Thursday, December 22, 2016

Such a sweet girl

Capitava che, qualche mese fa, una maestra del Sig Tenace con un problema neurologico avesse bisogno di capire cosa le stesse succedendo. Mi sono attivata, l'ho seguita per quanto possibile secondo le mie competenze, mi sono seduta nel mio studiolo con lei e ci ho messo tutto il tempo che ci voleva per spiegarle quello che in anni di visite nessuno si era mai assicurato che lei avesse capito. Ho fatto il mio dovere. Certo, il lavorare su malattie rare, e non, ad esempio, sul diabete, mi aiuta ad essere abituata a visite che non durano mezz'ora, perché per spiegare robe rare e complicate ci vuole il suo tempo.
Alla fine è stata inviata ad un neurochirurgo, per essere operata, e all'incontro con questo gli dice: "Sa, conosco la dr.ssa Slicing Potatoes. È lei che finalmente mi ha spiegato la rava e la fava." E lui, che sa chi sono, risponde:
"Ah, I know her. She is a lovely girl".
Due settimane fa il mio capo, uomo di mezza età, mi chiede il favore di gestire una relazione di lavoro un po' spinosa via email. Nella email in cui mi coinvolge, mettendomi in copia conoscenza con questi colleghi in Europa, scrive:
"Slicing Potatoes ha ben accettato di occuparsi della questione e vi chiedo di far riferimento a lei. Vedrete, she is such a sweet girl."
Such a lovely girl.

Io non la riesco a descrivere la sensazione fisica che mi prende alla bocca dello stomaco e alla pelle quando sento o leggo queste frasi. Subito è quella a prendere il sopravvento, poi la razionalità subentra e capisco:

Capisco che questa è l'essenza del più classico maschilismo paternalista, con cui noi donne, professioniste, competenti, che ci siamo fatte un culo così per arrivare dove siamo, veniamo prontamente rimesse al nostro posto, un gradino almeno più in basso di dove eravamo salite, grazie ad una definizione - girl - che avendo io 38 anni non solo non mi appartiene, ma che in ambito lavorativo non deve assolutamente definirmi, ed ad un aggettivo -lovely, sweet - che vuole essere quello zuccherino che l'uomo capo ci rifila pensando di farci un piacere mentre ci accarezza la testa dall'alto della sua posizione di potere che mai riusciremo a scalfire.
E questo è un modo perfetto per ricordare l'evidenza a noi e agli altri.

No cazzo. Io sono sweet. Sono absolutely lovely, e charming, e adorable. Lo sono.
E sono pure molto donna. Molto.
Ma quando lavoro, prima di tutto sono medico, faccio ricerca e studio da una vita, e voglio essere definita per questo. Il mio essere donna gentile sarà sempre presente nel mio lavoro, eccome se lo sarà!, ma non lo definirà mai più e prima della mia competenza.

Quel giorno dell'email del mio capo, caso vuole che il Teodolindo mi abbia chiamato al telefono mentre io ero ancora in fase guance infiammate dalla frustrazione e mani che prudono. Mi sfogo con lui, che mi ascolta e poi risponde: "Hai ragione ad arrabbiarti, perché tu non sei solo lovely, sai essere anche bitchy".

"What?! You too?!"


Ho spiegato al Teodolindo che il problema non era solo l'aggettivo, ma lo stesso chiamarmi "girl".
"Dimmi, amore mio, al lavoro qualcuno ti ha mai presentato dicendo "Ecco Teodolindo, is such a nice boy" e tu sei in assoluto una degli uomini più gentili che io conosca! Eh? È mai successo?"
Silenzio.
Poi: "Capisco. Hai ragione. Mi dispiace."

Tutto ciò fino a ieri sera.
Eravamo a tavola con i miei genitori, qui in visita, e il Teodolindo stava raccontando di un conoscente che si era rivolto per un consulto medico ad un primario, uomo, e questi l'ha poi inviato per competenza ad una sua collega donna. Il nostro conoscente è andato alla visita dalla dottoressa, poi però è voluto tornare dal primario. Diceva il Teodolindo:
"E la dottoressa era carina ed esperta proprio in quella malattia, eh, ma lui voleva il primario! Ah 'sta fissa italica per voler andare sempre dal primario! Ah ah!"
I miei sorridono e continuano a mangiare.
Io mi gelo e guardo il Teodolindo negli occhi.
E lui capisce.
"È perche ho detto che la dottoressa era carina, vero?"
"Sì".
"Scusa. È che ho riportato quello che mi ha detto lui e non ci ho fatto caso. Scusa, non me n'ero accorto che l'avesse definita carina prima di tutto. Cazzo, hai ragione.".

Capito? Nessuno ne è immune.

E allora? Che si fa?

Si educa. Non ci si deve stancare di educare, di rompere i coglioni. Agli uomini e soprattutto ai bambini. Intendo alle femmine come, se non di più, ai maschi.
Come scriveva una femminista nera in una lettera immaginaria alle donne bianche

"Bake your sons cookies and serve them with a pitcher of fresh-squeezed lemonade while you impress upon them that they are not the center of the fucking universe despite what everyone says. Then, take your daughters for some retail therapy and explain to them that they are not the Hope Diamond personified even though every magazine, movie, teacher and textbook will have them believing they're the most precious commodity on earth."

Sig. Tenace sei avvisato: la tua mamma - speriamo accompagnata dal tuo papà - ti farà un culo quadro perché tu impari cosa significa la parità tra uomo e donna.







Monday, December 12, 2016

This Is Us

Ma voi lo guardate This Is Us?
No? Allora iniziate. Adesso.

Dopo averne sentito tanto parlare, e molto bene, il Teodolindo ed io finalmente abbiamo iniziato a guardarlo. Non abbiamo la televisione né di conseguenza l'abbonamento via cavo, così abbiamo comprato l'intera serie su google play (19.90 dollari). Sabato sera ce ne siamo guardate tre puntate. Di fila, così senza fiatare. E siamo poi restati ancora sul divano per altri 45 minuti a discutere di quello che ci aveva colpito.  

Perché guardarlo? 
Perché parla di famiglie reali, neanche così rare. 
Perché viviamo in un mondo e in un immaginario televisivo e cinematografico "lavato nel bianco" (whitewashed come si traduce?!) e questa serie è un sorso di acqua fresca che aiuta ad uscire dal nostro privilegio razziale.
Perché in America hanno eletto Trump. 

