Monday, June 22, 2015

Bollicine canadesi


E chi l'avrebbe mai pensato che delle bollicine fatte in Ontario, nella penisola del Niagara, potessero essere così buone?
Erano il regalo della mia wine tasting buddy, colei con cui ho fatto il corso di degustazione, per l'arrivo del Signor Tenace, poiché, ricordiamocelo, uno degli enormi vantaggi di questa dolce attesa e che l'alcol non mi è precluso ;)

Questo vino si chiama Handsome Brut e io ancora non mi abituo all'immagine con cui questi vini del Nuovo Mondo vengono presentati: nomi che sono giochi di parole, etichette che sembrano copertine del New Yorker e descrizioni che in questo caso recitano
"Sparkling personality. Dry wit."

Senza contare che sul sito si trovano frasi come "Get out of the way, Champagne!" e immagini come queste (didascalia inclusa):

"Handsome brut 1 / Champagne 0"




Però poi stappo la bottiglia, verso, annusiamo, assaggiamo e mannaggia a loro! Son capaci di fare bollicine mooolto buone!


Per le note finto-tecniche, visto che ho tirato fuori fior di dollari per 'sto cavolo di corso: uve 100% chardonnay, vinificate con metodo classico, riposo sui lieviti per 24 mesi. Non sto a dire se abbiamo odorato brioche o mela o agrumi o sentito salinità, che tanto noi ce lo siamo bevuto tutto, 'sto Handsome Brut, e il fatto di aver svuotato la bottiglia, complice il sole delle sette di sera e l'arietta fresca del terrazzo, è a mio avviso il miglior indice di quanto un vino sia buono.

E saran pure canadesi, e tireran pure dentro l'hockey anche per parlare di chardonnay, ma intanto il vino gli è venuto una meraviglia.

Se vi capita, compratelo e scolatevelo.

Tuesday, June 16, 2015

I bambini fortunati

Ultimamente ci capita una cosa strana.
Quando raccontiamo a conoscenti, amici e familiari la lieta notizia dell'arrivo del Signor Tenace, uno dei commenti più frequenti che riceviamo è il seguente:
"È un bambino fortunato!"

a cui noi reagiamo più o meno così:



Ora, il Sig. Tenace ha poco più di due anni, trascorsi quasi interamente in un orfanotrofio cinese se si fa eccezione per i suoi primi tre giorni di vita, ha già conosciuto un reparto di chirurgia pediatrica per un intervento al volto, peraltro solo il primo di tre cui dovrà sottoporsi prima dell'età scolare, e si porta dietro un altro non piccolo problema di salute. Ecco, il Sig. Tenace non rientra propriamente nei nostri canoni di bambino fortunato, ma evidentemente esistono opinioni diverse.
Poi c'è quel pensiero fastidioso, quel presentimento che se, anziché del Sig. Tenace, noi avessimo annunciato l'arrivo di un bambino dalla mia pancia, questo commento non sarebbe stato così ricorrente. Forse questo presentimento deriva dal fatto che io non ricordi di essermi mai congratulata con coppie di neogenitori per il loro neonato figlio usando l'aggettivo "fortunato", e dire che io sono piuttosto fantasiosa in termini di aggettivi per bambini e che quasi tutti quei bambini erano oggettivamente più fortunati del Sig. Tenace.

Quindi, esattamente, di cosa stiamo parlando?

In questi frangenti io devo soffocare il mio istinto a rispondere di getto, perché altrimenti la mia risposta assomiglierebbe molto a qualcosa del genere
Spero tu non voglia insinuare che il Sig. Tenace debba baciarsi i gomiti per il fatto che noi due lo adottiamo e che quindi per lui è tutto grasso che cola quel che riceverà visto che noi già gli facciamo 'sto gran favore di sottrarlo alla miseria, poiché nulla gli era dovuto, e di conseguenza è già in debito con noi tutti. 
Ma, come il Teodolindo mi fa notare, io da qualche settimana mi sono trasformata in Raksha, la Mamma Lupa del Libro della Giungla che diventa una belva quando le si minacciano i cuccioli, siano essi lupetti o cuccioli d'uomo.

