Wednesday, December 30, 2015

Le ricette del diario di bordo - tomato egg noodles

Che il cibo per me sia importante credo lo si sia capito.
Che io pensi che esso sia veicolo di amore e attenzione da chi lo prepara per chi lo riceve, pure.
Che al Sig. Tenace piaccia mangiare e che noi lo sapessimo fin dalla prima volta in cui abbiamo letto su un foglio parole su di lui, lo si è probabilmente intuito.

È stato quindi naturale, anche se non sempre facile, durante il viaggio in Cina, darmi da fare per rimediare le ricette ogni volta che vedevo che un cibo era particolarmente apprezzato dal signorino (in altre parole, quando ci mancava solo che si mangiasse anche la ceramica) per poterlo poi riprodurre qui a casa e riportargli un po' dei sapori con cui è cresciuto finora.
Se infatti è vero che vorrei che il Sig. Tenace si appropriasse di quel che il Teodolindo ed io siamo a botte di annusate di ragù e mani nella pasta fresca, d'altra parte vorrei ancor di più che non perdesse nulla di quanto ha fatto parte della sua storia fino ad ora. Vorrei insomma, se mi si passa l'immagine, che il Sig. Tenace crescesse con una polpetta in una mano ed un raviolo cinese nell'altra. Metaforicamente e non.

Ho chiesto ricette alle educatrici dell'Istituto, alle guide,  spiavo nei ristoranti in cui mangiavamo. Qualcosa ho recuperato, per altre ricette sono ancora in ballo ma non desisto.

Questa è la prima ricetta che ho avuto. Si tratta dei 西红柿打卤面ossia tomato egg noodles, una zuppa di noodles più o meno brodosa, con pomodori e uova fritte. Pare che sia un piatto casalingo, servito spesso ai bambini perché nutriente.
Il Sig. Tenace ne va pazzo da sempre. E il Teodolindo ed io non disdegniamo affatto.



Ingredienti
2-3 pomodori maturi (lo so, adesso non è stagione: aspettate l'estate per farla), spellati e privati dei semi
3 uova
un cipollotto
200 g di noodles abbastanza spessi, del tipo che si preferisce (per noi di riso, senza glutine)
olio di sesamo
1 cucchiaino di zenzero in polvere
brodo vegetale, preparato mettendo a bollire una carota, un gambo di sedano e della cipolla

Sbattere leggermente le uova, salare e pepare.
In una pentola antiaderente o wok riscaldare un po' di olio di oliva e versarci le uova. Appena si rapprendono, strapazzarle. Una volta cotte, toglierle dal fuoco e metterle in una ciotola.
Nella stessa pentola, aggiungere un altro po' di olio di oliva. Versarci lo zenzero in polvere, quindi i pomodori tagliati a pezzetti. Far cuocere a fuoco vivo per pochi minuti, finché i pomodori diventano morbidi, dopodiché versarvi sopra il brodo fino a coprire interamente i pomodori. La quantità di brodo varia a piacere a seconda di quanto "brodosa" si vuole la minestra.
Aggiungere il cipollotto tagliato a rondelle sottili, aggiustare di sale. Coprire e far sobbollire per cinque minuti almeno. Aggiungere le uova tenute da parte ed eventualmente altro brodo.

A parte, far cuocere i noodles in acqua salata portata ad ebollizione. Seguire i tempi di cottura previsti per il tipo di noodle scelto.

Scolare i noodles, condirli con uno-due cucchiai di olio di sesamo, quindi versarli nella pentola con pomodori e uova. Mescolare e servire subito.



Wednesday, December 16, 2015

Le divertissement

Il ritorno al tornio dopo mesi di assenza ha marcato un cambiamento.
Addio ansia da prestazione e di migliorarsi costantemente.
Bienvenue divertissement, ovvero godiamoci 'ste tre ore settimanali in compagnia della ceramica e soprattutto della cara porcellana e se i risultati dovessero far cagare non dovessero essere granché, pazienza.

Come spesso accade quando si abbassano le aspettative, non sono per nulla scontenta di quanto fatto, anzi!

- Ho giocato con la terre picotée e l'ho smaltata in tre modi diversi

Miele, trasparente, floating blue.


- Ho scarabocchiato sulla porcellana

 


- Infine, mes chouchous préférés, ho smaltato di rosa piatti e zuccheriere di porcellana

Mannaggia al cielo grigio di oggi che non rende giustizia al rosa in fotografia

che, diciamolo, le porcellane rosa non piacciono mai a nessuno, perché fanno tanto "servizio della nonna", ma io mi ci riempirei casa (e pian piano lo sto facendo).


