è stabilito ad Edmonton, nel profondo ovest canadese, si è trovato in una situazione inaspettata.
Lui: alto, magro, "Teodolindiforme" in altre parole, con sciarpa dandy al collo, coppola in testa, pennelli e colori nella testa e nella valigia.

Julian, nel suo studio qui a Montreal, durante l'anno sabbatico
Gli altri: uomini grandi, grossi, massicci. Niente sciarpe o orpelli, niente pennelli e quadri, piuttosto barbecues sempre accesi, armi non disdegnate e petrolio per lavoro in quell'Alberta che si sta arricchendo.

Oil country, 2009.


In quel momento Julian, uomo, si è trovato a riflettere sull'uomo, o meglio sul maschio.

Quando l'ho conosciuto, sono rimasta affascinata da questa sua indagine sulla mascolinità. Già sono rare le artiste donne che riflettono sulla femminilità, ma un artista uomo che si interroga sul maschio e sulla virilità credo sia ancora più eccezionale.

Questi sono i risultati della sua riflessione, che continua ancora oggi e su cui noi qui a Montreal, tra un bicchiere di vino e l'altro quando Julian passa a trovarci, aspettiamo continui aggiornamenti.

Flex, 2005.


Crown of bullets, 2007.


Monomania, 2013


Perceptual disorders (detail), 2014.

Perceptual disorders (details), 2014.


[Tutte le immagini dei quadri sono prese dal suo sito personale: http://julianforrest.com/home.html]




Saturday, October 25, 2014

Il gRes gRis

Corso di ceramica, stamattina.
Catherine esordisce con "Oggi si cambia! Oggi usiamo il gRes gRis!" e parte con la spiegazione del perché è bello usare terre diverse ed imparare a conoscerle.
Io ascolto con mezzo orecchio poi, quando finisce la tiritera per i principianti, con occhi da cerbiatto le chiedo: "Uhm, Catherine, io posso prendere la porcellana?".
"Non oggi, usa il gRes gRis come tutti gli altri".

Io?! Come tutti gli altri?!
Ma non posso! Ricordi? Io sono una femme à porcelaine! Il gRes gRis mi rovina le mie manine delicate da porcellanista! Noo, il gRes gRis noo!

Catherine, dura e pura come sempre: "Questo non l'hai mai usato. Provalo".

Sconfortata mi rassegno a scarognarmi la pelle delle mie preziose estremità, pensando di dover aver a che fare con una creta grezza, rugosa e grigia.




Come sempre aveva ragione Catherine.


[Porcellana, ma cocotte, mon chouchou, tu hai sempre il posto d'onore nel mio cuor, ma questo gRes gRis , ti dirò, non è affatto malaccio...]

Wednesday, October 15, 2014

Gnocchi di zucca in una cucina normale

Autunno. Tempo di zucche.
Ah, che meraviglia iniziare con una banalità.

Come al solito a casa nostra, grazie al paniere biologico settimanale, nel giro di due settimane di zucche se ne sono accumulate quattro. Quattro. 

Gnocchi? 
Ravioli? 
Teodolindo, dimmi tu, cosa faccio? Risposta: gli uni e gli altri!
Partiamo dagli gnocchi, con crema di gorgonzola e noci, che son venuti proprio buoni.

Per due persone che mangiano quanto noi, o tre che mangiano il giusto:
400 g di zucca cotta al vapore
un uovo, felice
100 g di farina di riso bruno*
100 g di farina di tapioca*
1 cucchiaino di psyllum husk*
due o tre cucchiai di parmigiano grattugiato
un pizzicone di sale
noce moscata grattugiata
*se non avete problemi con il glutine, potete sostituire con 200 g di farina bianca, però che noia...

Ho passato la zucca con lo schiacciapatate mentre era ancora calda. Ho aggiunto le farine, lo psyllum, l'uovo, il parmigiano grattugiato, il sale e la noce moscata. 
Ho mescolato tutto rapidamente con un cucchiaio, fino ad avere un impasto abbastanza omogeneo. 



Ho lasciato riposare un minuto. Quindi ho rovesciato l'impasto sul tagliere infarinato e velocemente ho impastato con le mani fino a formare un rotolo, come si vede nella foto sotto. 
Da questo rotolo ho tagliato dei pezzi di impasto larghi tre dita circa che ho modellato a salsicciotto e da cui ho ricavato gli gnocchi.