Chi dovrebbe guardarlo?
Quelli che pensano che l'amore da solo basta e che se c'è l'amore allora tutto, prima o poi, si sistema. (see, magari...)
Quelli che sono stati feriti, nonostante l'amore ricevuto o magari proprio a causa di esso, e hanno imparato a convivere con quelle cicatrici.
Quelli che dicono "Io non vedo il colore della tua pelle. Per me bianchi o neri siamo tutti uguali." (però, loro, sono bianchi...)
Quelli che passano di qui e hanno famiglie o amici in cui l'adozione ha giocato o sta giocando la sua parte. Questa serie dovrebbe essere OBBLIGATORIA ad ogni corso pre-adozione. Per inciso, alcuni adulti adottati sono stati contattati come consulenti dagli sceneggiatori, e si vede.

Tanto per dare un'idea a chi non conosce la serie, trattasi delle storie dei membri di una famiglia composta dal padre Jack, dalla madre Rebecca, due figli biologici gemelli, Kevin e Kate, tutti bianchi, e un figlio adottivo, Randall, nero.

Questo è il trailer



E questo è un dialogo



Randall: "I don't want to be different from them"
Papà: "Different from who? The kids at school?"
Randall: "If I get an A, I'll get ice cream and Kevin and Kate won't. And then they'll hate me"
Papà: "You know, your mom and me, we always try to treat you kids the same. It hasn't always worked because, well, you're not all the same. You're adopted and we don't talk about that enough."
E continua "Maybe I don't want you to feel like you stand out. But you know what? I want you to stand out. I want all of you to be as different as you can possibly be".

Buona visione. 
E se già lo guardate, sono curiosa di sapere cosa ne pensate.



In più, un articolo su come This Is Us spieghi bene cosa vuol dire essere un bambino nero in una famiglia bianca. 


Thursday, December 1, 2016

L'effetto Trump al di là del confine - post n.2

Ci eravamo lasciati qui.
Come posso spiegare come hanno reagito i Canadesi?

Raccontandovi quattro avvenimenti.

1) Lavoro in un ospedale universitario della McGill University, università anglofona, a Montreal, che è una metropoli multirazziale e multiculturale. Quindi sia chiaro che la popolazione che lavora con me non è la stessa che vive a Chibougamau.
Il giorno dopo le elezioni, c'era uno strano silenzio, come se nessuno volesse commentare. Due giorni dopo, all'accettazione del Dipartimento di Radiologia è comparso questo cartello:



2) Come ho già accennato, il Sig. Tenace va in un asilo - pubblico- in cui viene data precedenza ai bambini di famiglie cinesi. Il 30% dei suoi compagni hanno entrambi i genitori di origine asiatica, un altro 30-40% ha un genitore asiatico e l'altro no. Sono 50 bambini in tutto.
Il giorno dopo le elezioni, sul gruppo facebook dell'asilo, ben due genitori hanno riportato episodi di razzismo e aggressione verbale rivolti a loro e ai loro bambini proprio mentre si recavano a scuola. In un caso a bordo di un autobus, nell'altro per strada, in una via del quartiere dove la scuola si trova e che è, tra l'altro, uno di quelli con maggiore diversità razziale. In entrambi i casi le parole, urlate ("Time is up! Be ready to go back to your country!", "Things are going to change!") sono state dette da persone di mezza età, bianche; in entrambi i casi gli altri cittadini presenti hanno subito, immediatamente fatto fronte comune contro l'attacco verbale difendendo i genitori e bambini oggetto dell'aggressione.

3) In giro per Toronto e Hamilton sono stati affissi messaggi come questo. A Ottawa hanno disegnato svastiche su una scuola elementare.

4) La domenica successiva le elezioni siamo andati a Messa alla Parrocchia di Chinatown. Alla fine della celebrazione ci siamo fermati a chiacchierare con amici e loro, preoccupati, ci hanno detto che gli episodi come quelli riportati sopra, negli Usa, tra i loro amici e familiari, erano aumentati in modo esponenziale (avete visto Day one in Trump's America?). Hanno aggiunto che si sta creando una rete di contatti per sostenere le famiglie e gli amici, Asian American, che sono negli Usa:
"Abbiamo offerto loro ogni appoggio per venire qui, se dovessero averne bisogno o se la situazione diventasse insostenibile. Quelli che sono ancora a scuola o in ambiente universitario ci hanno risposto "Il nostro posto è qui. Se ce ne andassimo anche noi, chi farebbe in modo di cambiare le cose in futuro?" Vedremo come evolve la situazione. Noi rimaniamo a disposizione e il nostro dovere è far sapere le cose!"
Il Teodolindo ed io, nel nostro essere bianchi e privilegiati e genitori di un bambino indubbiamente non bianco, ascoltavamo.


In conclusione, il regno di Trump è già tra noi, prima ancora del suo insediamento.
Gli effetti della sua politica sono già attuati, prima ancora di prendere il potere.
La prima disastrosa conseguenza della sua campagna e della sua vittoria è stata la legittimazione di opinioni ed azioni che prima venivano taciute e soffocate.
Quella fetta di popolazione bianca che si sentiva pian piano spogliata dei suoi privilegi, in nome dei principi di eguaglianza e tolleranza, adesso si sente autorizzata a manifestare l'odio e l'insofferenza verso chi è diverso da loro e viene ritenuto responsabile del diverso assetto del mondo e della società.
Adesso sono tutti a dire "Oh, visto? Si è calmato. Nel programma dei suoi primi 100 giorni non c'è nessuno dei punti caldi della sua campagna."
Eh già, mi vien da pensare. Non ha bisogno di attuare fin da subito quelle politiche discriminatorie o intolleranti che gli hanno portato così tanti voti, perché c'è tutto il suo popolo che penserà a farsi giustizia da solo o a spargere la paura. Con il beneplacito delle personcine deliziose che ha chiamato a governare al suo fianco.
Non è Trump che spaventa, ma quelli che lo sostengono e che ora sono a briglia sciolta.
Di qua e di là dei confini americani.

La differenza, grossa, è che qui il governo e la maggioranza della popolazione canadese hanno ben altri principi, diametralmente opposti, e si è pronti a difenderli, quei principi.
Ma fino a quando? "Don't underestimate the power of the American culture!" dicono qui
Ne saremo capaci?
Anche se siamo isolati?

"We can keep our eyes open just for this subtle thing creeping into our communities. We can talk to each other when we see it. We can just demonstrate love to our kids by showing how in any neighborhood we build bonds no matter what our background. It's funny how being mad about something can bring you together, but I guess that cuts both ways."
Ian Daffern, scrittore e genitore, da qui




Per approfondimenti
Dietro la vittoria di Trump c'e' la rivincita dell'uomo bianco.
The real reason Donald Trump got elected? We have a white extremism problem.
Making America white again.

