Wednesday, October 24, 2018

Gli uomini che portano

Quando è arrivato il Sig. Tenace ormai tre anni fa, ho iniziato a notare che i papà canadesi erano alquanto diversi da quelli italiani a cui ero abituata io prima di lasciare l'Italia, ormai sette anni fa. Di loro voglio parlare in questo post, perché sono loro che frequento da quando il Teodolindo ed io siamo diventati genitori.*

I papà canadesi prendono il congedo di paternità. Delle quattro famiglie adottive con cui abbiamo viaggiato per l'adozione, due mamme hanno preso il congedo parentale totale, un papà (il Teodolindo) ha diviso il congedo parentale con la sua coniuge (me), e uno - di professione ingegnere- si è licenziato per poter stare a casa due anni e permettere a sua moglie di finire gli studi da infermiera.

I papà canadesi portano i bambini all'asilo. Fanno i turni con le mamme e, nella stragrande maggioranza dei casi, un genitore li porta e l'altro li va a prendere. Ma ci sono anche genitori, come il papà dell'amico del Sig. Tenace, che fa tutto lui sempre, tranne il mercoledì. Conoscono tutto dei loro figli: cos'hanno mangiato a colazione, quando hanno fatto la cacca, come hanno dormito di notte, quali vestiti mettere (tranne il Teodolindo che a volte dimentica i guanti e prima o poi avremo i figli amputati per congelamento).

I papà canadesi, quando all'asilo vengono chiesti dei volontari per accompagnare i bambini in gita o al pattinaggio, ci sono, quanto le mamme se non di più. Due papà, evidentemente appassionati non solo di hockey ma anche dei loro figli, si erano presi il martedì mattina di ferie per tutto l'inverno per poter partecipare all'attività sui pattini.

I papà canadesi partecipano ai gruppi sui social network. Non esistono gruppi whatsapp per "mamme" e le maestre non si rivolgerebbero mai solo alle genitrici, perché escluderebbero metà di chi legge e scrive. L'anno scorso una giovane mamma appena sbarcata a Montreal dall'Italia ha creato un gruppo facebook chiamato qualcosa come "Mamme italiane a Montreal". Cercatelo, non lo troverete più perché le si è fatto cambiare nome dopo cinque minuti facendole notare che "Ciccia, occhio, non hai capito bene come girano le cose da questa parte del mondo!".



Quando è nata la SignoRina, pensavo oramai di aver capito tutto sui papà di Montreal, e invece la cultura italiana matricentrica era ancora ben radicata in me e ho avuto di nuovo occasione di sorprendermi.

I corsi pre-parto sono per entrambi, mamme e papà. La spiegazione è abbastanza semplice: se non sapete cosa capita di preciso, prima durante e dopo il parto, come potete essere di aiuto? Non solo, il papà può fare la differenza durante il parto, se è ben preparato.

I papà canadesi sono caldamente invitati a fermarsi in ospedale almeno una notte dopo il parto, per aiutare la partoriente, ma possono stare anche più notti fino alla dimissione.

Vado al centro allattamento, credendo a quel punto di trovare solo mamme. Dai, cosa c'è di più esclusivamente femminile? No, trovo donne sole e altre con i loro compagni. Io ero lì seduta su una sedia a dondolo e origliavo, curiosa di sapere cosa mai avessero da chiedere questi uomini al centro allattamento. Perlopiu erano domande di chi voleva capire, ma in alcuni casi sembrava che i papà volessero semplicemente essere lì, accanto al loro figlio e alla loro compagna.

E anche a questo giro, non piu di genitorialità adottiva ma biologica, anche i papà prendono il congedo parentale. Come il Teodolindo, che si è goduto gioie e dolori di SignoRina per cinque mesi dopo i miei primi sei, o come il nostro vicino, che è stato a casa nove mesi, dopo il primo trimestre preso dalla mamma, perché lei era quella con il salario più alto in casa e si sono fatti due conti.