Il lavoro è piuttosto veloce, ma ripetitivo. Ragion per cui, io nel frattempo mi ascolto qualcosa al computer. Ieri è stato Enzo Bianchi, che si intravede in foto, a farmi compagnia con questa intervista. Interessante, ma ho preferito questo suo colloquio con Michele Serra, ascoltato mentre facevo i ravioli... Altamente raccomandato.

Che poi mi chiedevo: chissà se Enzo Bianchi ha mai immaginato di poter essere presente su un tagliere insieme a tre teglie di gnocchi di zucca?!
Ma sto divagando.


Ad operazione completata, ho preparato il condimento di gorgonzola e noci:
un bel pezzo di gorgonzola dolce (lo so, le quantità precise sono il mio forte)
una noce di burro, forse anche un po' di più
un goccio di latte
due manciate di noci

Ho fatto fondere il gorgonzola con il burro e il latte in un pentolino, a bagnomaria.
Ho tritato al coltello le noci e le ho messe da parte.

Nel frattempo ho fatto cuocere gli gnocchi per poi recuperarli con una schiumarola quando venivano a galla.

Li ho raccolti in una zuppiera di porcellana, magnifica - peccato non si veda dalla foto quanto è bella - ci ho versato sopra la salsa di gorgonzola e le noci tritate e ho servito.



Questo piatto partecipa al concorso Cucine Normali, indetto da me medesima, tra il serio e il faceto (moolto faceto). Per partecipare, ecco le regole, semplicissime:
-non si possono usare ingredienti introvabili per il resto del mondo: il burro di capra della Valle Elvo, o la zucchina lunga siciliana coltivata a Butera li lasciamo in Valle Elvo e a Butera; 
-cucchiai, pentole e stoviglie devono essere usate. Vietato tirare fuori il servizio della nonna per fare le foto e poi servire al marito l'omelette nel piatto vinto con i punti del Mulino Bianco nel 1986;
-niente impiattamenti nouvelle cuisine o presentazioni da ristorante stellato;
-non si può trasformare la cucina in un set fotografico: le foto, se presenti, devono rappresentare quel che in cucina realmente avviene. E se c'avete la luce al neon che vi fa le ombre sulle tagliatelle, amen. In fondo è con quella luce al neon che mangiate le tagliatelle, no?
-a corollario, vietati gli anacronismi culinari: il risotto cucinato alle sette del mattino, perché c'è il sole in cucina e vuoi mettere che belle foto? No, dai. Che poi, vorrei sapere chi si mangia il risotto a colazione... 
-nessun commensale può essere lasciato ad aspettare pur di immortalare il piatto finale. Una foto e via, oppure se il piatto è cosi spettacolare che ve lo siete spazzolato senza aver tempo neanche di tirare fuori il cellulare, buon per voi, anzi meglio, e datemi la ricetta!
Dette queste regole, partecipate numerosi! Voglio vedere cucine sporche, usate, incasinate: insomma normali!
O detto in altro modo: Amanda, partecipa almeno tu, che so che mi capisci! ;)

Saturday, October 11, 2014

Passioni di famiglia

Si sa, le passioni sono contagiose.
A casa nostra, con il tempo, tutti sono diventati estimatori di ceramica. Ciascuno a modo suo.

Sandro Miciotti, ad esempio, ha un'indiscussa predilezione per il grande vaso di Maude Blais.









Sunday, October 5, 2014

Uomini della mia famiglia

C'è qualcosa che si tramanda tra i maschi del lato materno della mia famiglia: l'incapacità di chiamare le persone care con il loro nome.

Il capostipite di tale tratto genetico pare essere un fratello di mia madre.
La creatività di mio zio si esprimeva alla massima potenza nel dare soprannomi. Una volta iniziato il processo, si verificava una cascata di soprannome in soprannome. Giusto per fare un esempio, non l'ho mai sentito chiamare sua figlia con lo stesso nome per più di pochi mesi.
Noi nipoti abbiamo subito lo stesso trattamento fin dalla primissima infanzia. Quando mio fratello era un piccolo Budda biondo di un anno e io una graziosa morettina di quattro, ci giravamo alla voce di mio zio che ci chiamava rispettivamente Lard e Dagoberta (e chiederei di sorvolare sull'eleganza dei due nomi...).