Friday, November 25, 2016

L'effetto Trump al di là del confine - post n.1

Cosa vuol dire in Canada che i vicini del piano di sotto abbiano eletto Donald Trump come prossimo presidente?
Come hanno reagito i Canadesi?

Prima di parlare dell'effetto Trump da questa parte del continente nordamericano, c'è bisogno di qualche premessa utile per capire le relazioni tra i due Stati. Per non appesantire il post, do la precedenza alle immagini, anche perché questo non vuol essere un'analisi sociologica e politica, ma solo il punto di vista di un'immigrata che guarda con occhio ibrido il mondo che la circonda.

Come gli Americani vedono il Canada
-Per gli Americani in genere, il Canada è uno stato socialista. Per fare un esempio, nel 2013 ero ad un congresso di neuroradiologi americani a San Diego e si discuteva la riforma Obamacare. 'Sti neuroradiologi americani, che neanche vi potete immaginare quanto guadagnano, erano terrorizzati dall'impatto della riforma sul loro stipendio. Ad un certo punto una tizia è salita sul podio al microfono e ha detto: "Ma vi rendete conto? Qui rischiamo di diventare come i Canadesi!". Orrore.

-Negli Usa le battute sui Canadesi gentili, cortesi e remissivi sono un classicone


"Canadian Graffiti", in un episodio dei Simpson


-Un altro super classico è che gli Americani pigliano per i fondelli i Canadesi, ma ogni qualvolta le cose girano male negli Usa iniziano a dire "Male che vada ci trasferiamo in Canada!". Seriamente.
Prima delle elezioni, in rete giravano questi poster



E la notte dell'elezione, il sito di Canada Immigration è andato in tilt.

Siamo davvero in uno Stato socialista?
Ma neanche per un cazzo.
I liberali canadesi sono conservatori per noi Europei. Il Sistema Sanitario, di cui per inciso i Canadesi si vantano, è pubblico per modo di dire. Certo, non stiamo come negli Usa, ma neppure come in Europa. Qui, per farvi un esempio, gli esami diagnostici sono gratis, ma i farmaci si pagano. Quando si discute la terapia di un paziente con tumore, si guarda prima la sua assicurazione per capire quanto sarà rimborsato o se non dovrà fare un mutuo per pagarsi la chemioterapia. Socialisti?

Chi c'è al Governo
Qui sta l'enorme differenza con gli Usa e anche con il resto del mondo.
I Canadesi, nel novembre 2015, dopo nove anni di governo conservatore, hanno eletto il Sig. Justin Trudeau, liberale, classe 1971, figlio di uno stimato ex-primo ministro.
Signore e Signori, vi presento il Sig. Trudeau:






Questo è il governo da lui formato:


50% donne, 50% uomini. Cinque minoranze razziali visibili, tra cui due ministri autoctoni (mai capitato prima). Un ministro con disabilità motoria. A proposito di rappresentare e dar voce alle minoranze...

Quando un giornalista gli ha chiesto:
"Come mai un governo in cui donne e uomini sono presenti in egual numero?"
Lui ha laconicamente risposto:
"Because we are in 2015"

Inoltre
-Ha parlato alle Nazioni Unite sulla situazione delle donne (video) dicendo più o meno
"Ogni volta che dico che sono femminista, la gente applaude e si esalta, invece non dovrebbe essere un'affermazione che crea una tale reazione. Continuerò a dire forte e chiaro che sono femminista fino a quando le mie parole susciteranno solo un'alzata di spalle. "
 -È stato il primo Capo del Governo a partecipare al Gay Pride di Toronto;



-Ha attuato da subito una politica ambientale aumentando progressivamente il prezzo del carbone e minacciando di commissariare le singole province che non si adeguano.



Abbiamo di fronte una speranza della politica internazionale o solo un gran paraculo? Forse un po' di entrambe le cose.
Io resto scettica e lo aspetto al varco perché un anno di governo è troppo poco per formulare giudizi.

Quel che è indubbio è che le parole di chi governa contano, anche solo le parole prima dei fatti, ed hanno una ricaduta enorme su come i cittadini vivono e si comportano.

Detto questo, qualcuno di voi si sarà fatto un'idea su come possano aver reagito i Canadesi alla vittoria di Trump. Ma le cose non sono così semplici come sembrano e di questo parlerò nel prossimo post...

Tuesday, November 22, 2016

Quale dei tre?

C'ho in testa almeno tre post. Tre.
E non riesco a decidermi su quale scrivere.

-Uno su tre ricette con la zucca, che è bella, buona, di un arancione magnifico e a casa nostra ci accompagna da novembre a gennaio, almeno. E per noi zucca significa "casa autunno". E a questo post ci penso e mi scalda il cuore.

-Uno sull'effetto Trump visto dall'altra parte del confine americano. Che mi sono rotta i coglioni di sentire gente qui, in Italia e in Europa, miei genitori inclusi, che dicono "No, ma guarda che poi si calma!" oppure "Sembra Berlusconi!" o "Quante similitudine con l'Italia!" o ancora "Ma vedrai che tutti lo terranno d'occhio!". Se la pensate così, non avete capito dove sta il problema. E a questo post ci penso e mi girano le balle e divento una carogna.

-Uno sulla cosa che più mi manca dell'Italia. Che non è la pizza, né la mozzarella, né l'arte. E a questo post ci penso, poi guardo il Teodolindo e gli dico "Sei diventato Canadese", e mi viene nostalgia.

E bon, nell'attesa di decidermi rifletto e metto nero su bianco l'indecisione.


Wednesday, November 16, 2016

Una cosa bella

Ho pensato che in questi giorni abbiamo bisogno di cose belle.
E magari anche di cose sublimi.

Per me una delle cose più belle di Montreal, ogni giorno dell'anno, ma più che mai in autunno, è questo albero. Il mio amato. Lo vedo almeno una volta al giorno. Fa più lui che tante parole, a volte il solo vederlo mi aggiusta la giornata.



Ah, per la cronaca. La foto è stata scattata qualche settimana fa e non ha alcun ritocco ai colori. È così al naturale.

Friday, November 11, 2016

So long, Leonard

Leonard Cohen è morto come quelle persone che quando muoiono si portano dietro un pezzo di città e nello stesso momento, in quella città, diventano eterne.



Non poteva morire in un giorno diverso. Qui a Montreal è una perfetta giornata di autunno. C'è il sole, c'è il vento, c'è il freddo pungente, ci sono le foglie gialle più del sole. E le persone si stringono nei colli delle loro giacche e tu puoi giurarci che in testa hanno

Yes, and Jane came by with a lock of your hair
She said that you gave it to her
That night that you planned to go clear
Did you ever go clear?