I papà canadesi portano i bambini dal dottore. Da soli. Non deve per forza esserci la madre. Lunedì la SignoRina doveva fare dei vaccini e il Teodolindo mi dice: "La porto io, mi sono già organizzato". Io: "Guarda che posso andare anch'io, non è un problema". Lui insiste,"No, ci vado io. L'ho vista poco la scorsa settimana. Poi lo sai che mi piace consolarla quando piange!" (sì, lo so).

Infine, mi iscrivo ad un corso di portage, per imparare a trasportare la SignoRina nella fascia. Devo dirlo? Otto persone, cinque madri e tre padri.



Quindi, in tutto ciò, mi girano i coglioni a manetta - scusate il francesismo - quando capitano cose come queste, in cui un giornalista, nella progressista ma evidentemente ancora molto vecchia Inghilterra, critica e ridicolizza Daniel Craig, l'attuale James Bond, reo di portare in giro sua figlia nel porte-bebé. La voce maschile che dice "No, 007, pure tu?!" e l'hashtag "emasculateBond". Capito? Addirittura viene messa in gioco la virilità.


Ora.
Vi assicuro, nessuno di questi papà di cui ho parlato sopra, Teodolindo in primis, vuole rimpiazzare le mamme. Nessuno di loro si sente minimamente scalfito nella loro mascolinità per come si occupano dei loro figli. I ruoli restano ben definiti e l'identità di genere pure. Quel che viene condiviso sono le mansioni, il carico di lavoro e l'accudimento. E soprattutto il tempo, il preziosissimo tempo che si passa con i figli e che vola via come il vento.

Mi sono piaciute moltissimo le risposte di alcuni papà al tweet di cui sopra e alcuni spunti fanno davvero riflettere (video sotto). Ho adorato il padre che dice che per lui è la paternità a definire la mascolinità. Mi ha fatto pensare l'altro papà che riporta quanto la sua capacità genitoriale fosse stata messa in discussione quando ha deciso di viaggiare solo con la figlia, cosa che non capita con le madri.



Ieri sera ho fatto leggere la bozza di questo post al Teodolindo per avere il suo parere e il suo consenso, visto che parlo di lui. Sinteticamente, lui ha concluso così:
"Mah, ti dirò, prima di tutto, il motivo per cui io faccio quello che faccio è semplicemente perché mi piace tantissimo". Fine della storia.
E abbiamo le prove che a questo papà piace tantissimo quello che fa, perché il Teodolindo è negato per le fotografie, si dimentica di immortalare anche i momenti più importanti, ma gli unici selfie che si fa sono quelli quando ha sua figlia nel porte-bebé (o quando lui e il Sig. Tenace vanno a tagliarsi i capelli, ma questo è un'altra storia).

Questo papà vuole metterci la faccia. La SignoRina invece preferisce rimanere in incognito.

Evidentemente non teme che l'essere il padre che è possa intaccare in alcun modo la sua mascolinità e a noi piace da morire.







*Può darsi che le cose siano cambiate in Italia da quando io mi sono trasferita, quindi su quei papà, quelli italiani, non posso pronunciarmi perché non li conosco nel quotidiano.





11 comments:

  1. L'ho sempre detto che dovrei trasferirmi lì, servono audiologhe attempate?
    Il Teodolindo esteriormente è un prodotto Veneto Dop 😁

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    1. Ah, il Teodolindo e' puro prodotto dell'Altipiano di Asiago (con meta' patrimonio genetico piemontese, ma minor espressivita')

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  2. Da quello che racconti si percepisce una fluidità del mondo del lavoro che si riflette anche sulla gestione familiare. Ma questo ovviamente costituisce solo una sfaccettatura di una situazione molto più complessa che coinvolge sì il mondo del lavoro ma anche la mentalità delle persone.Se mio marito avesse potuto licenziarsi o prendere una lunga paternità lo avrebbe fatto. In ogni caso è vero, l'Italia è ancora molto indietro sull'argomento e vige ancora il preconcetto che il figlio è soprattutto affare della mamma. E per quanto ci possano essere leggi che tutelano la paternità, il problema è nella percezione del mondo esterno (soprattutto quello lavorativo) che non vede di buon occhio un padre che si prende il suo tempo per stare con suo figlio. Mio marito ed io abbiamo un lavoro ugualmente impegnativo e parimenti ci dedichiamo al nostro bambino con l'aiuto (fortunatamente) di 4 nonni. Ma vedo anche che lui è un caso eccezionale. Per quanto i padri di adesso siano molto più presenti, c'è ancora un atteggiamento di distanza, come se la collaborazione fosse non dovuta, ma un atto generoso nei confronti della compagna. Immagino che in Canada anche la gestione "sociale" del bambino sia facilitata, spazi gioco, scuole con orari compatibili con il lavoro ecc ecc. Se prima sognavo di vivere in Canada per la natura, ora lo sogno anche per tutto il resto! P.S. Bello il tuo blog!