Mio fratello ha ereditato questo carattere genetico con modalità dominante ed espressività completa
Lui e mio marito si sono conosciuti circa dieci anni fa. All'inizio non fu simpatia tra i due. Troppo diversi, quasi agli antipodi, sia fisicamente che caratterialmente. Tanto diretto e caustico il primo, quanto gentile e cortese il secondo.

Galeotto fu il primo viaggio insieme in Canada, in auto attraverso Quebec, New Brunswick e Prince Edward Island. In quell'occasione io e la mia belle-soeur abbiamo assistito all'inizio di un idillio che dura tuttora e che ci ha portato a soprannominarli brothers-in-love
Da allora, il mio principesco marito ha ereditato una quantità di nomi alternativi al suo di battesimo - Federico- che posso solo parzialmente elencare perché la lista si allunga quotidianamente*: 

Teodolindo
Il più usato. Non pochi, negli anni, hanno creduto che si trattasse del suo vero nome.

Prederigo
Nobile, di sonorità medievali. Lo si immagina a cavallo, armato di lancia e scudo.

Cretinico 
Il nome che ha fatto indignare mia madre. È stato, pero, oggetto di una simpatica scenetta in cui mio fratello è riuscito a convincere la nostra ingenua genitrice del fatto che Cretinico fosse in realtà nato da una rivalsa per il modo terribile con cui apparentemente mio marito chiamava mio fratello, ovvero il Merda. Naturalmente il povero Teodolindo mai aveva neppure osato pensare di chiamare mio fratello in altro modo che non per come è registrato all'anagrafe.

Federìn 
pronunciato alla francese, con r moscia e n nasale. Questo ovviamente è stato coniato qui in Quebec. 

Federozzo 
Uno dei miei preferiti, considerata la dissonanza con i modi signorili del soggetto in questione.

Celiachindo
Nato come naturale conseguenza della arcinota diagnosi.

Federer
L'ultimo arrivato; ispirato molto probabilmente dall'imminente trasferimento di mio fratello in Svizzera.

A questi si aggiungono:
Fedi
Come lo chiamo io. Mi sa molto di fidanzatini di Peynet, lo uso praticamente sempre. Lo posso utilizzare solo io e due delle mie più care amiche, che me ne hanno chiesto il permesso. 

Fez
Soprannome di liceale memoria, quello che si porta dietro da vent'anni, con la sua conseguente derivazione amichevole

Fezzettone



Signore e signori, dieci modi - più uno - per chiamare lo stesso uomo. Se non è ricchezza questa... Credo sia facilmente immaginabile quanto il Teodolindo sia felice di essere finalmente entrato nelle grazie di suo cognato. 




*Nel caso ne avessi dimenticato qualcuno, chiedo a mio fratello e alla mia belle-soeur che stanno leggendo di aggiungerli nei commenti, grazie!



Wednesday, October 1, 2014

La piccola Teresa

Teresa di Lisieux, travestita da Giovanna d'Arco

Quando non sento nulla, quando sono incapace di pregare, di praticare la virtù, è quello il momento di cercare delle piccole occasioni, dei nonnulla che piacciono a Gesù più che l'impero del mondo, più che il martirio sofferto eroicamente. Per esempio, un sorriso, una parola amabile quando avrei voglia solo di tacere o di avere un'aria annoiata.










Oh, come sono felice di avere scoperto Teresa di Lisieux, nonostante i miei pregiudizi che si sono protratti per anni rispetto a questa santa ragazzina. Tutti la osannavano, tutti a elogiare Santa Teresina del Bambin Gesù e io che mi dicevo che una santa con un nome che sembrava quello di una sorpresa dell'ovetto Kinder non poteva promettere niente di buono, se non roba melense.

Quanto mi sbagliavo e quanto son contenta di essermene accorta. È stata per me una lezione di umiltà, la prima lezione appresa grazie a lei, maestra incredibile di quella virtù che è il rendersi piccoli, sempre più piccoli.