Tuesday, January 27, 2015

Il contrario della bellezza




"Le immagini qui riprodotte non sono un equivalente o un surrogato: esse sostituiscono la parola con vantaggio, dicono quello che la parola non sa dire."


Primo Levi, 1981 
dalla prefazione del libro "K.Z. Disegni degli internati nei campi di concentramento nazifascisti"
a cura di Arturo Benvenuti 
Ed. Beccogiallo  







Le immagini sono tratte dal libro citato in alto e prese dal sito de Il Fatto Quotidiano (prima in alto) e dal sito delle edizioni Beccogiallo (seconda e terza immagine).

Friday, January 23, 2015

Com'è andato a finire il corso di degustazione

Un mese ormai è passato dal corso di avvicinamento al vino, che è terminato con il botto. O meglio, con il "colpo", se mi si perdona il gioco di parole, visto che è quello che ha avuto uno dei partecipanti nel mezzo dell'ultima lezione: attacco ischemico transitorio. E chi era l'unico medico nonché neuroqualcosa lì presente? Ecco.
Nel dramma del momento, come spesso capita in campo medico, ci sono stati aspetti grotteschi. Il primo, di cui un po' mi vergogno, è che nella frazione di secondo in cui ho capito cosa stesse capitando ho ringraziato che fosse qualcosa di neurologico e non, che so, cardiaco... Il secondo, è stato quando, dopo il panico iniziale e dopo aver aspettato per momenti interminabili quelli dell'ambulanza, siamo riusciti a trasportare il signore fuori dall'aula e io ho intravisto con la coda dell'occhio l'insegnante del corso che ha preso una bottiglia e ha versato da bere ai restanti studenti: "Perché siamo tutti un po' scossi", pare abbia detto.

Ad ogni modo, il corso è finito.
Io sono partita per l'Italia, la mia amica e compagna di bevute per l'Alberta, dove fa veramente freddo, mica come qui a Montreal, e ci siamo ritrovate questa settimana. Per mantenerci in allenamento e non perdere le nozioni apprese (e anche per ciacolare), ci siamo date appuntamento alla solita Maison Publique, quel posto speciale che sta a due isolati da casa mia e a tre da casa della mia wine tasting buddy. Molto pericoloso come locale, vista la collocazione e il nostro gradimento.
Ci siamo sedute al bancone e abbiamo ordinato due ostriche al forno, vero motivo della visita alla Maison Publique.
La famosa ostrica al forno della Maison Publique è questa roba qui:

da qui

ovvero un'ostrica gigante della British Columbia - notare il cucchiaino - gratinata con una crema di panna, vino bianco e funghi. Una bomba, che crea dipendenza.
Dicevo, abbiamo ordinato due di queste ostrichette e poi abbiamo chiesto due bicchieri di vino che si abbinassero bene.
"Chenin blanc del 2013, sempre della British Columbia", ci ha risposto il barman.

qualità della foto limitata dalle prestazioni del mio telefonino, non dal mio tasso alcolemico

Aggiudicato.
Arrivano entrambi, ostrica e vino. Noi, due professioniste, annusiamo, facciamo roteare, riannusiamo, osserviamo, infine assaggiamo. Un altro sorso e poi il giudizio.
"I like it!"
"It's really good!"

Incrocio di sguardi in cui capisco che anche lei sta pensando che no, non possiamo limitarci a questo, che dobbiamo essere in grado di produrre un commento un po' più strutturato, insomma!
Tenta lei: "I like it because it's fruity, but also crisp!"
Ah, quella perfetta arte canadese del non sbilanciarsi mai!
Avanzo io: "It's really good perché sta benissimo con l'ostrica visto che l'acidità del vino bilancia la dolcezza del mollusco".
Parole in libertà e quel vago presentimento che quei soldi, neanche pochi, non siano stati poi così ben investiti. Ma il presentimento viene ricacciato nel paradiso dell'inconscio e la conclusione condivisa della serata è semplicemente che abbiamo bisogno di molta più pratica.


Sunday, January 18, 2015

L'altro siamo noi

L'umanizzazione si fa incontrando l'altro
e l'altro per eccellenza è colui che chiamiamo straniero.

L'umanizzazione si fa incontrando l'altro:
l'altro per religione, per fede.

L'umanizzazione si percorre incontrando, 
ascoltando l'altro per etica, 
quelli che hanno un'etica, una morale diversa.

Enzo Bianchi, L'altro siamo noi. Einaudi, 2010



[chi fosse interessato ad un'intervista su questo testo, breve ma intensa e molto attuale, la può trovare qui]

Wednesday, January 14, 2015

Una signora minestra

Nonostante per molti ne incarni il prototipo più classico, Inès de la Fressange non è l'unico modello di donna parigina.
Un'altra femme abita la città da alcuni mesi e, sebbene magari non abbia la stessa disinvoltura chic nell'allacciarsi il trench o non indossi mocassini Roger Vivier con uguale raffinatezza per andare all'opéra o al mercato, la personalità unica di questa donna la rende affascinante almeno quanto madame de la Fressange. Tanto per dire quanto speciale sia, la signora in questione è capace di autodefinirsi "un'ottuagenaria spaccamarroni e polemica dall'età di sette anni".

Con lei, condivido tra le altre cose, i gusti culinari, tipici anch'essi di pensionate classe 1923: colazione da ripetere più volte al giorno, purea di patate con stracchino, pizza margherita, e soprattutto minestrina. Oh, le minestrine che ci mangeremmo insieme, vero?

