Thursday, October 13, 2016

Autodiagnosi e autoanalisi


Ne ho sempre sofferto, ma se possibile sta diventando peggio con il tempo.
La sindrome dell'impostora.
Va be', lo dico un po' scherzando, ma anche no.

Dicesi sindrome dell'impostore quel fenomeno per cui un individuo non riconosce il proprio successo se non come dovuto al caso o, più precisamente per quel che mi riguarda, quella sensazione che prima o poi gli altri capiranno che io in fondo non sono capace di fare le cose che sembra io riesca a fare. E qualcuno in mezzo alla sala si alzerà e dirà: "Questa tizia è un'impostora! Fa finta di sapere le cose ma in realtà non ci capisce niente" E io con il capo chino e cosparso di cenere ammetterò: "Sì, è vero. Mi avete beccato. Vi ho ingannati per più di trent'anni, ma è così".



Leggo su wikipedia - proprio perché io uso fonti di informazioni autorevoli - che la sindrome sembrava inizialmente essere più frequente nelle donne con percorsi lavorativi di successo e che sia comunemente associata all'attività accademica. Eccomi qui. Presa in pieno.

Da altre parti, non ricordo più (notate di nuovo come io sia precisa con le referenze bibliografiche), avevo letto che la sindrome dell'impostore è molto frequente nelle donne in ambito professionale perché il senso di inadeguatezza provato è il risultato di una società dominata da modelli maschili. E anche qui mi ci ritrovo.

Con questi sentimenti convivo da decenni e la giornata di oggi non ha fatto eccezione.
Ho dovuto tenere un seminario a tutta gente di laboratorio. Io che di formazione proprio non sono di laboratorio, che guardo sempre tutto con occhio clinico, ma che poi a fare il medico e basta non ci riesco. E allora parlavo e presentavo e mi sembrava di camminare su un campo minato. Scrutavo gli sguardi di chi ascoltava e cercavo di capire se pensassero che stessi dicendo minchiate.

Poi sono tornata nel mio studio riflettendo sul fatto che io, con la mia sindrome da impostora, cerco comunque sempre la zona grigia: sono la neurologa appassionata di radiologia, sono il clinico che vuole fare ricerca, sono l'italiana che lavora in due lingue non sue. Sono l'ibrido per eccellenza e rifuggo gli incasellamenti in una categoria sola. È nella zona grigia che mi diverto.
Ma la zona grigia scatena la sindrome.

C'è qualcun'altro/altra affetto là fuori? Lo so che ci siete! Fatevi avanti, per favore. Condividiamo la sofferenza. :)

E se ne soffriva anche Maya Angelou...


16 comments:

  1. Cara, mi ritrovo 100% nelle tue parole: in quasi vent'anni che ho passato in giro per il mondo, non ho fatto che sentirmi the queen of bluff, facendo sempre qualcosa che in parte stavo improvvisando. Fa parte dell'essere sempre al di fuori della propria comfort zone. Poi ho visto la TED lecture di Amy Cuddy su come hormones influence body language e viceversa, e ho capito il trucco.

    ReplyDelete
    Replies
    1. Ma io me lo guardo subito, 'sto TED talk! E spero di capire il trucco anch'io.

      Delete
  2. Io io io...e almeno un paio di altre colleghe!! Noi la chiamiamo la "sindrome del grande bluff" ma il concetto e' esattamente lo stesso...e concordo sul fatto che prevalentemente colpisca le donne e in ambito accademico!! Sono anni che aspetto che qualcuno mi dica "ah, ma non sei capace come credevo, sai solo fingere di esserlo!!"

    ReplyDelete
    Replies
    1. Che poi quando trovi qualcun'altra che ce l'ha, ti viene da dire "Ah mi capisci, pero' guarda io sono incapace davvero! non come te che credi di esserlo e invece poi sei brava...". Almeno, io sono grave a questo punto. Non so te...

      Delete
  3. Sorella! Anch'io ne sono gravemente affetta, e purtroppo sapere di averla non basta a guarire. E' da quando ho scoperto di averla che penso di farmi una maglietta per annunciarlo al mondo, ma a quanto pare potrei mettere su una fabbrica di magliette sulla sindrome dell'impostore (o meglio, dell'impostora) e diventerei ricca!

    ReplyDelete
    Replies
    1. A giudicare dai commenti, si', direi che faresti affari! :-D

      Delete
    2. Silvia, per me una taglia M, grazie! :)

      Delete
    3. Ecco, infatti Silvia, fai che dirci i colori e le taglie disponibili cosi' facciamo l'ordine.

      Delete
  4. io! ma io non ho la sindrome dell'impostora, io sono un'impostora davvero! ne sono fermamente convinta, da anni!

    ReplyDelete
  5. Presente.
    Dove lo prendo esattamente il numerino? Oh, no aspettate, faccio finta di saperlo, voi non fateci caso...

    Alice bluffatrice

    ReplyDelete
  6. Molto interessante. Avrei detto che le professioni creative sono le più toccate dalla sindrome dell'impostore. Quelle in cui la qualità del lavoro è difficile da valutare in modo oggettivo, e quelle in cui lo scrittore, il designer, l'artista, deve attingere a qualcosa che va al di là della sua mente (chiamiamolo immaginario collettivo) per 'produrre' un risultato.
    Ho capito presto nella mia carriera di designer improvvisato (letteralmente, però, senza formazione alcuna), che bisogna sempre incoraggiare le persone in queste professioni perché la mancanza di fiducia tocca quasi tutti. Certo, cambiare paese e, nel mio caso, carriera, a ripetizione non aiuta... fino al punto "di sfondamento" in cui, dopo esserti sentita incapace per tot numero di volte e tutte le volte essere sopravvissuta, una realizza che è capace. Se non altro è capace di cambiare, imparare cose nuove e applicare il motto "fake until you make it". ;)

    ReplyDelete
    Replies
    1. Molto interessante quel che dici tu, Silvia. Mi hai fatto pensare che in fondo non e' diverso come approccio a quel che scrivevo nel post, perche' anche l'ambito accademico di ricerca e' a suo modo un ambito molto creativo, dove si spingono sempre oltre i confini della conoscenza, per arrivare a territori inesplorati in cui, come dici tu, il sentirsi un impostore e' facilissimo.

      Delete