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    1. Ciao Annamaria, guarda, io di proposito non volevo fare un confronto Canada Italia, perche' non conosco abbastanza la situazione italiana attuale e inoltre, come accenni tu, ci sarebbero tantissime variabili, soprattutto culturali da considerare. E cio', sebbene estremamente interessante, diventava un capitolo infinito.
      Sono d'accordo con quanto dici tu, in generale e aggiungerei un commento, che e' piu' una domanda provocatoria da donna a donne:
      quanto di quella mentalita' che si osserva e che prevede che sia la donna a dover gestire i figli e' da imputare alle donne? So che molte donne vorrebbero che i papa' fossero piu' implicati, ma siamo davvero capaci di delegare? Li riteniamo davvero capaci di occuparsi dei figli quanto noi? E' una domanda aperta e sarei contenta di sapere cosa pensano le donne che passano di qui.
      Io, nel mio piccolo, mi sono accorta di questo mio atteggiamento grazie a mio marito, che aveva la possibilita' e la voglia di occuparsi quanto me, se non di piu', dei figli e mi ha messo di fronte alla domanda: "Glielo lascio fare? Credo di essere migliore di lui in questo? Sono capace di correre questo rischio e tutti quelli annessi, tra cui ad esempio che i figli siano egualmente attaccati a me e lui? O preferisco immolarmi sull'altare della maternita', tenermi tutti gli oneri ma anche tutti gli onori (e le coccole e i "come la mamma non c'e' nessuno)?"

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  3. Mio marito ed io siamo già nonni, quindi siamo stati genitori già molto tempo fa e i nostri padri erano i classici padri di una volta. Mio marito ed io siamo stati egualmente coinvolti nella cura dei figli, con le differenze dovute solo alle diverse disponibilità di tempo. Forse siamo stati aiutati ad avere questa mentalità dal fatto che eravamo stati compagni di università, poi abbiamo lavorato tutti e due ed eravamo lontano dai nonni, però anche fra i nostri coetanei c'era già una certa inclinazione a tale atteggiamento di condivisione, anche se meno marcata e non estesa anche alla condivisione dei lavori domestici come era per noi. Ti parlo di una realtà di Italia centrosettentrionale, perché penso che il retaggio culturale abbia un grande peso al riguardo, anche sulla disponibilità delle donne a lasciare spazio al padre, che credo sia un punto quasi più cruciale che la disponibilità del padre stesso. Quanto ai nostri due figli, entrambi maschi, per loro non c'è dubbio che gli impegni con i figli e per la casa vadano equamente condivisi, fatte salve solo differenti disponibilità di tempo. E come ci tengono a stare con i loro figli e come rivendicano con forza il loro diritto a gestire anche loro i bambini!
    Due esempi: 1) Un giorno dicevo che una coppia italiana con bambino, che vive in USA, in estate si separa e la mamma casalinga sta 3 mesi in Italia mentre il padre ci sta solo un mese per motivi di lavoro. Mio figlio commenta acidamente: "Ma quale considerazione hanno del padre in quella famiglia?". 2) Il mio nipotino piange, mio figlio sta per prenderlo, mia nuora, abituata a stare con lui 24 ore su 24 perché ha per ora lasciato il lavoro, arriva prima dicendo "Vieni dalla mamma!". Scoppia un incidente diplomatico, con mio figlio, offesissimo, che rimprovera la moglie di non lasciargli abbastanza spazio con il figlio. Qualche giorno dopo il nipotino piange, mia nuora resta ferma come una statua e mio figlio lo accoglie e lo tranquillizza.
    Scusa per il poema che ho scritto

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    1. Ciao Mirella. Ma quali scuse! Grazie mille per il tuo commento e per la tua esperienza e sguardo sulle coppie di ieri e di oggi. Come rivedo la situazione che hai descritto su tuo figlio! Anche qui capita, soprattutto per l'addormentamento dei piccoli. Ripeto: i padri devono prendere spazio e le madri devono concederlo, quello spazio!