Si dà il caso che qualche giorno fa fosse il compleanno di questa tizia ormai quasi parigina e altro non posso fare che regalarle questa minestrina che nella sua semplicità è una signora minestra, adatta proprio a quelle donne che sono delle vere signore dai sette anni fino ai 90 e più.
Auguri, Alice!

Ci vogliono
una patata
una carota piccola o mezza carota
mezza cipolla
pastina, per noi senza glutine
brodo vegetale fatto mettendo un pezzo di sedano, carota, cipolla e una foglia di alloro in una pentola di acqua bollente

In una pentola per minestre, con fondo spesso, far soffriggere olio, cipolla tagliata sottile, e se si vuole uno spicchio di aglio intero (che poi si toglie). Io metto anche un po' di peperoncino, esattamente come quando si fa la pasta aglio, olio e peperoncino. Aggiungere la patata e la carota tagliate a tocchetti e far dorare un attimo.

Si intravedono una foglia di alloro e uno spicchio di aglio, che vanno tolti dopo la fase di soffritto

Aggiungere il brodo bollente e portare a cottura. Quindi, schiacciare le verdure con l'aiuto di una forchetta e un cucchiaio, grossolanamente, mentre la minestra sobbolle. Aggiungere la pastina che si preferisce e, se si vuole (ma si vuole!) qualche crosta di parmigiano tagliata a pezzetti che si ammorbidirà il giusto durante la cottura della pasta.



Annusare l'aria che ormai a quel punto avrà riempito la cucina. Si sa infatti che il profumo della minestra fa bene al cuore, rappacifica l'animo e predispone a sogni d'oro.

Servire con abbondante parmigiano e, se piace, del prezzemolo fresco tritato.
Mangiare in una fredda serata di inverno, raccontandosi la giornata trascorsa.


Sunday, January 11, 2015

Je ne suis pas Inès de la Fressange

A Washington per lavoro, mi sono portata dietro l'ultimo numero di Vogue France.

Inès de la Fressange, in veste patinata di editor-in-chief eccezionale, era un'ottima compagnia, nonché fonte di perenne ispirazione, in una Washington talmente gelida da far rimpiangere Montreal. 

Inès de la Fressange (sinistra) e io (destra) pronte ad affrontare la giornata di giovedì a Washington. Uguali proprio.

Poi, una volta uscita dalla bolla di aeroporti e voli, ho scoperto cosa fosse capitato a Parigi nelle stesse ore in cui io ero in viaggio e mi rifacevo gli occhi con l'eleganza innata di Madame Inès, ex-marianna francese.

Mi sono subito sentita frivola. Intendo più del solito.
Il post che avevo in mente, su Vogue, Inès de la Fressange e compagnia cantante, mi è apparso così fuori luogo e me ne sono vergognata. 

Altre ore, giorni sono passati e io ci pensavo, a quella Parigi che mi ha tanto formata, anni fa.
Parigi che è Charlie Hebdo, ma anche Vogue.
Le Monde diplomatique, ma anche Elle France. 

Intanto leggevo commenti (questo, e anche questo) di chi si sente preso in causa, editoriali (questo) che inneggiano alla laicità più rigorosa come soluzione a tutto, sbirciavo facebook.

Alla fine mi sono chiesta: ma se l'attentato, anziché farlo a Charlie Hebdo, l'avessero fatto alla redazione di Vogue, oggi tutti starebbero con un cartello in mano con su scritto 
"Je suis Inès de la Fressange"?
E al posto delle matite, un rossetto verrebbe brandito come simbolo di libertà da ogni manifestante nelle piazze virtuali e non?

E le prese di posizione, indiscutibili e sacrosante, sulla libertà di espressione di noi paesi occidentali sarebbero sostituite con cosa? Forse, probabilmente, con altre prese di posizione sulla figura della donna emancipata e su come certe culture non occidentali vogliano invece minare alla libertà delle donne di esprimersi esteriormente come interiormente? Questo si direbbe? Questo si difenderebbe (e come dare torto)?

Allora perché ci sto tanto male nel vedere questi commenti?! Eh, perché? 
Perché ho l'impressione che la discussione rimanga in superficie.
Mi chiedo perché nessuno - almeno non che io abbia trovato, qualcuno mi illumini, vi prego - non abbia ancora detto che questo attentato, come altri atti, sono il frutto principale di due cose:
- del fallimento della politica di integrazione, che vede per definizione una cultura dominante assorbire, integrare persone di una cultura dominata, in alternativa alla più complessa politica di interculturalità;
- e delle iniquità sociali, così forti in una città come Parigi, come a Londra, come in tante altre nostre metropoli e acuitesi ulteriormente in seguito alle politiche economiche degli ultimi anni.
L'attentato alla libertà di espressione, come ad altre libertà a cui noi siamo fortunatamente abituati, non ne è che l'epifenomeno. Non si può fare un processo all'evento, senza aver chiare le cause che l'hanno determinato nel profondo.

Di questo non ne sento parlare. E mi fa paura.



P.S.  Il Teodolindo, le iniquità sociali, le studia per lavoro, e io assorbo per osmosi. Non so se sia una fortuna o no, visto che in questi giorni, io e lui siamo più ammaccati di quanto forse non saremmo se vedessimo solo l'aspetto della libertà di espressione.