E con questo giro prende forma un mio desiderio, quello di avere una tavola apparecchiata in cui ognuno mangia nel piatto che più gli piace e che magari gli assomiglia anche un po':



Per il Teodolindo, a cui piacciono le cose un po' rustiche, piatto in gres gris color grigio-blu come i suoi occhi




Per il Sig. Tenace, una papera da pranzo da far giocare a nascondino in mezzo alla purea di patate e all'uovo fritto:




Infine, per me, il piatto di porcellana bianco e rosa e uno sforzo di immaginazione - un grosso sforzo di immaginazione - per sognare di essere una moderna Emma Woodhouse che pranza nel castello di Bath in compagnia del suo Mr. Knightley.


Saturday, November 28, 2015

L'arte del distacco

Da qualche mese a questa parte, il tasso di ceramiche rotte è aumentato esponenzialmente.
I maligni diranno che pare esserci una strana coincidenza temporale con l'arrivo del Sig. Tenace.
I maligni hanno ragione.

Mi trovo così a dover mettere in pratica e vivere sulla mia pelle la prima regola della poterie:
"Il faut apprendre à se détacher des pièces"
altrimenti detta "L'arte del distacco", ovvero quel processo che si deve apprendere il prima possibile secondo cui troppe fasi delicate ed imprevisti passano tra il momento in cui si mette la palla di argilla sul tornio e quello in cui si tiene fra le mani il vaso o la ciotola finiti, rifiniti e smaltati, quindi meglio non affezionarsi troppo. Senza contare che quell'oggetto resterà per sempre fragile.
Anche questa è bellezza.

Va be', qui si sta praticando l'arte del distacco in abbondanza.

L'angolo dei cocci. Solo alcuni di quelli prodotti in quattro mesi, quelli più heart-breaking.

E allora ripensavo a chi, del rompere ceramica e fracassare porcellane, ne ha fatto un'arte:

Martin Klimas

Untitled, 2004.

Untitled, 2004.

WokMedia
La serie New Breed Edition.





Infine, il solito Ai Weiwei, che sto ancora male tutte le volte che guardo queste foto (aargh!!!):

Dropping a Han-dinasty urn, 1995.

E allora mi dico che magari, prima o poi, chissà, ci sarà un futuro anche per i nostri cocci?

Saturday, October 17, 2015

La voce mancante

I view adoption to be a necessary solution to an unfortunate need. It’s a tragic situation for one family (birthparents) while simultaneously offering great joy for another (adoptive parents). Adoptees sit between the two.

We can recognize the tension of their position, and the role of adoption in our communities, when we listen to adoptees. Their stories grieve and mourn the loss of their first family, celebrate their adoptive family, and everything in between.

Tratto da "The missing voice in the adoption conversation" di Angela Tucker (qui il link all'articolo)


Parole sante.


Monday, October 12, 2015

Rosso, arancione e giallo

Oggi era il giorno del Ringraziamento qui in Canada e noi abbiamo festeggiato con una passeggiata sul Monte (Mont-Royal, ndR) e una pumpkin pie (naturalmente senza glutine).

Di grazie da dire ne abbiamo infiniti soprattutto in quest'ultimo periodo, ma oggi, dopo un'immersione nei colori che il Quebec sa regalare in autunno, ci sentivamo di ringraziare in special modo per questi colori, che fossero essi in versione fogliacea o commestibile. Perché ricordiamoci che tra poche settimane qui sarà tutto bianco e quest'esplosione di colore sembra essere fatta apposta per riempirci gli occhi e farci fare le scorte in vista dei mesi a venire. 





E di chi mai sarà quel buco-impronta lasciato da un ditozzo goloso?!

Per la pumpkin pie, mi sono rifatta alla ricetta di Debbie Perelman di Smitten Kitchen, mio riferimento per le ricette americane. La frolla senza glutine è invece ispirata a quella del libro "La tartine gourmande" di Beatrice Peltre.

Per la pasta frolla
60 g di farina di tapioca
40 g di farina di sorgo
40 g di farina di riso bruno
1 cucchiaino di psyllum husk
50 g di zucchero
100 g di burro
1 uovo
3 cucchiai di acqua fredda 

Setacciare le farine con lo psyllum e lo zucchero. Aggiungere il burro tagliato a pezzetti e lavorare il composto con la punta della dita fino a farlo diventare sbricioloso. Aggiungere l'uovo ed eventualmente l'acqua fredda se l'impasto fosse ancora troppo secco. Formare una palla e metterla a riposare in frigorifero per almeno 30 minuti, in modo che si rassodi.
Nel frattempo, preriscaldare il forno a 200 gradi C e preparare il ripieno:

Per il ripieno
300 g di zucca cotta (meglio se al forno, poiché rimane più asciutta) e frullata
100 g di zucchero
cannella, zenzero e noce moscata secondo il gusto personale (io: un cucchiaino di cannella, mezzo di zenzero, una grattatina veloce di noce moscata)
200 ml di panna
2 uova

Mescolare la zucca frullata (io ho usato una zucca butternut) con lo zucchero e le spezie, aggiungere quindi le uova e in ultimo la panna.

