Monday, February 22, 2016

Il Sig. Tenace e il Carmelo

Prima dell'arrivo del Sig. Tenace, non dico che io fossi un'assidua frequentatrice del Carmelo, ma ci andavo spesso e volentieri. La spiritualità carmelitana mi ha sempre attirato molto e, quando finalmente ho potuto avvicinarmici, avendo un monastero di suore carmelitane poco distante da casa, ci sono entrata, prima in punta di piedi e poi in modo più deciso.
Il Teodolindo è stato contagiato dal mio interesse strada facendo e con il tempo è diventato una persona fidata per le monache, che lo incaricavano di alcuni compiti e lo chiamavano sul cellulare anche la sera (il fascino del Teodolindo...).

Certo è che da quando il Sig. Tenace è con noi, per forza di cose, le nostre visite al Carmelo si sono ridotte drasticamente. Solo le visite, però. Con il cuore, noi e le suore carmelitane siamo rimasti in quella che si suol dire una "comunione di preghiera": io pensavo a loro, e loro pregavano per noi, per noi tre. Queste suore, per scelta personale recluse dal mondo, ci sono state più vicine in questi mesi di tante persone libere di muoversi e di chiamarci. Inviavano al Sig. Tenace biglietti, regalini, pensieri. Loro che il Sig. Tenace mai lo avevano visto, se non attraverso due foto, e mai lo avrebbero visto. Biglietti indirizzati a lui, non a noi, disegnati e non scritti, perche il Sig. Tenace capisse il messaggio.

Ieri, dopo mesi, abbiamo finalmente messo piede al Carmelo per la messa delle 10 celebrata nella cappella, questa:



La cappella è piccola e l'atmosfera molto raccolta. Sulla destra dell'altare, separata da un'inferriata nera che si intravede nella foto, c'è l'ala in cui le suore assistono alla celebrazione. L'inferriata resta aperta durante la messa, ma nessuno ne varca la soglia né in un senso né nell'altro.

L'ala delle monache
Siamo rimasti sul fondo della cappella per disturbare il meno possibile la celebrazione, visto che il Sig. Tenace partecipa attivamente alle messe, cercando di cantare, facendo "wow!" quando sente l'organo o la chitarra, e giocando con ciò che si porta da casa.

Alla fine della messa, tenendo per mano il Sig. Tenace, mi sono avvicinata all'altare per salutare Sr. Mireille, la suora carmelitana a cui siamo più legati, l'unica con il ruolo di intrattenere contatti con l'esterno. Sr. Mireille era raggiante. Ci è venuta incontro, mi ha salutato calorosamente, ma poi si è subito rivolta al Sig. Tenace e l'ha invitato a darle la mano. Il Sig. Tenace ha cercato la mia approvazione con lo sguardo, poi ha preso quella mano. E, con mia enorme sorpresa, Sr. Mireille ha portato il Sig. Tenace davanti all'inferriata, sulla soglia, per fargli incontrare tutte le altre monache.
Io ero lì, seduta sui gradini dell'altare e guardavo il Sig. Tenace entrare in questo mondo escluso dal mondo. Le monache gli sorridevano e lo salutavano, felici di dare un volto e un corpo a colui per cui avevano pregato tanto. Lui salutava e rideva di gusto, correva avanti e indietro, ignaro di quanto quel che stava vivendo fosse eccezionale.
Poi si è voltato verso di me, mi è corso incontro, e quando è arrivato tra le mie braccia mi ha detto: "Ancora!". L'ho riferito a Sr. Mireille, che nel frattempo, con passo più lento era anche lei tornata da me: "Vorrebbe andare ancora là". E così la strana coppia si è di nuovo diretta verso l'inferriata aperta, i saluti e i sorrisi si sono ripetuti e moltiplicati finché il Sig. Tenace ha pensato che potesse essere sufficiente per la giornata quella dose di monache di clausura.

Sr. Mireille


Mi mancava il Carmelo.


[tutte le foto sono prese dal sito del Carmelo]

Wednesday, February 10, 2016

Le mie sere con Irene

Non mi capitava da tempo di aspettare con ansia il momento di andare a letto la sera per poter ripiombare tra le pagine di un libro.
Mi si potrebbe far osservare che le possibilità sono due: o che io stia leggendo qualcosa di davvero eccezionale, o che le mie giornate facciano schifo.
La prima ipotesi è quella valida.
Trattasi di Irene Némirovsky.
Tutta Irene Némirovsky.
Qualche libro in francese, altri in italiano, ma alla fine di ognuno mi ritrovo a pensare quanto dannatamente bene scrivesse 'sta Irene e con quale femminile modernità.

Come spesso capita, è stata mia madre, affetta da insonnia refrattaria e bulimia letteraria, a inviarmi il primo libro, "L'affare Kurilov", con il solito, spiccio, commento: "Leggilo. Secondo me ti piace."
Poi alla sua visita successiva qui a Montreal, mi ha portato "Suite francese", tutta spiegazzata e con orecchie alle pagine ovunque (oltre alle due "malattie" di cui sopra, mia madre soffre pure di allergia ai segnalibri). Dopo aver divorato Suite francese, mi sono precipitata in due librerie dell'usato e ho comprato tutto quello che ho trovato di Irene Némirovsky.

Adesso che ho finito l'ultimo libro acquistato, devo partire alla ricerca di altri e nell'attesa ho ricominciato "L'affare Kurilov". So che in questo momento alcune mie amiche (ciao Annalisa!) staranno storcendo il naso, sostenendo che la vita sia troppo breve e i libri belli siano troppi per sprecare tempo a rileggere lo stesso libro due volte.

Un romanzo deve somigliare a una strada affollata di sconosciuti, nella quale si trovano a passare due o tre creature, non di più, che conosciamo a fondo.
da Suite Francese, Adelphi, trad. Laura Frausin Guarino