Friday, May 26, 2017

I piaceri della vita

Che mi piaccia ogni tanto gustarmi un pasto da sola non è segreto. Le occasioni per farlo, però, si sono diradate prima con l'introduzione del Teodolindo nella mia quotidianità - ormai secoli fa - e poi, esponenzialmente, con l'arrivo del Sig. Tenace.
Ma se ho l'occasione la colgo al volo e me la gusto.

Ieri, per esempio, avevo promesso al Sig. Tenace che avrei portato a casa per cena dei  饺子jiaozi, di Harbin, il nostro ristorante di dumplings preferito. Così tornando dal lavoro, verso le cinque del pomeriggio, mi sono fermata lì e ho ordinato un'abbondanza di dumplings e due noodles di riso per il Teodolindo.
Ma mentre sceglievo dal menù, ho sentito l'appetito aumentare, o forse era proprio fame, e dopo l'ordine ho aggiunto:
"E poi posso avere anche una porzione di tofu fritto?"
"Sempre da portare via?"
"No, no. Quello lo mangio qui."
"Perfetto."

Dumplings e tofu fritto da Harbin (Foto da qui)


La cameriera mi ha prontamente apparecchiato un posto al bancone e dopo pochi minuti è arrivato, caldo e fumante, il mio piatto di tofu fritto. Me lo sono assaporato lentamente, con la salsa piccante sopra, aspettando che i dumplings fossero pronti e, visto che sono fatti a mano al momento, ci va un po'. Intanto guardavo lo schermo davanti a me, sintonizzato su un canale della tv cinese che trasmetteva un programma di cucina. Il tofu fritto non mi è mai sembrato così buono.
Puro godimento.




Monday, May 15, 2017

L'ermetismo della minestra

È andata così. Sabato mattina il Teodolindo si carica in bici il Sig. Tenace e se ne va al mercato, si ferma al banco di un tale Leopoldo e se ne torna a casa con un sacco di fave e un sacco di piselli. Stiamo parlando di legumi freschi che qui in Canadà sono merce rara e preziosa.

Io felice. Le fave mi fanno felice, perché mi piacciono e perché mi ricordano le minestre della mia nonna siciliana.

Così ieri pomeriggio, mentre mi appresto a cucinarle, mando su whatsapp a mio padre, siculo doc, una foto che ritrae suo nipote cino-italiano-canadese intento a sbucciare le fave. Adesso lo commuovo, mi dico.

Nella foto per il nonno si vedeva anche la faccia del nipote

Invece, per risposta, anziché lacrime mi arriva il seguente testo:
Ok sai come cucinarle

ché mio padre - da vero uomo di Sicilia- non solo è di poche parole, ma nei messaggi risparmia pure sulla punteggiatura.
Io gli dico che pensavo di fare una minestra con cipolla e sedano e, aggiungo, "Altrimenti come si fanno?"

Ed è a questo punto che mi risponde con la ricetta più succinta ed ermetica del mondo (testuale messaggio):

Patate cipolla e fave,
però le fave le aggiungi dopo,
e un po' di sugo

E io eseguo, perché in fondo da quelle 15 parole di ricetta ho capito cosa fare.
Spengo il brodo con cipolla e sedano che stavo già preparando.
Sbuccio una grossa patata e una cipolla. Le taglio con pazienza a pezzedduzzi come avrebbe fatto la nonna, le metto nella solita pentola della minestra con un po' d'olio e faccio rosolare un minuto. Poi aggiungo il brodo e cuocio per venti minuti. Disubbidisco al padre, facendoci cadere dentro una foglia di alloro, quindi metto le fave. Lascio lì sul fuoco basso per un bel po' - le fave si devono quasi disfare - e intanto a parte faccio bollire dell'acqua per cuocerci i ditalini. Due minuti prima di spegnere aggiungo un cucchiaio di sugo di pomodoro che mi era avanzato dal giorno prima (botta di culo enorme, ad averne).

La minestra cuoce a fuoco basso, e si nota la clandestina foglia di alloro


Porto in tavola la pentola e amministro la zuppa. Un filo d'olio a crudo nei piatti, pepe fresco e parmigiano. Unico rammarico il non aver avuto a disposizione del pecorino o della ricotta salata.

Pacienza.


Il mio piatto, prima di tuffarmici. È stato il primo di tre...


Wednesday, May 10, 2017

Kawasaki ninja

Da qualche settimana il Sig. Tenace mi dice che, quando sarà grande, mi porterà lui al lavoro, in sella ad una Kawasaki Ninja verde luccicante.
Se quando me lo dice siamo a casa, si deve mettere in scena il momento, seduti sul divano: lui che sale sulla moto, si allaccia il casco viola con visiera scura, infila i guanti, mi dice di salire, anch'io con casco in testa, di tenermi a lui e poi via che si parte tra curve e salite.
Giunti a destinazione, mi dà un bacio e mi dice che lui o il Teodolindo verranno a prendermi dopo la nanna (prima o poi devo spiegargli che al lavoro non è d'uso il pisolino).


Il Sig. Tenace ed io, nei nostri sogni - da qui


Io lo guardo ripartire con gli occhi a forma di cuore, sospirando, ben conscia del fatto che quando il Sig. Tenace potrà guidare una moto, premesso che la Kawasaki ninja sia ancora in produzione, io sarò probabilmente l'ultima persona con cui lui vorrà farsi vedere in giro in moto.