Stendere la frolla con un matterello su di un foglio di carta da forno, dandogli una forma rotonda di dimensioni poco più grandi della teglia che si userà, quindi adagiare la pasta sulla teglia e aggiustare i bordi. Versarvi la crema del ripieno ed infornare a 200 gradi per 10 minuti, dopodiché ridurre a 180 gradi e proseguire la cottura per altri 30 minuti. Il centro della torta deve rimanere morbido, ma non liquido. Estrarre dal forno e lasciare raffreddare completamente prima di servire.


Sunday, October 11, 2015

Sapere

Implorai e venne in me lo spirito di sapienza.
La preferii a scettri e a troni,
stimai un nulla la ricchezza al suo confronto,
non la paragonai neppure a una gemma inestimabile,
perché tutto l’oro al suo confronto è come un po’ di sabbia
e come fango vale di fronte a lei l’argento.
 

L’ho amata più della salute e della bellezza,
ho preferito avere lei piuttosto che la luce,
perché lo splendore che viene da lei non tramonta.


Dal libro della Sapienza (7, 7-11)


È significativo che il verbo latino sàpere indichi non solo "avere conoscenza", ma anche "essere gustoso" e del resto anche in italiano quest'unica radice accomuna sapere e sapore.  
Enzo Bianchi "Il pane di ieri". Einaudi, 2008




Ci sono persone sagge e poi ci sono persone sapienti, quelle che, oltre a essere sagge "sanno" di qualcosa e lasciano in chi le incontra la traccia del loro gusto, come un filo di olio buono su una fetta di pane o un bicchiere di vino rosso in una fredda sera d'inverno. 
Ecco, a me prima o poi piacerebbe diventare sapiente.

Tuesday, October 6, 2015

Ragù

Di regola il Teodolindo ed io non mangiamo carne, ma esistono eccezioni alla regola. Queste si verificano quando i nostri principi etici perdono la priorità rispetto ad altro, come ad esempio la cortesia ed il rispetto verso chi ci invita a cena.
L'eccezione più importante è senza dubbio rappresentata dal cucinare al Sig. Tenace piatti che più di altri rappresentano la tradizione delle nostre famiglie, per far in modo che lui si inserisca nella nostra storia familiare passando anche per gli odori, i sapori e i racconti. Tra questi piatti, c'è il ragù secondo la ricetta di mia madre.

Quel che mi piace della ricetta del ragù è che, più dei dialetti, cambia non solo da città a città, ma anche da casa a casa. Il ragù di mia madre non è ortodosso, e i puristi storceranno il naso a leggere che la carne, da noi, si bagna con il vino bianco e che i funghi secchi sono fondamentali, ma è il nostro ragù e il suo profumo è per antonomasia l'odore della cucina di casa dei miei.



Si fa un soffritto con carote, sedano e cipolla tritati finemente. Si aggiunge la carne trita bovina (per me quella di queste mucche qui) e  si fa rosolare a fuoco vivace, quindi si bagna con vino bianco secco e si lascia evaporare. Si aggiungono i funghi secchi, precedentemente messi in ammollo, dopodiché è il turno dei pomodori pelati che si uniscono alla carne. Si aggiusta di sale e pepe e si lascia quindi sobbollire a fuoco basso per almeno un'ora, ma se possibile anche due.




Stasera l'ho cucinato dopo molto molto tempo e il Sig. Tenace ha potuto assaggiarlo per la prima volta. Mentre il ragù cuoceva, di tanto in tanto lo prendevo in braccio (il Sig. Tenace, non il ragù) e gli facevo vedere cosa capitava sotto il coperchio della pentola, gli facevo respirare l'odore che si sprigionava, sperando che il tutto inizi a fissarsi nelle sue narici e nei suoi occhi. Gli raccontavo che è il ragù della Nonnameglia, e che quando finalmente la incontrerà di persona, sicuramente la nonna glielo cucinerà.


A proposito di ragù, Fabio Picchi, chef fiorentino, ha scritto delle parole che mi piacciono molto. Queste:

"Se non avete avuto nonne, mamme, zie, sorelle, amiche capaci di farvi vedere e rivedere come si fa il loro Ragù, la saggezza mi obbligherebbe a consigliarvi la rinuncia. Ma seguendo il dettame del bussate e vi sarà aperto, vi invito alla Pratica. Andate dai vostri vicini di casa, dai vostri parenti, fermatevi lì dove il vostro naso vi dice che sta sobbollendo lentamente un ragù, e chiedete di entrare in quelle cucine. Cortesia e gentilezza, che d'altronde è bene usare anche all'inferno, sono d'obbligo. Se non vi sarete presentati a mani vuote, potrete forse anche ricevere l'invito di rimanere a pranzo o a cena per golosità certa, ma anche per continuare l'infinito studio sui ragù, sui loro perché, sui loro quando, sui loro dove. […] Niente e' più difficile di un ragù perfetto. Anni di studio, anni di libri letti mentre lui sobbolle per tre quattro ore nel canto del fuoco. Libri di ogni argomento, il tempo che il ragù regalerà a voi stessi deve essere pari all'amore che gli porterete. [...] Il ragù è la prova di Dio. Come un carbone ardente vi farà urlare se non avrete fede. Viceversa, come in preghiera, percepirete, prima durante e dopo, i suoi benefici effetti."

da "I dieci comandamenti per non far peccato in cucina", 2009 Mondadori.

