Thursday, December 25, 2014

Adorazione dei magi, G. van Honthorst, 1622


Ed era tanto umile l'amore
nel mantenersi carne appena.

da Il Tempo di Blanca, Marcela Serrano, Trad. S. Geroldi





Tuesday, December 16, 2014

Il diavolo fa le pentole, ai coperchi ci penso io

Dopo l'infatuazione per il gres gris, sono tornata al mio vero amore, Madame La Porcelaine. Sono stati momenti magici, quelli in sua compagnia, interrotti solo da Catherine che, giustamente, mi pungolava a migliorare.
"Hai già imparato come fare lo chanfrein?"
"Lo ...?!"
"Lo chanfrein. Per fare i barattoli con i coperchi".

Dicesi chanfrein, questa cosa qui:


In pratica, il bordo su cui poggia il coperchio.

No, non sapevo farlo.
A vederlo sembra una cretinata, invece richiede un gesto unico, deciso e veloce. Niente ripensamenti, ancor meno con la porcellana.
Dopo la dimostrazione di Catherine, ci ho provato io (mani sudate e tremanti...) e incredibilmente ce l'ho fatta al primo colpo. Gioia e tripudio! Guarda, Catherine, ho fatto uno chanfrein!

Ma una volta fatto lo chanfrein, si deve poi fare il coperchio e mica è facile, perché non è che hai il metro incorporato nelle dita, per cui prima di fare quello della misura giusta può volerci un po'.
Miracolosamente, ci sono riuscita quasi al primo colpo. Diciamo al terzo, che va benone.
Ho fatto un pomello a forma di calla ed il risultato finale, a crudo, è stato questo:


Niente male. Davvero niente male. Molto soddisfatta dei miei progressi.
Ho incrociato le dita per la prima cottura e tutto è andato liscio.

Via, si pensa al decoro: una semplice linea curva, due foglie.


Mancava solo lo smalto, trasparente con una leggera sfumatura verde rame. Certo, il difficile è la percentuale di rame da metterci: sarà troppo? Troppo poco?
Come sempre: o la va o la spacca.

Sabato era il giorno della verità.
Sono entrata nell'atelier, ho cercato i miei due barattoli sugli scaffali e li ho visti.
Miracolo! Erano perfetti! Esattamente come li avevo immaginati! Cosa più unica che rara... Non mi era mai capitato prima.

Belli, tesori miei.
Li ho presi tra le mani, li ho ammirati goduta e poi mi sono apprestata a togliere il coperchio.
Il coperchio. Non si toglieva.
Era completamente sigillato al vaso.
Damn it! Damn it! Damn it!
Come caspita è potuto succedere?!
In realtà lo so benissimo: probabilmente nella cottura un po' di smalto è colato sul famoso chanfrein e ha incollato irrimediabilmente vaso e coperchio. Ma perché non riesco mai a fare le cose bene dall'inizio alla fine?! Eh, perché?

Dalla contentezza sono passata alla frustrazione più totale.

Adesso i miei due cari vasi sono pazienti del reparto Urgences Poterie dell'atelier, in attesa di un intervento, in cui ripongo ogni speranza, seppur debole.

Per consolarmi, il buon Teodolindo mi ha detto che secondo lui, inconsciamente, mi sono ispirata a Magritte e alla sua rappresentazione di una realtà non reale: barattoli che non sono barattoli. Mica male come interpretazione...

Ecco quindi il risultato finale:






[Il "buon" Teodolindo ha poi aggiunto: "La prossima volta, però, falli che si aprano!"]


Wednesday, December 10, 2014

La prima è sempre la più bella

Lo so bene che poi a marzo non ne potrò più, eppure non c'è niente da fare.

La prima tempesta di neve della stagione è sempre favolosa.





Foto scattate sulla via del ritorno a casa, dopo il lavoro. Quella luce del cielo, grigio giallastra, è il colore della notte di Montreal da dicembre a marzo. Ci si sveglia di notte e quel colore che filtra dalle finestre ha sempre un che di surreale.

Camminavo, in mezzo alla neve, e mi fermavo a fare foto. Poi un tizio dietro di me fa per superarmi con passo svelto e io mi faccio da parte per farlo passare: era il Teodolindo.

T: "Cosa ci fai tu qui?"
"Torno a casa a piedi"
T: "Pensa che ho visto questa tipa da dietro, che camminava lenta e faceva foto, e mi son detto: "Che bello vedere gente che ancora si meraviglia delle tempeste di neve!", poi ho capito che eri tu".

Non ho ben capito se l'ha detto con tono da complimento o no.


Saturday, December 6, 2014

Grazie dei fior

Oggi è il nostro anniversario di matrimonio.
Come ogni sabato mattina, io sono andata a fare ceramica e al mio ritorno a casa mi ha accolto il Teodolindo:
"Avevo pensato di comprarti dei fiori, poi, conoscendoti, ho immaginato che, ai fiori, avresti preferito qualcos'altro. Apri il frigo."