Raksha, la Diavola, affronta Shere Khan solo perché questa voleva mangiarsi Mowgli...


Quindi, preso atto della trasformazione avvenuta e di quanto io mi pentirei e vergognerei per parole mosse solo dall'istinto di protezione e non da un'analisi reale della situazione né tanto meno delle intenzioni di chi quel commento l'ha pronunciato, lascio sempre la parola al Teodolindo:

Caro amico,
grazie mille per la tua mail; è bello sentire vicini gli amici!
Non ti nascondo che però le tue parole mi hanno fatto pensare... Il Sig. Tenace è un bambino fortunato ad averci? No, io penso di no, i fortunati siamo noi! Lui riacquista solo un suo diritto, che è quello di avere due genitori che si prendano cura di lui, colmandolo di ogni attenzione e di amore. Torna semplicemente ad avere quello che gli spetta come essere umano e come bambino; non possiamo dire che sia fortunato. È suo diritto essere amato fisicamente e non solo da lontano o nel cuore, come sicuramente staranno facendo i due genitori biologici, obbligati - probabilmente per motivi politici e legislativi - a lasciarlo perché altri se ne prendano cura.
Ecco, forse questa è la sua fortuna: io e Roberta saremo un secondo papà e una seconda mamma e ci uniremo ai primi due nell'amarlo ogni giorno della nostra vita. Io penso che avere comunque quattro genitori che ti pensano, che ti vogliono bene e che a loro modo pregano per te sia una fortuna.  Purtroppo per lui di questi 4 genitori, ne conoscerà solo 2. Io e Roberta, dei quattro, siamo i suoi genitori fortunati.
Io mi sento fortunato perché ogni giorno che vedo i suoi video imparo cosa sia la voglia di vivere in mezzo alle difficoltà, il bisogno di essere combattivo ogni giorno (è la traduzione del suo nome) per sopravvivere. Lo ammiro e gli devo tanto, perché per ora da lui ho solo ricevuto. Quello che riceverà da noi, quindi, non è perché è fortunato ad avere noi, ma solo perché se lo merita in quanto bambino; anzi, se si potesse andare a prenderlo subito non sarebbe male... è già in credito con la sorte!
Un abbraccio,
F.

E bon, io leggo questa e-mail e sono felice di aver sposato il Teodolindo.



Tuesday, June 9, 2015

Il pranzo della domenica

Il brunch del fine settimana è un'istituzione a Montreal e il Teodolindo ed io non abbiamo avuto difficoltà ad inserirlo rapidamente tra le nostre tradizioni familiari. Così, da quattro anni, almeno un pasto del weekend è composto da morbide omelette, o uova benedectines, accompagnate da tazze di caffè nero con Leonard Cohen o Arcade Fire in sottofondo. Montreal, o i piccoli piaceri della vita.

Certo è che quando il Barcola Bistro, ristorante italiano dello chef Fabrizio Caprioli, ha lanciato il pranzo della domenica come alternativa al classico brunch, ecco, abbiamo avuto un tuffo al cuore.



Lungi da noi essere nostalgici, anzi, abbiamo sempre evitato certi connazionali emigranti che si sentono in esilio, passano il tempo a rimpiangere le mozzarelle e i pomodori italici e van di ristorante in ristorante per poi concludere amareggiati che tanto, insomma, niente è come l'Italia. 