Thursday, October 1, 2015

Meanwhile in London...

La Royal Academy of Arts dedica una mostra personale ad Ai Weiwei.
Come sempre per Ai Weiwei

Everything is art,
Everything is politics. 

E la personale alla RA ben lo dimostra:

Remains (2015), ovvero la riproduzione in porcellana dei resti umani ritrovati nel sito di un campo di lavoro dei tempi di Mao, proprio uno di quei campi di lavoro in cui il padre di Ai Weiwei fu rinchiuso come intellettuale dissidente.

Remains, 2015


Free speech puzzle (2014), ovvero la cartina della Cina suddivisa nelle sue province, riprodotta su porcellana dipinta a mano secondo lo stile imperiale della dinastia Qing. Secondo tale stile, il nome della famiglia veniva scritto all'interno dell'opera in porcellana: il nome scelto da Ai Weiwei per ogni pezzo del puzzle è proprio "Free speech", che diventa quindi il nome della Cina intera e di ogni suo cittadino.

Free speech, 2014


Surveillance camera (2010), riproduzione in marmo di una di quelle venti videocamere della polizia che sorvegliano le attività di Ai Weiwei giorno e notte. 

Surveillance camera, 2010

La mostra prosegue fino al 13 dicembre 2015, per chi passasse da Londra e volesse fare un salto...

Thursday, September 17, 2015

The walk of compassion

Ai Weiwei e Anish Kapoor sono due artisti che mi intrigano moltissimo e che mi hanno conquistato rispettivamente con dei semi di girasole e un fagiolo.
Oggi hanno marciato insieme a Londra in segno di compassione verso i rifugiati di ogni parte del mondo.




"This is a walk of compassion, a walk together as if we were walking to the studio. Peaceful. Quiet. Creative."
Anish Kapoor, 2015

“We are artists, we are part of the whole situation. 
This problem has such a long history, a human history. 
We are all refugees somehow, somewhere and at some moment.”
Ai Weiwei, 2015



"We are demanding creativity of others, recognising that those who leave their country and go on a journey across the water full of danger or who walk hundreds of miles across land are also making a creative act."
Anish Kapoor, 2015

[Dall'articolo uscito oggi su The Guardian]



Saturday, September 12, 2015

Il pranzo della domenica - il video

Del pranzo della domenica al Barcola Bistro avevo già parlato qui.
Ora Roberto Zorfini ne ha girato un video, domenica scorsa, in cui è riuscito a catturare quell'atmosfera che io avevo cercato di descrivere:


Nel video compariamo anche io, il Teodolindo e il Sig. Tenace. Roberto, conoscendoci, ha saputo riprenderci in modo molto discreto e di questo lo ringraziamo. Di me, poi, si colgono soprattutto le parole che mi fanno sembrare il più classico stereotipo di femmina italiana: "Andiamo a fare la pappa! Mangiamo! Mangia, amore!". Mi sento un filo patetica...

Grazie, Roberto: your video is worth a million words.


Wednesday, September 9, 2015

I fiori di ibisco

...se messi sulle scarpe hanno il magico potere di prolungare l'estate.

Vans Hawaiian Floral Slip-on  per me, Vans Old Skool per il Sig. Tenace


Certo, poi le temperature di questi giorni contribuiscono non poco.