Friday, May 5, 2017

Ode al risotto

Ci sono piatti che cucino più per l'atto stesso del prepararli che per il gusto di mangiarli. Uno di questi è indubbiamente il risotto. Al ristorante non lo preferirei mai ad un piatto di pasta, ma a casa, vuoi mettere il godimento puro nel preparare un risotto?

È un'esperienza sensoriale pura, quasi terapeutica. Già il preparare il brodo con le verdure mi piace, scegliere se metterci l'alloro o il prezzemolo, annusarlo. E poi fare il soffritto e ascoltarne il rumore, far tostare il riso e sentirlo tintinnare sulle pareti della pentola e poi bagnarlo con il vino e sentirlo sfrigolare mentre l'alcol evapora. Infine il coccolarlo per il tempo necessario, con mestoli di brodo e mescolate con il cucchiaio di legno, sempre il solito. Che se io ho la pentola per le minestre, c'ho pure la pentola per il risotto e il cucchiaio di legno apposito, che null'altro è se non un cucchiaiaccio usato per lo scopo da anni.


Poi c'ho le mie fisse, che sono la preferenza sfacciata per il vialone nano rispetto al carnaroli, e il fatto di usare sempre burro e olio per il soffritto. E infine il mantecarlo di nuovo con burro e, se ci sta, il formaggio, rigorosamente a cottura finita, fuori dal fuoco.


Questo qui sopra è un risotto cacio e pepe al limone preso da una puntata della Prova del Cuoco, fatto da Sergio Barzetti. Il filo d'olio che si vede è un olio di oliva in cui sono state lasciate in infusione bucce di limone e pepe nero. Lo sentite il profumo?

Quello qui sotto invece è il più classico, e sempre amato, almeno da me, risotto al radicchio. Mi piace per l'amaro del radicchio e per tutte le sue sfumature di rosa.

La foto è presa dal mio profilo instagram, da cui la qualità un po' penosa

Tutto ciò non solo per fare un'ode al risotto, ma anche per avere idee. Se chi passa di qua suggerisce risotti o condivide passione o vuole fare due chiacchiere sul risotto io ne son ben contenta.

Tuesday, May 2, 2017

la differenza nelle ciglia

Consueto martedì mattina. In bagno davanti allo specchio io mi trucco gli occhi mentre il Sig. Tenace si lava i denti con lo spazzolino delle tartarughe ninja.

"Mamma, le mie ciglia?"
"Le tue ciglia, cosa?"
"Dove sono le mie ciglia?" e accompagna le parole con il gesto che ormai ripete da quasi due anni, afferrando le mie, di ciglia.
"Stella, le tue ciglia sono qui (gli tocco le palpebre), solo che sono più nascoste delle mie."
Non lo vedo persuaso. Continua a toccare le mie, di palpebre, e ci guardiamo allo specchio.
"Sig. Tenace, lo sai, io ho gli occhi così, e tu li hai così, tu hai il naso piccolo e io ce l'ho grosso - per non parlare di quello del papà (ride)! Tu hai le ciglia come Kim Lynh, come Brady, come Milo, e come Pingbei, e come il papà di Heilam,..."
Ascolta e non si muove da davanti allo specchio.
"È perche' le persone che sono nate in Cina o che hanno il papà e la mamma cinesi [per ora, mi dico, limitiamoci alla Cina che il concetto di Asia viene troppo complicato alle 7.30 del mattino] hanno gli occhi e il naso simili ai tuoi".
"È la mamma della Cina?"
"Sì, sono la mamma della Cina e il papà della Cina che ti hanno dato 'sti occhi bellissimi e 'sto nasino spettacolare. Anche loro li hanno così. Io invece sono nata in Italia dove tanta gente ha gli occhi e il naso come i miei". [Oddio, mi sto incasinando...]

Tempo fa eravamo sull'autobus, al rientro a casa, e c'erano vicino a noi un signore nero, alcuni asiatici e alcune persone bianche. Il Sig. Tenace indica il signore nero:
"Mamma, quel signore ha il naso grooossso" [Grazie di averlo detto in italiano! Grazie!!]
"Sì, ha il naso più grosso del mio e del tuo"
"Anche del papà"
"Sì, anche del papà"
"Quando io cresco, mi viene il naso grosso come quello del papà"
"Per carità no! No, Sig. Tenace, quando crescerai ti resterà il naso abbastanza piccolo, più come quello del papà di Oscar, o della mamma di Finn, o del papà di Milo,..."
"Allora come quello del papà di Oscar"
"Ok!" [in effetti e' un figo pauroso...]


da qui

Queste sono le nostre normali conversazioni, che a volte sono più complicate e altre meno, ma che prima di tutto mi rinforzano l'idea che i bambini eccome se le vedono le differenze razziali, alla facciazza di quelli che dicono che è tutto un costrutto sociale. E poi mi bacio i gomiti per la fortuna che abbiamo nel poter mandare il Sig. Tenace in un asilo dove tanti bambini gli assomigliano, e per vivere in una città in cui i racial mirrors non dobbiamo andare a cercarli con il lanternino, ma sono attorno a noi ogni giorno.


PS. il naso del Teodolindo non è poi particolarmente grosso, o almeno non ce n'eravamo mai accorti finché non è arrivato il Sig. Tenace e ha spostato la barra di tutti i nostri riferimenti di dimensione nasesca...




Per chi fosse interessato all'argomento, due articoli:

L'importanza dei racial mirrors per i bambini adottati tramite adozione transrazziale

I benefici a livello cerebrale del crescere in un ambiente etnicamente diversificato (racially diverse)