Però conoscevamo Fabrizio, la sua filosofia, e il suo modo di essere italiano a Montreal. 
Insomma, una domenica abbiamo provato e ne siamo rimasti entusiasti. Non solo per il cibo che è divino, e quello già si sapeva, ma soprattutto per l'atmosfera che è protagonista tanto quanto i piatti. In poco tempo, infatti, il pranzo della domenica si sta trasformando in un ritrovo non programmato di emigranti che di stare qui son ben contenti, che esplorano Montreal con voglia di arricchirsi pur senza dimenticare da dove sono partiti. Italiani che amano il Paese che li ospita, ma che ricordano bene il pranzo della domenica attorno a cui la domenica ruota, da cui la settimana parte, fatto di piatti preparati per ore, gustato in famiglia, e seguito solo da una pennica sul divano. Perché in fondo, che altro c'è da fare la domenica pomeriggio?

Bon, ça va sans dire che il Teodolindo ed io facciamo parte del gruppo. 

Questa è la fotocronaca dell'ultimo pranzo della domenica, due giorni fa. 

Otto adulti, tre bambini. Piatti che si alternano sulla tavolata, forchette che si incrociano, bicchieri che si riempiono di un verdicchio squisito.


Mano sul cuore e mano sulla bocca, il mio amico Ale ed io manifestiamo fisicamente lo stupore per gli gnocchi gratinati.


Paccheri al ragù con commovente quantità di parmigiano

Due cuori e uno spaghetto. Ai frutti di mare.


Frittata con asparagi, patate e fiori di zucca: l'antipasto del Teodolindo.

Lasciare il sugo nel piatto sarebbe stato un peccato, giusto?
Resto una signora comunque, vero?
"Desiderate un dessert?", ci chiede con accento delizioso Danielle, la moglie di Fabrizio.
Le pance sono piene, ma vorrai mica dire di no?!
"Che dici? Ci dividiamo qualcosa?" o come ormai dice qualcuno, italianizzando dal francese "Partaggiamo?"

I dolci sono quattro e li si assaggia tutti, e di nuovo i piatti attraversano la tavola: 
"Ti prego, assaggialo perché non sai che ti perdi!" 
"No, guarda, davvero, sto a posto! Non ce la faccio più... Ma davvero è cosi buona? Va be', allora solo un cucchiaino. Ne prendo poco, eh, però!"

Torta al cioccolato bianco e cocco, con salsa di lamponi

Crostata di fragole e rabarbaro, con panna.


I non italiani che passano da Barcola per un piatto veloce osservano noi che riusciamo a stare seduti a mangiare per due o tre ore, parlando anche solo di cibo e vino. Poi si siedono e ho come l'impressione che vogliano provare ad imitarci. 





Grazie a Roberto Zorfini per le foto, a Fabrizio e Danielle per l'accoglienza, a tutti gli amici del pranzo della domenica per la compagnia.


Sunday, May 31, 2015

Essere dono



Être don c'est reconnaître que notre nature consiste à nous livrer et non à prendre. Et c'est tellement notre vérité, que lorsque nous n'essayons que de prendre, nous sommes toujours en manque et rien ne peut nous combler. Alors nous essayons de prendre davantage pour combler nos manques, mais ceux-ci ne font que grandir. C'est l'enfer. 
Donner c'est le contraire, alors que nous nous désapproprions de nous-mêmes et de nos biens. C'est l’expérience de la plénitude qui nous rejoint. 

Pierre Desroches



Tradotto, un po' parafrasato, in italiano da me:

"Essere dono è riconoscere che la nostra natura consiste nell'offrirsi e non nel prendere. 
E questa è la verità su noi stessi ad un punto tale per cui se proviamo a prendere, ci manca sempre qualcosa e niente può soddisfarci pienamente. Allora proviamo a prendere ancora di più, per colmare la mancanza, ma questa non fa che aumentare. È l'inferno.
Donare è il contrario: nel momento in cui noi ci spogliamo di noi stessi e di ciò che abbiamo, sperimentiamo la pienezza."




Thursday, May 28, 2015

Fiocchi

Ho sempre avuto un debole per le scarpe con i fiocchi.

Ma queste...

Miu Miu PE 2015


...queste, signori miei, sono il coup de coeur dell'anno.


dall'e-store Miu miu

Bianche tutta la vita, sebbene anche borgogna abbiano il loro perché

Che diamine di colore è questo? Borgogna? O sangria?