Monday, August 24, 2015

Involtini di melanzana

Da quando siamo rientrati dalla Cina, mi sono rimessa ai fornelli, con mia enorme gioia, visto che cucinare mi piace, mi rilassa e mi manca da morire quando non posso farlo.
L'unica differenza, tra il prima e dopo Cina, sono quei comodi 15 kg che mi devo portare addosso mentre sto in cucina. Pare infatti che al Sig. Tenace non ci sia nulla che interessi più del cibo, in ogni sua forma: dall'ammirazione per la dispensa alla curiosità per me che preparo da mangiare. 
Di conseguenza, ci si deve aggiustare e si deve imparare a cucinare con lui in braccio o in piedi su uno sgabello, in versione avvoltoio sul cibo. Le due posizioni hanno entrambe i loro pro e contro: con lui in braccio, posso usare una mano sola e soprattutto ho questo "peso" sullo stomaco, ma lo tengo più sotto controllo. Con lui sullo sgabello, ho due mani libere, ma le mani libere le ha pure lui, che sono lestissime nell'afferrare qualunque roba edibile e gli utensili più pericolosi. 
Con il Teodolindo, ci dicevamo che il prossimo programma tv culinario potrebbe essere "In cucina con il Sig. Tenace", dove i concorrenti devono preparare piatti con l'incognita degli ostacoli procurati dal Sig. Tenace: prima prova, il Sig. Tenace sta in braccio al concorrente mentre questo deve affettare le verdure. Penalità previste per dita o mani infantili amputate. Seconda prova, il concorrente deve friggere le polpette prima che il Sig. Tenace si mangi tutto l'impasto crudo (fatto realmente accaduto, o quasi). Terza prova, questa volta per cameramen e regista, si deve cercare di riprendere il piatto evitando che parti del corpo del Sig. Tenace, in particolare dita, mani o bocca, entrino di straforo nell'inquadratura. E cosi' via. Penso avrebbe successo (autori tv che leggete, se interessati, contattatemi). 

Il tempo di una foto, e il Sig. Tenace scava con il dito il ripieno dell'involtino.

Le mie ricette si stanno modificando in relazione alle suddette limitazioni fisiche e questi involtini sono uno dei primi risultati. Sono stati letteralmente spazzolati dal Sig. Tenace e dal Teodolindo, quindi io non posso riferire se fossero buoni, però il Teodolindo ha detto che erano ottimi e che le erbe davano un tocco di freschezza. Fidiamoci. Le dosi sono state assolutamente ad occhio.

Per una decina di involtini
una melanzana, tagliata a fette per il lungo
due -tre cucchiai di ricotta
una manciata di mandorle
maggiorana
basilico
menta 
Riusciranno i nostri eroi a finir di preparare gli involtini?

Friggere le fette di melanzana. Io uso metà olio di oliva e metà olio di semi di girasole. Scolarle dall'olio, salarle e lasciarle intiepidire. 
Intanto preparare il ripieno, tritando le mandorle e qualche foglia di basilico, menta e maggiorana, secondo il proprio gusto. Aggiungere la ricotta e un po' di olio extra-vergine di oliva, per amalgamare meglio. Salare e pepare a piacere. 
Preparare gli involtini spalmando un cucchiaino di ripieno nella fetta di melanzana fritta e poi avvolgendo la fetta su se stessa. Servire tiepidi. 

Ce l'ha fatta. E' riuscito a rubarmi il basilico.

Friday, July 31, 2015

C'è un bambino nell'altra stanza

Siamo arrivati a casa. Il Signor Tenace, il Teodolindo ed io.

Dal giorno del rientro, il Signor Tenace si sta chiedendo perché caspita si trovi dall'altra parte del mondo, in luoghi e ambienti sconosciuti, tra rumori, odori e sapori ignoti, in mezzo a gente diversa tra cui riconosce solo il bel biondino e la graziosa morettina che un giorno di due settimane fa l'hanno incontrato in Cina e non l'han piu mollato. Tenendo fede al suo nome, il signorino esprime tenacemente le sue perplessità ed inquietudini rispetto alla situazione attuale con multiformi manifestazioni di rabbia, pena e disappunto. Tutte pienamente comprensibili, visto il contesto.
A parte i momenti di sconforto, il Sig. Tenace è adorabile, molto simpatico, ed è già salito sul podio della classifica delle persone che più mi fanno ridere al mondo.

Il Teodolindo ed io viviamo in uno stato che va dall'incredulità tipo "Ma che caz...??!" all'inesprimibile meraviglia, stato che ben si riassume in quanto capitato la seconda sera dopo il nostro rientro a Montreal:
Io, già a letto esausta, vedo entrare in camera il Teodolindo con occhi sbarrati:
"Oh, Robi, c'è un bambino nell'altra stanza!"
"Sì, caro, è nostro figlio. Vieni, riposa un po' che ne hai bisogno."




Durante il viaggio ho tenuto un diario che inviavo alle nostre famiglie. Ne condividerò alcune pagine qui prossimamente. Da parte del Teodolindo e mia, un grazie di cuore a tutti quelli che hanno avuto pensieri per noi in queste settimane.

6 novembre 2016: aggiornamento
Dopo alcune riflessioni, ho deciso di cancellare i post relativi al nostro viaggio in Cina durante il quale siamo diventati i genitori del Sig. Tenace. Quelle pagine appartengono a lui, fanno parte della sua storia, la più intima, e oggi ritengo che non sia mio diritto condividerle pubblicamente. Grazie comunque a chi le aveva commentate e ci aveva seguiti con affetto in quei giorni.

Friday, July 10, 2015

Si parte

Allora noi si parte.
Sarà uno di quei viaggi che marcano un cambiamento,  e io mi sento pronta a cambiare.

