Tuesday, February 26, 2019

Un compleanno giurassico

Ieri è stato il compleanno di quel piccolo grande uomo che da quasi quattro anni ho l'onore di chiamare figlio. Colui che mi ha insegnato che il cuore umano non basta a contenere l'amore che si può provare, colui che mi fa ridere come pochi altri al mondo, colui che mi insegna il giusto approccio alla vita essendo stato definito superbamente da una sua maestra "highly determined to enjoy his day".
Sig. Tenace, sei tu.

Domenica sono iniziati i festeggiamenti, con una piccola festicciola a cui erano invitati solo i suoi tre amici del cuore dai tempi dell'asilo.
A colazione, con ore di anticipo, io mi trovavo a ultimare i dettagli per la preparazione della torta. Di solito non sono mai così pronta e pianificatrice, ma da quando siamo in quattro, con la SignoRina  capace di sorprese tipo "Adesso mamma avrei deciso di stare in braccio a te e solo te per le prossime tre ore, a costo di urlare fino a farmi scoppiare le corde vocali. Vi va bene?" e il Sig. Tenace facile preda di attacchi di gelosia feroci, meglio essere previdenti.

Dicevo, mi apprestavo a decidere come fare la torta, una crostata di frutta, e incredibilmente la base della frolla riposava già in frigo. Avevo dei dubbi sulla crema, però, quindi ho fatto l'errore di chiamare mio fratello, referenza culinaria della famiglia.
Lui ascolta il mio progetto di crostata senza troppo entusiasmo, poi mi butta lì:
"Certo che la cosa figa sarebbe fargli una torta a forma di dinosauro..."
"Sì, come no... "

Qui urge fare una precisazione, per coloro che non conoscessero mio fratello di persona. Oltre al genio culinario, egli si caratterizza per due particolarità:
a. una passione sfrenata e decennale per i dinosauri, come il nipote, ma di più lunga data;
b. una tendenza incorreggibile a fare tutto all'ultimo minuto. Ultimo, non penultimo. Ultimo.

Ci salutiamo, e un secondo dopo questa è la nostra conversazione whatsapp (ovviamente l'istigatore è mio fratello, e l'abboccatrice sono io):


E lo sapevo che sarebbe arrivata. La pulce nell'orecchio. 
Cercavo di autoconvincermi, "Fai la tua crostata tranquilla e goditi la mattina", ma il mio cervello non rispondeva. In sei minuti avevo già cambiato idea e mi ritrovavo nel vortice del "Dai che ce la faccio!"


Di seguito un elenco puntato di quel che è stata la mia mattinata, in ordine cronologico:
  1. Ho rifatto due volte la base per la torta, perché la prima mi si era rotta;
  2. Ho imprecato pesantemente contro il Teodolindo e la sua celiachia che mi costringe ad avere a che fare con frolle friabili come gesso;
  3. Ho improvvisato una crema di mascarpone e panna montata ben ferma, sperando che il composto, debitamente raffreddato in frigorifero, sostenesse il peso dei dinosauri (illusa);
  4. Ho cercato, senza farmi troppo notare, dei dinosauri che potessero stare su una torta: il Sig. Tenace a Natale aveva ricevuto famiglie di dinosauri, dovevo solo trovare i bebé;
  5. Sono uscita per andare al supermercato sfidando la pioggia ghiacciata, detta verglas. Per coloro che, vivendo in climi più miti, non avessero idea di cosa sia il verglas, sappiate che trattasi di milioni di micropugnali di ghiaccio che prima ti colpiscono la faccia, poi si depositano al suolo trasformandolo in uno specchio gelato su cui o pattini, o cadi. Io mi sono portata dietro la SignoRina in passeggino che, per l'occasione, ha svolto il ruolo di deambulatore;
  6. Ho girato il supermercato cercando pistacchi e coni gelato senza glutine (trovati! Culo!);
  7. Ho cotto la base, lasciata raffreddare e aspettato di poter verificare che il mio progetto funzionasse;
  8. Ho verificato che il mio progetto non funzionava. Appena appoggiati sulla crema, i dinosauri annegavano e sprofondavano nella panna. Merda. 
  9. Ho nuovamente imprecato, stavolta contro me stessa per aver ascoltato mio fratello;
  10. Ho leccato via la crema dalle zampe di stegosauro e diplodoco, che almeno una consolazione me la meritavo...
  11. Me le sono sentite dal Teodolindo che ha sentenziato: "È deciso. La prossima volta la torta la si compra".
  12. Ho escogitato un piano B che prevedeva l'uso di mezzi coni gelato, di cui abbondavo, che mimetizzati nella crema avrebbero sostenuto il peso dei dinosauri senza essere visibili;
  13. Ho verificato che il piano B funzionava. Gioia e tripudio.
  14. Ho assemblato la torta, tenendo tutte le dita del corpo incrociate.
  15. Ho chiamato il Sig. Tenace per fargli la sorpresa, giusto in tempo prima che arrivassero gli amici.
  16. Ho appurato quanto l'espressione di meraviglia del Sig. Tenace fosse impagabile rispetto alle frustrazioni delle ore precedenti. L'anno prossimo sicuro che ci ricasco.

Madames et messieurs, ecco la torta giurassica:

Vero che i puntelli non si notano?


La ricetta non la metto per ovvie ragioni.





Tuesday, February 19, 2019

Quando Montreal si fa perdonare

Io passo l'inverno di cui ho già parlato più volte, e resisto e a volte gliene voglio a 'sta città. Poi però lo so che arrivano giornate come quelle di oggi, in cui Montreal si fa perdonare ed è come se mi dicesse: "Lo vedi che ne vale la pena?"

È iniziata portando all'asilo la SignoRina, e già sapevo cosa mi avrebbe aspettato dopo essermi chiusa la porta dell'asilo alle spalle, perché quando vedi il cielo terso e il sole abbagliante a febbraio, sai già che la temperatura è da congelatore. Neanche a dirsi, l'autobus non arrivava e dopo aver aspettato dieci minuti (che dieci minuti a -22 sembrano 40, sappiatelo), ho deciso che, fanculo, avrei camminato. Anche perché il sole di febbraio è un sole che dà speranza e ti dice che la primavera arriverà prima o poi, tipo tra quattro mesi o giù di lì...

E va be', magari non frega niente a nessuno, ma io cammino verso il lavoro in giorni come questo, e mi sento fortunata perché questa è la strada che faccio. E non so a voi, ma a me pare niente affatto male.

Quest'albero, mon préféré, è quello che in autunno è così 


Eccoli, sullo sfondo, i palazzi di downtown