Si respira Leonard Cohen oggi a Montreal.
A Place du Portugal, su cui si affaccia la sua casa.
A Westmount dove è nato.
Nel Mile End dove è impossibile non immaginarlo.

Leonard Cohen e Montreal è il paradosso.

Lui che da Montreal è fuggito sapendo di appartenervi per sempre. Fuga e rifugio, scrivono i giornalisti.
Lui che di Montreal diceva
I have to keep coming back to Montreal to renew my neurotic affiliations.
E anche

I feel at home when I’m in Montreal, in a way that I don’t feel anywhere else. I just love it. I don’t know what it is, but the feeling gets stronger as I get older.

Lui che in modo unico sapeva incarnarne la malinconia e la joie de vivre assieme.
Lui che ne cantava il sacro con sguardo da non credente.
Lui che per sempre sarà la colonna sonora sussurrata di una città intera.

Oggi, a Montreal, la morte di Leonard Cohen ne celebra la presenza.



There is a crack in everything 
That's how the light gets in.





























[Foto dal The Globe and Mail]

Thursday, November 10, 2016

Grace


Phillip Lim

Questo qui sotto è il post di instagram che Phillip Lim, stilista americano di origine cinese, aveva scritto qualche tempo fa, prima delle elezioni di ieri, in modo leggero ma efficace





Questo è quello che ha scritto ieri, ed io l'ho trovato talmente bello che mi ha emozionato.




Grazia.
Abbiamo bisogno di grazia. Avremo bisogno di grazia.
Ne avranno bisogno soprattutto quelli che come Phillip Lim - e lui tra loro è un privilegiato! - saranno l'oggetto di micro e macroaggressioni sdoganati dal risultato di queste elezioni americane.




Phillip Lim è la mia ultima cotta strastosferica. Sono innamorata di qualunque cosa dica, faccia e dei suoi modi. Il Teodolindo lo sa e, tra l'altro, lo ama anche lui.

Monday, October 31, 2016

I bambini tenaci

Un Sig. Tenace ce l'ho a casa.
Il nome lo sapete da dove deriva, non gliel'abbiamo dato noi, ma chi per primo ha scoperto la sua personalità e la sua capacità di resistenza.

Di bambini tenaci è pieno il mondo, ma a volte la tenacia e la capacità di essere dei Mr. e delle Miss Fighter si rivelano solo in condizioni speciali, quando la vita mette alla prova.

I bambini adottati, spesso se non sempre, sono dei Mr. e delle Miss Fighters.
I bambini malati, spesso se non sempre, sono dei Mr. e delle Miss Fighters.

Ha fatto bene, allora, il SickKids Hospital di Toronto a lanciare questa campagna in cui i bambini, le loro famiglie e il personale sanitario sono rappresentati in un modo inconsueto.
Di campagne mediatiche strappalacrime sulla pena che fanno i bambini malati è pieno il mondo e, per quanto possano essere efficaci, veicolano il messaggio che la malattia e le prove della vita ci rendono vittime. E se invece spostassimo l'accento sulla tenacia? Sulla combattività?
Otteniamo questo.




Come neuropediatra, per di più mamma di un bambino tenace, questo video non poteva che toccarmi dritto al cuore e farmi esclamare "Grandi! Ma perché non ci hanno pensato prima!?". Chi queste cose le vede ogni giorno avrà probabilmente lo stesso effetto (Amanda sei avvisata ;)


Lo stesso discorso può essere fatto sull'adozione, e qua, se allarghiamo un po' il campo si rischia di ritornare alle famigerate discussioni sui bambini fortunati - qui e qui. Tutto sta nel come guardiamo le cose.
"Ecco a voi Giacomino, vittima di un abbandono".
"Ecco a voi Giacomino, che è riuscito a sopravvivere ad un abbandono".

Se la prima presentazione mi fa dire "Ah povero Giacomino! Che compassione!" (per arrivare fino a "Che fortunato Giacomino che ha trovato una famiglia!"), la seconda mi provocherà piuttosto un "Grande Giacomino! Che bravo! Io non so se ce l'avrei fatta! Ti ammiro!".


Cambiamo prospettiva, ci state? I bambini tenaci ne hanno bisogno ;)

Thursday, October 20, 2016

Le due mamme

Questo è forse il post più intimo che io abbia mai pensato di scrivere.

C'è una persona a cui da poco più di un anno mi sento legata in modo speciale. Unico. È costantemente presente nei miei pensieri di ogni giorno. Sento per questa persona un legame quasi viscerale, che però non abbiamo mai avuto e mai avremo. Al contrario, non potrebbe essere più distante dal viscerale, la relazione che io e questa persona condividiamo. È la vicinanza estrema e la lontananza abissale insieme. Indissolubili.

Non è il Teodolindo, ovviamente.
Non è neppure il Sig. Tenace.

È la mamma della Cina.

Così la chiamiamo. La donna che ha dato la vita al Sig. Tenace, che ha probabilmente sentito il suo primo pianto e ha sentito il suo odore per prima al mondo. Quella di cui lui ha ereditato metà dei geni. Quella di cui forse ha il sorriso? Gli occhi? I capelli? Parte del carattere? Forse. Non lo sappiamo e ci sono alte probabilità che forse mai lo sapremo. E questa cosa, spesso, mi manda fuori di testa.

La mia amica Alice ha scritto questo post su cosa sia per lei essere madre adottiva rispetto ad essere madre biologica.

Come lei, nemmeno io so cosa voglia dire essere madre biologica. Non lo sono e mai lo sarò e siamo felici così. L'adozione non è mai stato un piano b, è sempre stata una scelta che è venuta ben prima del sapere che il Teodolindo ed io pare non siamo dei grandi procreatori.

Però posso dire che cosa vuol dire per me essere madre adottiva.
Vuol dire condividere l'essere madre con un'altra donna. Siamo in due. Noi mamme del Sig. Tenace siamo due. 

L'ha detto molto meglio di me Dan Matthews, uomo adottato dalla Corea che proprio recentemente ha ritrovato la sua famiglia biologica ed ha poi assistito all'incontro tra le sue due mamme. Potete leggerlo qui, con le sue parole, e ve lo consiglio di cuore perché è un racconto magnifico.

