Sunday, May 31, 2015

Essere dono



Être don c'est reconnaître que notre nature consiste à nous livrer et non à prendre. Et c'est tellement notre vérité, que lorsque nous n'essayons que de prendre, nous sommes toujours en manque et rien ne peut nous combler. Alors nous essayons de prendre davantage pour combler nos manques, mais ceux-ci ne font que grandir. C'est l'enfer. 
Donner c'est le contraire, alors que nous nous désapproprions de nous-mêmes et de nos biens. C'est l’expérience de la plénitude qui nous rejoint. 

Pierre Desroches



Tradotto, un po' parafrasato, in italiano da me:

"Essere dono è riconoscere che la nostra natura consiste nell'offrirsi e non nel prendere. 
E questa è la verità su noi stessi ad un punto tale per cui se proviamo a prendere, ci manca sempre qualcosa e niente può soddisfarci pienamente. Allora proviamo a prendere ancora di più, per colmare la mancanza, ma questa non fa che aumentare. È l'inferno.
Donare è il contrario: nel momento in cui noi ci spogliamo di noi stessi e di ciò che abbiamo, sperimentiamo la pienezza."




Thursday, May 28, 2015

Fiocchi

Ho sempre avuto un debole per le scarpe con i fiocchi.

Ma queste...

Miu Miu PE 2015


...queste, signori miei, sono il coup de coeur dell'anno.


dall'e-store Miu miu

Bianche tutta la vita, sebbene anche borgogna abbiano il loro perché

Che diamine di colore è questo? Borgogna? O sangria?


E, in alternativa per tutti i giorni, i fiocchi verdi di Kate Spade

da qui



Volutamente, questo post non è privo di messaggi subliminali per i Teodolindi di passaggio. 

Thursday, May 21, 2015

Chi l'avrebbe mai detto

E fu così che una sera di maggio, la vigilia del mio compleanno, al rientro a casa dopo una cena con amici speciali che non vedevamo da mesi e che ci comunicavano grandi novità, cena in cui il Teodolindo aveva bevuto uno o due bicchieri più del dovuto per l'occasione speciale, una di quelle sere in cui dici "Caspita, che serata! La primavera è qui, i nostri amici pure, e la vita è proprio bella!" e fu così, dicevo, che il telefono squillò. E quando presi il cellulare lessi quel nome sullo schermo che già sapevo cosa voleva dire una telefonata da quel numero alle dieci di sera.

"Bonsoir Roberta, vous allez bien?"
La voce allegra di chi sa di essere foriero di buone notizie.
Sì, stavo bene, e avevo come l'impressione che nei prossimi minuti tutto sarebbe potuto cambiare.

Quella voce allegra ci dava informazioni su di lui: un 15 kg di bambino, maschio, di due anni e poco più, tenace, attaccato alla vita fin dal suo terzo giorno su questo mondo, laggiù in Cina, in una città che noi non avevamo mai sentito nominare.

Le emozioni dovevano però essere messe da parte temporaneamente. C'era da visionare il suo dossier medico, la sua storia, richiedere eventuali ulteriori informazioni o esami, ed infine dare la nostra risposta. Il tutto entro 72 ore.
In particolare dovevamo capirci di più su due problemi di salute che il bambino si porta dietro dalla nascita, uno dei quali avrebbe spaventato molti, ma non me e il Teodolindo. Che noi siamo medici e certe robe non ci fanno paura. O almeno così avevamo pensato, fino a prima di vederlo scritto nero su bianco sulla cartella clinica di quel bambino. Invece lo spavento ci ha colti, o forse più la preoccupazione per il futuro.
Abbiamo preso i nostri computer e abbiamo scritto a tutti gli amici e colleghi specialisti che potevano darci informazioni aggiornate sull'argomento e su cosa avrebbe potuto comportare nella vita del bambino e di noi tutti.

Siamo andati a dormire, non so a che ora. Abbiamo dormito poco. Siamo i genitori adatti per quel bambino? Possiamo dargli quel di cui ha bisogno? Eh? Lo possiamo?!

Al risveglio aspettavamo che fosse l'altro a parlare.
"Tu che dici?"
È bastata l'intonazione o forse un accenno ad un sorriso a farci capire che per entrambi quel bambino, fosse stato per noi, sarebbe diventato nostro figlio.

La decisione è venuta prima delle dettagliate risposte degli amici e colleghi che, ovviamente, a differenza di noi, quella notte avevano dormito ed avevano poi trovato le nostre domande al mattino.