E dentro ci ho trovato, bella fresca e in attesa di deliziarci, lei:


Oh, una bottiglia di Franciacorta! Sogno o son desta?!
Delizia. Con il suo profumo di pandoro, quel color crema così raffinato, come si addice ad un'elegante signora e quel filo di perlage attorno al collo.

E come tutte le signore di vera classe, ci ha fatto un'ottima compagnia.

Monday, December 1, 2014

Dall'altro lato

Da subito, con l'associazione con cui abbiamo intrapreso il cammino verso l'adozione di un bambino,  si è creato un rapporto di fiducia reciproca. Vista l'importanza e la delicatezza della relazione, è necessario che sia così, mi vien da dire.
Credo però che il nostro, di rapporto, lo sia in modo particolare.

Abbiamo firmato ufficialmente il contratto con loro il primo agosto scorso.
Da allora, insieme alle comunicazioni email riguardanti la nostra pratica, mi è stato chiesto, molto delicatamente e senza alcuna pressione, se potevo dare il mio parere clinico su qualche dossier di bambini adottabili. La situazione nel paese d'origine spesso è difficile da analizzare e i pareri specialistici non sono mai abbastanza in questo contesto. Ho dato la mia disponibilità piena senza neanche pensarci.

La prima volta è stato per un piccolo vietnamita. C'era il dubbio di una malattia neurologica, e i genitori volevano sapere se fossero necessari altri esami da fare subito, in Vietnam, prima che loro due potessero finalmente andare a prendere il loro bambino. Io ho guardato il dossier, ho cercato di capirci qualcosa poi ho detto come la pensavo, piuttosto sicura dei dati che avevo in mano e della mia conclusione.

Poi è stata la volta di una piccola kazaka. È stato ben più complicato: le foto non facevano capire come fosse la reale condizione e il dossier clinico era molto scarso. Ho chiesto se ci fosse la possibilità di vedere un video della bambina, e in 24 ore l'associazione è riuscita a farselo mandare. La sera stessa, qui sul divano, l'ho guardato e mi sono fatta un po' un'idea, che ho poi comunicato.

Due giorni fa il terzo dossier.
Il tutto è capitato nel momento in cui noi abbiamo concluso la nostra valutazione psicosociale e abbiamo raccolto tutti i documenti necessari. Per noi si tratta delle ultime tappe prima di spedire il tutto in Cina per avere l'approvazione, dopodiché, sempre se tutto va bene, saremo in pista e saremo dall'altro lato: riceveremo la proposta di un bambino tramite il suo dossier e lo leggeremo sperando di discernere se possiamo essere i genitori giusti per lui.

Per ora, però, io i dossier li devo leggere da neuropsichiatra infantile. 
Quello di due giorni fa, guarda caso, era di un bambino cinese. Di dieci mesi. Piccoli problemi di salute, ma che hanno già richiesto un intervento chirurgico non da poco a cinque mesi. La domanda che mi veniva fatta era come al solito di indicare se vedevo campanelli di allarme per l'ambito neurologico. Io ho guardato i documenti, poi ho aperto le foto e le ho osservate. Si trattava tutto sommato di un bel bambino, aveva l'aria sveglia, attenta, simpatica. Gli esiti della chirurgia erano evidenti, così come lo era il peso per nulla adeguato all'età. In sostanza, quegli occhi vispi spiccavano in un corpo che, a soli sette mesi, testimoniava un bagaglio di sofferenza che aveva già dovuto vivere. Mi è piaciuto. Da impazzire.
E in quel momento è capitato quel che non doveva capitare.

La mamma ha preso il sopravvento. 
Lo stomaco mi si è chiuso, la tristezza mi ha sovrastato.
Nel giro di pochi minuti ho iniziato a piangere.
La tristezza per quel bambino che ha dovuto sopportare quel che ha sopportato da solo, senza una mamma o un papà che lo consolassero, che nonostante ciò si aggrappa alla vita e la guarda con quegli occhi.
Penso a quei due genitori che chissà se dormono, in questi giorni, all'idea di quel pulcino di bambino che dall'altra parte del mondo avrebbe già bisogno adesso - adesso - della loro presenza.
E poi, naturalmente, penso che sia ben probabile che nostro figlio sia già nato, che sia in qualche angolo della Cina, e stia passando momenti che io neanche riesco ad immaginare, e io non sono lì.
A me questa cosa strazia il cuore.

L'unica consolazione è nel sapere che ognuno di quei bambini ha un Padre e che io non so bene in quale modo, ma di sicuro li consola o li consolerà. E allora lo prego di stare vicino il più possibile a tutti quei pulcini (capito, Gesù Cristo?! Am racumand!) che non hanno ancora braccia di genitore in cui abbandonarsi.