Le due madri di Dan. da qui

Everything has come full circle. I recently returned from a trip to Korea where my mom (adoptive mother) met my biological mother for the very first time. [...] While they were embracing, I kept thinking about every single moment that had to have happened in our lives for them to finally meet. These two women with incredibly different lives and personalities -- who otherwise wouldn't have any other connection -- now bound together. I could see how much it meant to them to meet one another -- to have a sense of closure on this chapter in their lives.
 Dan Matthews, When my moms met. 


[Mia traduzione: "Il cerchio si è chiuso. Sono tornato di recente da un viaggio in Corea dove mia mamma (la mia madre adottiva) ha incontrato la mia madre biologica per la prima volta. Mentre si abbracciavano, ho continuato a pensare a tutti gli eventi che sono dovuti capitare nelle loro vite perché finalmente si incontrassero. Queste due donne con vite e personalità incredibilmente differenti, che altrimenti non avrebbero avuto nessun'altra connessione, adesso sono legate. Posso capire quanto fosse importante per loro conoscersi e avere la sensazione di chiudere un cerchio in questo capitolo della loro vita."]

E ancora:
Although I am connected as their son, their feelings of being united are way beyond my level of comprehension.
[Sebbene io sia legato a loro in quanto figlio, il loro sentimento di unione supera la mia capacità di comprensione.]



Ho scritto sopra che, per il contesto in cui avvengono le adozioni in Cina, sarà molto difficile riuscire a ritrovare i genitori biologici del Sig. Tenace. Ma io non dispero e spero un giorno di poter incontrare la mamma della Cina. E se quel giorno dovesse mai arrivare, so già cosa farò. Starò in silenzio accanto a lei perche non credo ci sarà bisogno di tante parole.






Thursday, October 13, 2016

Autodiagnosi e autoanalisi


Ne ho sempre sofferto, ma se possibile sta diventando peggio con il tempo.
La sindrome dell'impostora.
Va be', lo dico un po' scherzando, ma anche no.

Dicesi sindrome dell'impostore quel fenomeno per cui un individuo non riconosce il proprio successo se non come dovuto al caso o, più precisamente per quel che mi riguarda, quella sensazione che prima o poi gli altri capiranno che io in fondo non sono capace di fare le cose che sembra io riesca a fare. E qualcuno in mezzo alla sala si alzerà e dirà: "Questa tizia è un'impostora! Fa finta di sapere le cose ma in realtà non ci capisce niente" E io con il capo chino e cosparso di cenere ammetterò: "Sì, è vero. Mi avete beccato. Vi ho ingannati per più di trent'anni, ma è così".



Leggo su wikipedia - proprio perché io uso fonti di informazioni autorevoli - che la sindrome sembrava inizialmente essere più frequente nelle donne con percorsi lavorativi di successo e che sia comunemente associata all'attività accademica. Eccomi qui. Presa in pieno.

Da altre parti, non ricordo più (notate di nuovo come io sia precisa con le referenze bibliografiche), avevo letto che la sindrome dell'impostore è molto frequente nelle donne in ambito professionale perché il senso di inadeguatezza provato è il risultato di una società dominata da modelli maschili. E anche qui mi ci ritrovo.

Con questi sentimenti convivo da decenni e la giornata di oggi non ha fatto eccezione.
Ho dovuto tenere un seminario a tutta gente di laboratorio. Io che di formazione proprio non sono di laboratorio, che guardo sempre tutto con occhio clinico, ma che poi a fare il medico e basta non ci riesco. E allora parlavo e presentavo e mi sembrava di camminare su un campo minato. Scrutavo gli sguardi di chi ascoltava e cercavo di capire se pensassero che stessi dicendo minchiate.

Poi sono tornata nel mio studio riflettendo sul fatto che io, con la mia sindrome da impostora, cerco comunque sempre la zona grigia: sono la neurologa appassionata di radiologia, sono il clinico che vuole fare ricerca, sono l'italiana che lavora in due lingue non sue. Sono l'ibrido per eccellenza e rifuggo gli incasellamenti in una categoria sola. È nella zona grigia che mi diverto.
Ma la zona grigia scatena la sindrome.

C'è qualcun'altro/altra affetto là fuori? Lo so che ci siete! Fatevi avanti, per favore. Condividiamo la sofferenza. :)

E se ne soffriva anche Maya Angelou...


Friday, October 7, 2016

In ritiro

Non avevo mai partecipato ad uno di questi eventi che qui vanno tanto e che consistono nel prendere un laboratorio di ricerca, inteso come "persone che ci lavorano", e portarlo in un luogo isolato e possibilmente bello per farne? cosa di preciso? Non mi era chiaro.
Ah sì, dicono: per fare il punto della situazione, ma anche per poter sgombrare la mente dalla quotidianità e pensare in un modo diverso alla ricerca che si sta facendo. Un po' come un ritiro spirituale, mi verrebbe da dire, solo che di lavoro. Con in più l'aspetto di socializzazione.

Quest'anno mi è toccato. L'avrei evitato. Invece, adesso, ad una settimana dal Lab Retreat devo dire che sono contenta di esserci andata e ci tornerei.

Siamo partiti giovedì e siamo giunti in questo posto.



Che a me già veniva da dire: "Ma adesso, qui in questo luogo meraviglioso, noi ci dobbiamo rinchiudere in una stanza a vedere presentazioni powerpoint e a discutere di progetti di ricerca?! Ma che è? Masochismo? Ma lasciatemi a Montreal, se devo proprio lavorare!". E invece boh, sarà stata davvero l'atmosfera, ma il pomeriggio di lavoro si è rivelato interessante e proficuo.

Abbiamo finito verso le cinque, e ci aspettavano frigoriferi di birre e buste di patatine e bevendo e mangiando siamo arrivati all'ora di cena. Lì, sul molo a chiacchierare. Io dopo una birra già stavo allegra.

I canadesi traghettano verso il ristorante


A cena mi hanno raggiunto il Teodolindo ed il Sig. Tenace, visto che ne avremmo approfittato per passare il weekend fuori città. Entrambi, in modi naturalmente diversi, hanno manifestato sorpresa per il clima festaiolo del gruppo: "Ma non doveva essere un "retreat"? A me sembra più una gita di terza liceo!" mi ha sussurrato il Teodolindo.

E ci aveva visto lungo. Il mattino seguente noi tre famiglia felice eravamo in piedi alle 6.15 come sempre (il Sig. Tenace ha una sveglia interna, posizionata poco sopra l'ombelico, che fa "Colazione! Colazione!" appena spuntano i primi raggi del sole). La maggior parte degli altri partecipanti era andata a dormire alle 3 di notte, dopo aver passato la serata a cantare attorno al fuoco, e si è quindi presentata a colazione molto più tardi.