La solita, amata, Louise Bourgeois, 2001 (moma.org)

Sunday, July 5, 2015

Lemon pancakes

Ogni volta che mi avanza un po' di ricotta, o meglio, che avanzo di proposito un po' di ricotta, so che è il momento dei pancakes al limone perché, come si legge nella bibbia della colazione*

"These pancakes make you sit up and take notice"



parafrasando, son così buoni che non puoi non imparare a farli. Subito. Ma la loro caratteristica distintiva, più che la bontà, è l'essere soffici e scioglievoli. Una nuvola profumata al limone.

La ricetta è talmente semplice, poi, che si impara a memoria e la difficoltà maggiore per me consiste nel dover prendere lo sbattitore per montare a neve gli albumi, aggeggio che si trova in un ripiano della cucina accessibile solo al Teodolindo o a me in piedi su una sedia. E con questo ho detto tutto: non ci sono scuse per non provarli.

Per due persone
2 uova, ovviamente felici
due cucchiai di farina (per me uno di sorgo e uno di tapioca)
un cucchiaio raso di zucchero di canna
la buccia grattugiata di mezzo limone
un cucchiaio di succo di limone
tre cucchiai di ricotta o mezza tazza, secondo i gusti
burro per la cottura

Separare i tuorli dagli albumi.
Montare a neve ferma gli albumi con un pizzico di sale. Mescolare i tuorli con zucchero, farina, ricotta, scorza e succo di limone. Incorporare gli albumi montati a neve all'altro composto che alla fine deve risultare molto spumoso, così


Scaldare in una padella una noce di burro. Quando sfrigola, versare due cucchiaiate di composto e far cuocere due minuti, non di più. Il composto deve essere ancora morbido quando lo si gira. Far cuocere dall'altro lato un minutino appena.

Prima da un lato                                     poi dall'altro


Continuare fino ad esaurimento del composto. Io, per far prima, uso una padella piuttosto larga e ne cuocio due per volta.




Servire quando sono ancora caldi, irrorando con sciroppo d'acero abbondante.


Si sciolgono in bocca. Letteralmente.





*"The breakfast book" di Marion Cunningham. Ne avevo già parlato qui.

Thursday, July 2, 2015

Al lago

Qualche giorno fa il Teodolindo ed io ci siamo concessi un fine settimana en amoureux. L'atmosfera che lo ha preceduto, così come quella che lo ha accompagnato, aveva un sapore strano: quello dell'ultimo melone dell'estate, quando sai che dovrai aspettare un bel po' prima di gustarlo di nuovo, ma allo stesso tempo sai che ti aspettano le zucche, e le mele, e chissà quanta altra roba buona che arriverà nei mesi successivi.

Per la scelta della destinazione del nostro ultimo fine settimana da soli, prima dell'arrivo del signor Tenace, non ci sono stati dubbi: il lago Sacacomie.

guardando di qua...

...e guardando di là.

Immerso tra le foreste, l'unica traccia umana attorno a tutto il lago è l'omonimo albergo in cui noi abbiamo dormito.

Han cercato di contenere l'impatto ambientale, ci han provato, poi che ci siano riusciti...

Al Lac Sacacomie il Teodolindo ed io ci siamo dedicati alle nostre attività preferite quando siamo in vacanza in luoghi remoti: mangiare, bere, giocare a carte.
E poi quell'altra cosa. Quella che al Teodolindo piace tanto fare, almeno quanto a me piace fingere di apprezzare. 

Remare. 

Pur remando, sono riuscita a scattare una foto.
Anche due.

I differenti approcci alla canoa e al mondo del remo hanno comportato che il tragitto percorso con la nostra imbarcazione fosse all'incirca il seguente:



dove i giri in tondo documentano i momenti di anarchia in cui non riuscivamo a metterci d'accordo su dove andare e lo zig zag sulla via del ritorno illustra la fase in cui il Teodolindo si è ammutinato e ha deciso che avrei dovuto remare un po' io. Poi, avendo io sposato un gentiluomo, nonostante l'ammutinamento ha continuato a ripetere: "Stella, però dimmelo se sei troppo stanca e vuoi che ricominci a remare anch'io!", cosa che è avvenuta nell'ultimo tratto rettilineo per giungere a riva. 

Due cuori e una canoa. 







Monday, June 22, 2015

Bollicine canadesi


E chi l'avrebbe mai pensato che delle bollicine fatte in Ontario, nella penisola del Niagara, potessero essere così buone?
Erano il regalo della mia wine tasting buddy, colei con cui ho fatto il corso di degustazione, per l'arrivo del Signor Tenace, poiché, ricordiamocelo, uno degli enormi vantaggi di questa dolce attesa e che l'alcol non mi è precluso ;)

Questo vino si chiama Handsome Brut e io ancora non mi abituo all'immagine con cui questi vini del Nuovo Mondo vengono presentati: nomi che sono giochi di parole, etichette che sembrano copertine del New Yorker e descrizioni che in questo caso recitano
"Sparkling personality. Dry wit."