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  4. Arrivata da poco sul tuo bellissimo blog, racconto questa cosa, che purtroppo è emblematica di un certo modo di pensare:
    Racconto a una collega che la sera sarei uscita con un'amica.
    'ah, e tuo marito fa il baby sitter?'
    Ecco. Mio marito fa il papà, se mai, non il baby sitter, ma che cosa deve avere in testa questa povera donna??
    Che tristezza. E siamo a Torino, in un ufficio dove siamo tutti tecnici.
    Grazie per la tua condivisione, per le tue riflessioni, un saluto grande.

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    1. Ah be', il baby sitter, il mammo,... Tutte espressioni specchio di una mentalita'. Giusto per sapere, quanti anni ha la tua collega?

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    2. Mah, io direi pochi! intorno ai 45...

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  5. Ciao, sono una lettrice finora silenziosa del tuo blog, che apprezzo davvero moltissimo. Oggi sento il bisogno di scriverti perché hai toccato delle corde del mio cuore, facendole vibrare in modo potente. Ho 31 anni e ancora non sono mamma, anche se sogno di diventarla presto, pertanto la mia esperienza è per ora solo di figlia. Mio padre era, purtroppo è mancato nel 2014, del 1945 e lui e mia mamma sono riusciti ad avermi dopo due aborti ed erano 40enni. Pertanto diciamo che non ci si sarebbe aspettata una certa "modernità" nell'assetto famigliare. Mia mamma lavorava in un negozio e faceva degli orari massacranti, era prevalentemente mio papà ad accompagnarmi a scuola, a fare con me le attività più disparate, ad andare alle riunioni scolastiche. In molte di queste occasioni si ritrovava ad essere l'unico uomo, ma non per questo si è mai sentito meno uomo. Mia mamma li ha sempre lasciato il suo spazio e la fiducia che lui sapesse fare per me tutto in modo uguale, se non migliore, di lei. Hanno collaborato insieme nel migliore dei modi, a mio avviso, per far si che non mi mancasse niente, nonostante entrambi lavorassero. Mio padre ha sempre parlato con me di quanto fosse inadeguata questa società, che non aiuta ad integrare la propria carriera, la propria soddisfazione professionale con la famiglia. Abbiamo sempre passato insieme tempo di grande qualità, giocando tanto, scoprendo il mondo insieme. Ho praticato danza e ginnastica artistica ed entrambi con uguale entusiasmo mi hanno sempre accompagnato in queste discipline. Mai mi è stato insegnato che ci siano ruoli da femmina o da maschio. Al punto che quando sentivo commenti di questa natura rimanevo da bambina sempre perplessa. Mi scuso per questo logorroico commento... volevo solo dire che per mia esperienza personale ritengo che la società italiana sia mancante in questo senso, perchè mio padre veniva guardato con sospetto dalle altre mamme (alcune li chiedevano se era vedovo) e purtroppo credo che lo sarebbe anche nel contesto attuale. Spero che le cose stiano cambiando, so di alcuni amici che hanno la possibilità di prendere il congedo, ma le loro compagne /mogli non lo ritengono utile o necessario. Io invece sarei ben felice di offrire ai miei figli questa opportunità di crescita, non unilaterale, questo esempio di come in famiglia sia bellissimo collaborare. Grazie mille. Lisa

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    1. Ciao Lisa, grazie mille per il tuo commento. Sono d'accordo: sta agli uomini essere abbastanza forti della loro mascolinita' che puo' declinarsi in mille modi diversi, e sta alle donne lasciare lo spazio e la fiducia ai padri. Le due condizioni sono entrambe necessarie e vanno di pari passo.
      Grazie ancora.

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