L'essere morning people ha sempre i suoi indubbi vantaggi. In questo caso questi:

Il vantaggio di svegliarsi presto.


Peccato non si senta il silenzio.

E dopo una sostanziosa colazione, il trio delle meraviglie si è dedicato all'attività per noi immancabile quando ci si trova su un lago canadese.

Remare.


Dalla canoa. Il lago ci aspetta.

Solo che stavolta, per la prima volta, avevamo 20 kg in più. Che si muovevano, parlavano e non remavano, anche se avrebbero voluto ed erano stati dotati di un piccolo remo in legno. Molto pericoloso, un remo di legno, in mano al Sig. Tenace.
L'equipaggio non remante ha molto amato l'esperienza, che continuerà quindi ad essere praticata in futuro. Laghi del Canada, siete avvisati.

Row, row, row your boat, gently down the stream...







Tuesday, October 4, 2016

Biciclette e Alouettes

Post in diretta.
Sempre in merito al mio posto di lavoro, piuttosto assurdo.

È da stamattina che sono al telefono con le Alouettes di Montreal, colpevoli di avermi portato via la bici domenica scorsa.



Giovedì io ero partita per il lab retreat (segue post), lasciando la mia bici legata alla cancellata sotto gli spalti, come sempre. Recidiva, avevo dimenticato di controllare il calendario delle partite e questi energumeni che si lanciano la palla e si provocano traumatismi cranici giocavano proprio domenica. Quindi, chi organizza loro le partite ha pensato di tagliare il mio lucchetto e portare via la bici.
Dove essa sia resta per ora un mistero.
Ho già parlato con quattro persone diverse che si rimpallano la responsabilità.
Quelli della security di McGill mi han consolato dicendomi che non sono l'unica a cui sia successo. Oltre a telefonare, mi sto anche scambiando email con gli altri malcapitati, per capire come ritrovare le disperse.



Aggiornamento (7 ottobre): Bici ritrovata! Era in un deposito sotto lo stadio :)))

Monday, September 26, 2016

La domanda della domenica

Domenica di sole abbagliante e cielo blu e inizio di aria autunnale.
Passeggiamo dopo essere andati a Messa, è mezzogiorno e chiedo al Sig. Tenace:

"Sig. Tenace, dove vuoi che mangiamo oggi? A casa o da Derek?"

E lui senza la minima esitazione, con un ritardo di nemmeno un nanosecondo rispetto alla fine della mia domanda, urla

"Derek!!"

Bravo, risposta giusta.

I pancakes della Maison Publique.

Friday, September 23, 2016

Come fare la marmellata

Questo non è un post su come fare la marmellata.
Questo è un post su come fare la marmellata quando il vostro coniuge ha ordinato per sbaglio 5-6 kg di prugne e vi sono state consegnate proprio alla vigilia di un fine settimana in cui sarai occupata per lavoro fino alla domenica sera.

1. Venerdì, sabato, domenica. Fare pace con i sensi di colpa. Ogni volta che passerai dalla cucina le prugne ti guarderanno battendo l'indice sull'orologio, come le signorine nei poster della Lorenzin sul fertility day. Impara ad ignorarle.

2. Lunedì sera, ore 20.30. Dopo aver cenato, fatto il bagno e messo a letto il Sig. Tenace, snocciolare e tagliare le prugne. Ci vorrà pazienza. Ci si mette lì in due, con un podcast interessante da ascoltare (noi questo) e si snocciola. Poi si pesano le prugne, le si mette in una pentola e si lasciano in frigo fino al mattino.

3. Martedì mattina, ore 6.30. Mentre si prepara la colazione, mettere a cuocere le prugne insieme a 300g di zucchero per kg di frutta. Più un mezzo bicchiere di acqua, così tanto per fare. Lasciar cuocere la marmellata a fuoco basso per 30-40 minuti da quando sobbolle.
Nel frattempo, in un'altra pentola, sterilizzare i vasetti e i coperchi.
A questo punto sul fornello si avranno: pentolino con il latte, pentolona della marmellata, pentolona per i vasetti. Il quarto fuoco sarà occupato dalla padella per far saltare zucchini e riso per le schiscette mie e del Teodolindo.
Il Sig. Tenace sarà già seduto a tavola a reclamare la colazione. Il coniuge sarà come sempre eccellente nel gestire la situazione.

4. Far colazione facendo finta che niente stia accadendo e che non si debba essere al lavoro tra 40 minuti. Dare le spalle al fornello e negare che si debba ancora procedere all'invasettamento aiuta nel potersi godere la colazione.

5. Truccarsi e prepararsi per uscire.

6. Ore 7.20, già vestite e pronte per il lavoro invasettare la marmellata, ancora bollente. È caldamente consigliato vestirsi di scuro o mettersi un grembiule ampio in caso di schizzi o gocce di marmellata volanti.

7. Ore 7.30. Cambiarsi la deliziosa gonna a righe bianche e azzurre e ora anche a pois color prugna. Non avevo ancora imparato il punto 6.

8. Ore 7.40. Mettere a riposare i vasetti a testa in giù. Baciare i due uomini di casa e uscire per andare al lavoro.



9. Dimenticarsi il fornello che resta in queste condizioni fino a sera. La parte più ardua sarà convincere il proprio coniuge a dimenticarsene anche lui, visto che il maniaco delle pulizie in casa è lui.






Tuesday, September 13, 2016

Tre cose sulla prima lezione di cinese

1) È difficile.
[Sento come delle risate in sottofondo provenire da chi legge come a dire "Ma va'?!"]

2) La cosa al momento per me osticissima sono i famigerati quattro toni che cambiano completamente il significato di una parola.



Si veda questo video a titolo di esempio



Da giovedì scorso io ripeto i quattro toni durante ogni attività che me lo permetta: mentre faccio la doccia, pedalo in bici, cucino, ... Dopo soli due giorni, il Teodolindo, sabato scorso, si è un po' spazientito. Adesso lo faccio solo mentre pedalo in bici.

3) La parte che mi piace di più è scoprire il sistema di scrittura e di costruzione delle parole e concetti.

Ad esempio, questo è "cane"   
e questo è "bocca"    
Se li metto insieme ottengo    
bocca+cane significa "abbaiare", che mi sembra più che logico.
E se metto due bocche sopra il cane ottengo    
che significa piangere, perché ogni tanto il pianto umano ricorda il guaito di un cane.

A me 'sta roba piace da impazzire.