A quel punto abbiamo potuto fare spazio per tutto il resto.
Prima fra tutte, la sua storia, che è di appena due anni e sembra impossibile possa contenere così tanti eventi, tra cui en passant una chirurgia. 
Poi, soprattutto, il temperamento con cui lui ha affrontato il tutto, tanto da portare chi l'ha accudito finora a dargli un nome cinese che tradotto sta per "per sempre tenace, resistente, combattivo".
Infine quelle poche immagini di lui, due minuti totali di video, il primo girato parecchi mesi fa in cui si vede un pulcino che ride di gusto a chi lo riprende con la telecamera e che poi lancia palline con una forza smisurata per quel corpicino (urge trovare riparo per le mie porcellane), e il secondo più recente in cui il nostro eroe esplora, si arrampica su scalini più alti di lui e non desiste di fronte alle prove a cui l'educatrice lo sottopone per mostrare cosa sia capace di fare.

La sera ci siamo ritrovati in un momento di silenzio, poi il Teodolindo mi ha letto nel pensiero:
"Chi l'avrebbe mai detto..."
"Cosa?"
"Che il primo sentimento che avrei provato per mio figlio sarebbe stata l'ammirazione".









Friday, May 1, 2015

La faccia di chi ha fame

"... un tema così importante, così essenziale… purché non resti solo un “tema”, purché sia sempre accompagnato dalla coscienza dei “volti”: i volti di milioni di persone che oggi hanno fame, che oggi non mangeranno in modo degno di un essere umano.
Vorrei che ogni persona – a partire da oggi –, ogni persona che passerà a visitare la Expo di Milano, attraversando quei meravigliosi padiglioni, possa percepire la presenza di quei volti. Una presenza nascosta, ma che in realtà dev’essere la vera protagonista dell’evento: i volti degli uomini e delle donne che hanno fame, e che si ammalano, e persino muoiono, per un’alimentazione troppo carente o nociva."
Papa Francesco, in occasione dell'inaugurazione dell'Expo 2015 "Nutrire il pianeta, energia per la vita" 



Facce di chi ha fame in Nunavut, su al nord, dove due kg di farina costano 13 dollari, un pacco di pasta 18 e la frutta e la verdura non oso neppure immaginare.
Il 45% della popolazione canadese del Nunavut vive in uno stato di insicurezza alimentare.

foto di Mark Andrew Boyer

foto di Mark Andrew Boyer

dall'Huffington Post

dall'Huffington Post


Altro deserto alimentare, altre facce di chi ha fame, ma cammina pur di attraversare l'autostrada della periferia di Houston, Texas, per andare a fare la spesa. Una periferia in cui gli affitti costano meno, ma di negozi che vendono frutta, verdura e cibo di qualità non si vede nemmeno l'ombra.

foto di Kitra Cahana, da The New Face of Hunger


Facce di chi ha fame in coda al banco alimentare di Charles City, Iowa,

Foto di Amy Toensig, da The New Face of Hunger

e dei figli di chi fa la coda.

Foto di Amy Toensig, da The New Face of Hunger

Altra fila, altre facce in coda ad un banco alimentare, questa volta al St. Mary’s Park Community Center nel Bronx.

Foto di Stephanie Sinclair, da The New Face of Hunger

Altre facce di chi ha fame nel Bronx, dove ali e cosce di pollo fritto della famosa catena riempiono (per modo di dire) le pance di una famiglia. 

Foto di Stephanie Sinclair, da The New Face of Hunger

Facce di chi ha fame soprattutto durante i fine settimana e le vacanze, quando le scuole sono chiuse e i genitori non sanno da dove arriverà il cibo per il pasto successivo, specialmente alla fine del mese.

foto di Kitra Cahana, da The New Face of Hunger



Fonti
-Nunavut food security di Marc Andrew Boyer
-Nutritional Sciences, Annual Report, University of Toronto
-The New Face of Hunger dal National Geographic
 e poi
Kitra Cahana, on Hunger in the Suburbs
Stephanie Sinclair, on Hunger in the City of Plenty
Amy Toensig, on Hunger in Iowa`s Breadbasket


Si ringrazia il Teodolindo per la consulenza specialistica fornita ogni singolo giorno in cui il suo lavoro diventa argomento di conversazione, il più delle volte mentre siamo seduti, noi, ad una tavola apparecchiata per la cena.