Senza contare che sul sito si trovano frasi come "Get out of the way, Champagne!" e immagini come queste (didascalia inclusa):

"Handsome brut 1 / Champagne 0"




Però poi stappo la bottiglia, verso, annusiamo, assaggiamo e mannaggia a loro! Son capaci di fare bollicine mooolto buone!


Per le note finto-tecniche, visto che ho tirato fuori fior di dollari per 'sto cavolo di corso: uve 100% chardonnay, vinificate con metodo classico, riposo sui lieviti per 24 mesi. Non sto a dire se abbiamo odorato brioche o mela o agrumi o sentito salinità, che tanto noi ce lo siamo bevuto tutto, 'sto Handsome Brut, e il fatto di aver svuotato la bottiglia, complice il sole delle sette di sera e l'arietta fresca del terrazzo, è a mio avviso il miglior indice di quanto un vino sia buono.

E saran pure canadesi, e tireran pure dentro l'hockey anche per parlare di chardonnay, ma intanto il vino gli è venuto una meraviglia.

Se vi capita, compratelo e scolatevelo.

Tuesday, June 16, 2015

I bambini fortunati

Ultimamente ci capita una cosa strana.
Quando raccontiamo a conoscenti, amici e familiari la lieta notizia dell'arrivo del Signor Tenace, uno dei commenti più frequenti che riceviamo è il seguente:
"È un bambino fortunato!"

a cui noi reagiamo più o meno così:



Ora, il Sig. Tenace ha poco più di due anni, trascorsi quasi interamente in un orfanotrofio cinese se si fa eccezione per i suoi primi tre giorni di vita, ha già conosciuto un reparto di chirurgia pediatrica per un intervento al volto, peraltro solo il primo di tre cui dovrà sottoporsi prima dell'età scolare, e si porta dietro un altro non piccolo problema di salute. Ecco, il Sig. Tenace non rientra propriamente nei nostri canoni di bambino fortunato, ma evidentemente esistono opinioni diverse.
Poi c'è quel pensiero fastidioso, quel presentimento che se, anziché del Sig. Tenace, noi avessimo annunciato l'arrivo di un bambino dalla mia pancia, questo commento non sarebbe stato così ricorrente. Forse questo presentimento deriva dal fatto che io non ricordi di essermi mai congratulata con coppie di neogenitori per il loro neonato figlio usando l'aggettivo "fortunato", e dire che io sono piuttosto fantasiosa in termini di aggettivi per bambini e che quasi tutti quei bambini erano oggettivamente più fortunati del Sig. Tenace.

Quindi, esattamente, di cosa stiamo parlando?

In questi frangenti io devo soffocare il mio istinto a rispondere di getto, perché altrimenti la mia risposta assomiglierebbe molto a qualcosa del genere
Spero tu non voglia insinuare che il Sig. Tenace debba baciarsi i gomiti per il fatto che noi due lo adottiamo e che quindi per lui è tutto grasso che cola quel che riceverà visto che noi già gli facciamo 'sto gran favore di sottrarlo alla miseria, poiché nulla gli era dovuto, e di conseguenza è già in debito con noi tutti. 
Ma, come il Teodolindo mi fa notare, io da qualche settimana mi sono trasformata in Raksha, la Mamma Lupa del Libro della Giungla che diventa una belva quando le si minacciano i cuccioli, siano essi lupetti o cuccioli d'uomo.

Raksha, la Diavola, affronta Shere Khan solo perché questa voleva mangiarsi Mowgli...


Quindi, preso atto della trasformazione avvenuta e di quanto io mi pentirei e vergognerei per parole mosse solo dall'istinto di protezione e non da un'analisi reale della situazione né tanto meno delle intenzioni di chi quel commento l'ha pronunciato, lascio sempre la parola al Teodolindo:

Caro amico,
grazie mille per la tua mail; è bello sentire vicini gli amici!
Non ti nascondo che però le tue parole mi hanno fatto pensare... Il Sig. Tenace è un bambino fortunato ad averci? No, io penso di no, i fortunati siamo noi! Lui riacquista solo un suo diritto, che è quello di avere due genitori che si prendano cura di lui, colmandolo di ogni attenzione e di amore. Torna semplicemente ad avere quello che gli spetta come essere umano e come bambino; non possiamo dire che sia fortunato. È suo diritto essere amato fisicamente e non solo da lontano o nel cuore, come sicuramente staranno facendo i due genitori biologici, obbligati - probabilmente per motivi politici e legislativi - a lasciarlo perché altri se ne prendano cura.
Ecco, forse questa è la sua fortuna: io e Roberta saremo un secondo papà e una seconda mamma e ci uniremo ai primi due nell'amarlo ogni giorno della nostra vita. Io penso che avere comunque quattro genitori che ti pensano, che ti vogliono bene e che a loro modo pregano per te sia una fortuna.  Purtroppo per lui di questi 4 genitori, ne conoscerà solo 2. Io e Roberta, dei quattro, siamo i suoi genitori fortunati.
Io mi sento fortunato perché ogni giorno che vedo i suoi video imparo cosa sia la voglia di vivere in mezzo alle difficoltà, il bisogno di essere combattivo ogni giorno (è la traduzione del suo nome) per sopravvivere. Lo ammiro e gli devo tanto, perché per ora da lui ho solo ricevuto. Quello che riceverà da noi, quindi, non è perché è fortunato ad avere noi, ma solo perché se lo merita in quanto bambino; anzi, se si potesse andare a prenderlo subito non sarebbe male... è già in credito con la sorte!
Un abbraccio,
F.