Thursday, September 8, 2016

Il primo giorno di scuola



Stamattina e andata più o meno così, tra me e il Teodolindo.
"Oggi inizio la scuola!", dico io, ancora a letto, due minuti dopo la sveglia, alle 6.32.
"Robi, mi raccomando, non fare la prima della classe:
non rispondere sempre tu;
non alzare sempre la mano;
non chiedere compiti extra come facevi al liceo..." 
"Ma io ho una grande motivazione, che magari gli altri studenti non hanno!" 
"Ecco, appunto. Come ti stavo dicendo..."

Tra un paio d'ore sarò sui banchi di scuola per la mia prima lezione di cinese e devo pure limitare il mio entusiasmo?! Scherziamo?!


Tuesday, September 6, 2016

Impara le lingue con il Sig. Tenace - A scuola

Nel processo di apprendimento di molteplici idiomi di cui il Sig. Tenace è protagonista - o forse dovrei dire vittima - un ruolo principale tocca alla scuola.

Piccola premessa sul sistema scolastico in Quebec. È, fortunatamente, per la maggior parte, ancora, pubblico. Si iscrive il proprio figlio in un sistema centralizzato di gestione delle richieste. Si indicano, se è il caso, le esigenze speciali della famiglia o del bambino (es. famiglia monoparentale, problemi di sviluppo,...) e poi, se si vuole, si possono specificare le preferenze per alcune scuole sulla base di prossimità logistica a casa o al luogo di lavoro o di altri fattori. Ad esempio, gli asili delle università offrono la priorità ai figli dei bambini degli studenti, dipendenti e professori dell'ateneo.

Noi avevamo indicato come prima preferenza un asilo non proprio vicino a casa, ma che dava la precedenza ai bambini di origine cinese. Quando siamo andati a visitarlo, dopo una semplice telefonata "Scusi posso venire a vedere il vostro asilo?" "Sì, passi pure anche tra un'ora", che a me già predisponeva bene, la scuola ci aveva fatto un'ottima impressione per la disponibilità e l'apertura del personale e perché avevamo notato che effettivamente almeno il 30-40% dei bambini e delle maestre erano asiatici. Il Teodolindo ed io, infatti, volevamo che il Sig. Tenace potesse stare in un ambiente "diversificato"*, in cui, in altre parole, lui non fosse l'unico bambino asiatico in mezzo ad un mare di bambini quebecois de souche, biondi con pelle chiara, che parlano solo francese. E che potesse continuare ad essere esposto al cinese.

Si può quindi immaginare la nostra contentezza quando il direttore della scuola ci ha chiamato pochi mesi dopo la nostra visita per dirci che c'era un posto per il Sig. Tenace.

Il Sig. Tenace si è trovato in una classe di otto bambini, lui incluso, tutti di età compresa tra i tre anni e i tre anni e mezzo, così composta:
-tre bambine di origine cinese, tutte bilingue cantonese-inglese
-una bambina di madre cinese e papà vietnamita, trilingue cantonese-vietnamita-inglese
-un bambino bianco, bilingue anglofono e francofono
-un (povero) bambino di origine brasiliana, monolingue portoghese e qualche parola di francese pipi, caca, dodo
-un bambino di padre anglofono e madre cinese di seconda generazione, anglofono.

Ricordo a chi legge che la prima lingua madre del Sig. Tenace è il mandarino, la seconda l'italiano, adesso inizia a farsi strada anche l'inglese mentre di francese per ora sono pervenute solo tre parole (dodo, merci, ruelle).

La maestra è del Salvador. Trilingue spagnolo, inglese, francese.
La tirocinante è cinese, e parla mandarino. È l'unica, finora, a pronunciare il nome del Sig. Tenace in modo corretto, tant'è che i bambini la correggono e lei deve ri-correggere loro.

La ciliegina sulla torta? L'educatrice della classe accanto è marocchina, ma aveva lavorato ben cinque anni a Mondovì quindi parla un ottimo italiano con perfetto accento piemontese. Una manna dal cielo.





In questo contesto, se siamo ottimisti, tra qualche decennio il Sig. Tenace dovrebbe imparare a parlare. In quale lingua non si sa. Speriamo bene.



*non so se esista questo termine in italiano. Silvia Pareschi, come si dice "racially diverse"?!

Monday, August 29, 2016

Post sconclusionato sul mio luogo di lavoro

Io lavoro qui.
Praticamente ad Hogwarts.


Per esser precisi, lavoro nel primo edificio a destra, quello sullo sfondo rispetto alle due torri, che alle due torri è collegato tramite un passaggio sospeso al terzo piano.
L'ospedale è stato voluto cosi da due signori scozzesi (ma va'!? Chi l'avrebbe mai detto?!) nel 1893. Fino all'anno scorso tutto il "castello" era occupato dall'enorme ospedale generale e, di lato, dal suo affiliato istituto neurologico (eccomi!).  La struttura è a dir poco fatiscente e dai costi di mantenimento proibitivi, quindi tutto il Royal Victoria Hospital è stato trasferito in un mega-polo ospedaliero fuori dal centro della città. Siamo rimasti noi e il castello semi vuoto.

Il Castello è a ridosso della montagna e ha più ingressi, di qua e di là dal monte. Il che vuol dire che si potevano ricevere indicazioni come la seguente:
"Prenda l'ascensore fino all'ottavo piano, faccia il corridoio alla sua destra fino ad un altro ascensore e quindi salga al terzo piano."
"No, scusi, se arrivo all'ottavo piano, poi scendo al terzo!"
"No, sale al terzo piano, perché dopo il corridoio l'ottavo piano diventa il primo piano".
Inutile dire quanti pazienti si perdessero regolarmente. Il Teodolindo, che era seguito lì per la celiachia, ogni qual volta dovesse fare una visita medica, mi chiedeva di accompagnarlo perché "poi so già che mi perdo e ti telefono e mi devi venire a recuperare".

Dal lato opposto alla montagna, l'ospedale dà direttamente sullo stadio Molson, dove giocano in casa i Montreal Alouettes, squadra della McGill di football americano.

Questa è la vista dalla finestra di dove lavoro io:

Io dalla mia finestra vedo lo stadio


Quando è giorno di partita, l'ospedale diventa un bunker blindato, in cui è difficile entrare ed è quasi impossibile uscire. Tutti gli accessi tradizionali sono bloccati e si deve fare un giro dall'alto. Conosco medici che vengono al lavoro alle sei, in quei giorni, per non dover fare giri dell'oca passando per il monte, pur di entrare a lavorare. Poi non sanno più come andare a casa.