E bon, io leggo questa e-mail e sono felice di aver sposato il Teodolindo.



Tuesday, June 9, 2015

Il pranzo della domenica

Il brunch del fine settimana è un'istituzione a Montreal e il Teodolindo ed io non abbiamo avuto difficoltà ad inserirlo rapidamente tra le nostre tradizioni familiari. Così, da quattro anni, almeno un pasto del weekend è composto da morbide omelette, o uova benedectines, accompagnate da tazze di caffè nero con Leonard Cohen o Arcade Fire in sottofondo. Montreal, o i piccoli piaceri della vita.

Certo è che quando il Barcola Bistro, ristorante italiano dello chef Fabrizio Caprioli, ha lanciato il pranzo della domenica come alternativa al classico brunch, ecco, abbiamo avuto un tuffo al cuore.



Lungi da noi essere nostalgici, anzi, abbiamo sempre evitato certi connazionali emigranti che si sentono in esilio, passano il tempo a rimpiangere le mozzarelle e i pomodori italici e van di ristorante in ristorante per poi concludere amareggiati che tanto, insomma, niente è come l'Italia. 

Però conoscevamo Fabrizio, la sua filosofia, e il suo modo di essere italiano a Montreal. 
Insomma, una domenica abbiamo provato e ne siamo rimasti entusiasti. Non solo per il cibo che è divino, e quello già si sapeva, ma soprattutto per l'atmosfera che è protagonista tanto quanto i piatti. In poco tempo, infatti, il pranzo della domenica si sta trasformando in un ritrovo non programmato di emigranti che di stare qui son ben contenti, che esplorano Montreal con voglia di arricchirsi pur senza dimenticare da dove sono partiti. Italiani che amano il Paese che li ospita, ma che ricordano bene il pranzo della domenica attorno a cui la domenica ruota, da cui la settimana parte, fatto di piatti preparati per ore, gustato in famiglia, e seguito solo da una pennica sul divano. Perché in fondo, che altro c'è da fare la domenica pomeriggio?

Bon, ça va sans dire che il Teodolindo ed io facciamo parte del gruppo. 

Questa è la fotocronaca dell'ultimo pranzo della domenica, due giorni fa. 

Otto adulti, tre bambini. Piatti che si alternano sulla tavolata, forchette che si incrociano, bicchieri che si riempiono di un verdicchio squisito.


Mano sul cuore e mano sulla bocca, il mio amico Ale ed io manifestiamo fisicamente lo stupore per gli gnocchi gratinati.


Paccheri al ragù con commovente quantità di parmigiano

Due cuori e uno spaghetto. Ai frutti di mare.


Frittata con asparagi, patate e fiori di zucca: l'antipasto del Teodolindo.

Lasciare il sugo nel piatto sarebbe stato un peccato, giusto?
Resto una signora comunque, vero?
"Desiderate un dessert?", ci chiede con accento delizioso Danielle, la moglie di Fabrizio.
Le pance sono piene, ma vorrai mica dire di no?!
"Che dici? Ci dividiamo qualcosa?" o come ormai dice qualcuno, italianizzando dal francese "Partaggiamo?"

I dolci sono quattro e li si assaggia tutti, e di nuovo i piatti attraversano la tavola: 
"Ti prego, assaggialo perché non sai che ti perdi!" 
"No, guarda, davvero, sto a posto! Non ce la faccio più... Ma davvero è cosi buona? Va be', allora solo un cucchiaino. Ne prendo poco, eh, però!"

Torta al cioccolato bianco e cocco, con salsa di lamponi

Crostata di fragole e rabarbaro, con panna.


I non italiani che passano da Barcola per un piatto veloce osservano noi che riusciamo a stare seduti a mangiare per due o tre ore, parlando anche solo di cibo e vino. Poi si siedono e ho come l'impressione che vogliano provare ad imitarci. 





Grazie a Roberto Zorfini per le foto, a Fabrizio e Danielle per l'accoglienza, a tutti gli amici del pranzo della domenica per la compagnia.