Io immancabilmente dimentico quando giocano gli Alouettes e arrivo bella bella fischiettando in bicicletta quando vedo i posti di blocco che mi indicano che no, non posso proprio passare da lì. Per la cronaca, io di solito arrivo da dietro gli spalti, più o meno dove c'è il riflettore nella seconda foto. Nei giorni di partita quella zona è off-limits.
Così è stato venerdì scorso, quando ho dovuto scarpinare su per la montagna, dove ci sono le residenze studentesche, per poi ridiscendere. Ero in ritardo, così ad un certo punto ho pensato di tagliare su per il prato. Ero lì che imprecavo, contro me stessa che non guardo il calendario e contro gli Alouettes che fanno pure uno sport da traumi cranici, e vedo qualcosa che si muove accanto a me.
Una marmotta.
Tranquilla paciosa che fa colazione sul prato, e poi se ne va giù per il suo cammino.

la foto non è mia e la marmotta non so se sia la stessa vista da me, ma ci assomiglia molto


Niente, io penso che lavoro in un posto abbastanza assurdo.

Thursday, August 18, 2016

Due... quattro ingredienti per le frittelle

Queste sono in assoluto le frittelle più veloci, e tra le più buone, che io abbia mai assaggiato per colazione. Se ne trovano diverse varianti su internet sotto il nome di "two ingredient pancakes", perché la ricetta originale prevede solo banana e uova. Stop.
Io ho aggiunto due ingredientini che avevo a portata di mano, perché le volevo più golose.
A ricetta veloce, corrisponde post sintetico, quindi trascrivo la ricetta ed invito chiunque passi di qui a provarla. Sono di una semplicità estrema e di una bontà strabiliante.

Per sette-otto frittelle, ci vogliono

1 banana matura, schiacciata con la forchetta
2 uova
3 cucchiai di farina di mandorle, o di mandorle tritate (facoltativo)
1 manciata di mirtilli (facoltativo)

Sbattere le uova con la banana schiacciata, aggiungere la farina di mandorle e i mirtilli.
Mescolare.
Friggere in una padella in cui si è fatta sciogliere una noce di burro.
Servire con sciroppo d'acero.




In altre parole, come stupire e fare felice i propri uomini in una mattina qualunque, prima di andare al lavoro.

Monday, August 8, 2016

Un'altra idea di vacanza

A giugno siamo stati due settimane in Italia e chi vive lontano sa che il rientro in patria non coincide quasi mai con il concetto di "vacanza", visto che si passa il tempo tra una visita ad una zia e la cena con gli amici che non si vedono da mesi. Bello, ma non propriamente riposante.

Così, fin da prima di partire, il Teodolindo ed io avevamo concordato che, lungo l'estate, avremmo preso ancora qualche giorno di ferie da trascorrere in qualche bell'angolo del Quebec, soli noi tre.

Invece poi, riflettendoci, abbiamo capito che più che di momenti in famiglia avevamo bisogno di tempo per noi due soli, perché, come si dice in francese
Le premier enfant du couple est le couple.

o, parafrasando in italiano, "il primo figlio di ogni coppia è la coppia stessa".

Non potendo, però, e non volendo, lasciare il Sig. Tenace ad altri per tempi prolungati, ecco quindi che ce ne siamo venuti fuori con un'idea alternativa di vacanza. Questa.

Almeno una volta a settimana il Teodolindo ed io sgattaioliamo fuori dal lavoro e ci prendiamo delle lunghe pause pranzo. Ci diamo appuntamento in un locale in cui non siamo mai stati, e ci facciamo dei signori pranzi. E ci godiamo il fatto che i camerieri ci guardino o come due turisti in vacanza o come una coppia galeotta ("Conto insieme o conti separati, signori?").
Così facendo abbiamo scoperto alcuni posti che si sono rivelate piacevoli sorprese, soprattutto per i dettagli

Il nostro tavolo da Butterblume

Il nostro pranzo da Butterblume. Ravioli divini.

Il decoro e le stampe giganti del Cafe Falco (foto da qui). Ne voglio una.

Infine, lunedì scorso era un giorno di ponte per dove lavoro io. Non ho ben capito che ricorrenza fosse, ma si stava a casa. Il Teodolindo si è preso un giorno di ferie pure lui, abbiamo portato il Sig. Tenace all'asilo, come sempre, e poi ci siamo goduti una giornata intera per noi.

Non capitava da più di un anno. All'inizio sembravamo due adolescenti. Elettrizzati, e un filo ridicoli.

Avevamo deciso di dedicarci ad esplorare una zona della città che ci piace, ma non conosciamo molto: la vecchia Montreal, ovest. Quartiere elegante, altero. Da visitare con il naso all'insù.

Vieux Mtl West by Absurde Production (ovvero il nostro amico Roberto) on Vimeo.


Esplorare, per noi, significa girare senza meta, fermandoci per un caffè

Tommy's è il nostro nuovo coup de coeur. Foto da qui.

I nostri due "latte" con torta al limoncello senza glutine. Si scioglieva in bocca. Meravigliosa.



scoprendo nuovi artisti,



Feed. Lysanne Pepin, 2011.



poi pranzare all'ora che capita, prendendoci pure un cocktail perché siamo in vacanza, diamine!

Venice Montreal. Ovvero, la California in Quebec :)


Tacos, altro piatto in stile Pacific Beach e cocktail vodka e altra roba.


Alla fine, dal sentirci due ragazzini al primo appuntamento, siamo presto tornati ad essere quel che siamo: la miglior compagnia, l'uno dell'altra. E facciamo già programmi per il prossimo lunedì di vacanza insieme [a inizio settembre :)]







Friday, July 29, 2016

Impara le lingue con il Sig. Tenace - cap. 2

Dicevamo che il Teodolindo ed io ci troviamo ad essere testimoni di come il Sig. Tenace stia infilando nella sua testa più lingue contemporaneamente.
Da poche settimane, tra l'italiano e il cinese, inizia a sgomitare l'inglese.

Il Sig. Tenace dorme sempre in compagnia dei suoi amati peluche, tra cui, immancabile, una scimmia. Da quando va all'asilo le scimmie sono diventate due: una resta fissa all'asilo, l'altra vive a casa con noi, ma spesso accompagna il Sig. Tenace a scuola e va a trovare la sua collega primate.
Ora, stesso animale, stessa funzione, ma il Sig. Tenace una la chiama Scimmia e l'altra Monkey. E guai a confonderle.
La maestra a volte si sbaglia e le chiama entrambe monkey:
"Mr. Fighter, if you are going home, don't forget your monkey!" 
Il Sig. Tenace la corregge prontamente e allora io sento la maestra dire tra sé e sé:
"Right. I forgot this was the Italian one". 
Scimmia.
Foto di Monkey non pervenuta.