E, in alternativa per tutti i giorni, i fiocchi verdi di Kate Spade

da qui



Volutamente, questo post non è privo di messaggi subliminali per i Teodolindi di passaggio. 

Thursday, May 21, 2015

Chi l'avrebbe mai detto

E fu così che una sera di maggio, la vigilia del mio compleanno, al rientro a casa dopo una cena con amici speciali che non vedevamo da mesi e che ci comunicavano grandi novità, cena in cui il Teodolindo aveva bevuto uno o due bicchieri più del dovuto per l'occasione speciale, una di quelle sere in cui dici "Caspita, che serata! La primavera è qui, i nostri amici pure, e la vita è proprio bella!" e fu così, dicevo, che il telefono squillò. E quando presi il cellulare lessi quel nome sullo schermo che già sapevo cosa voleva dire una telefonata da quel numero alle dieci di sera.

"Bonsoir Roberta, vous allez bien?"
La voce allegra di chi sa di essere foriero di buone notizie.
Sì, stavo bene, e avevo come l'impressione che nei prossimi minuti tutto sarebbe potuto cambiare.

Quella voce allegra ci dava informazioni su di lui: un 15 kg di bambino, maschio, di due anni e poco più, tenace, attaccato alla vita fin dal suo terzo giorno su questo mondo, laggiù in Cina, in una città che noi non avevamo mai sentito nominare.

Le emozioni dovevano però essere messe da parte temporaneamente. C'era da visionare il suo dossier medico, la sua storia, richiedere eventuali ulteriori informazioni o esami, ed infine dare la nostra risposta. Il tutto entro 72 ore.
In particolare dovevamo capirci di più su due problemi di salute che il bambino si porta dietro dalla nascita, uno dei quali avrebbe spaventato molti, ma non me e il Teodolindo. Che noi siamo medici e certe robe non ci fanno paura. O almeno così avevamo pensato, fino a prima di vederlo scritto nero su bianco sulla cartella clinica di quel bambino. Invece lo spavento ci ha colti, o forse più la preoccupazione per il futuro.
Abbiamo preso i nostri computer e abbiamo scritto a tutti gli amici e colleghi specialisti che potevano darci informazioni aggiornate sull'argomento e su cosa avrebbe potuto comportare nella vita del bambino e di noi tutti.

Siamo andati a dormire, non so a che ora. Abbiamo dormito poco. Siamo i genitori adatti per quel bambino? Possiamo dargli quel di cui ha bisogno? Eh? Lo possiamo?!

Al risveglio aspettavamo che fosse l'altro a parlare.
"Tu che dici?"
È bastata l'intonazione o forse un accenno ad un sorriso a farci capire che per entrambi quel bambino, fosse stato per noi, sarebbe diventato nostro figlio.

La decisione è venuta prima delle dettagliate risposte degli amici e colleghi che, ovviamente, a differenza di noi, quella notte avevano dormito ed avevano poi trovato le nostre domande al mattino.

A quel punto abbiamo potuto fare spazio per tutto il resto.
Prima fra tutte, la sua storia, che è di appena due anni e sembra impossibile possa contenere così tanti eventi, tra cui en passant una chirurgia. 
Poi, soprattutto, il temperamento con cui lui ha affrontato il tutto, tanto da portare chi l'ha accudito finora a dargli un nome cinese che tradotto sta per "per sempre tenace, resistente, combattivo".
Infine quelle poche immagini di lui, due minuti totali di video, il primo girato parecchi mesi fa in cui si vede un pulcino che ride di gusto a chi lo riprende con la telecamera e che poi lancia palline con una forza smisurata per quel corpicino (urge trovare riparo per le mie porcellane), e il secondo più recente in cui il nostro eroe esplora, si arrampica su scalini più alti di lui e non desiste di fronte alle prove a cui l'educatrice lo sottopone per mostrare cosa sia capace di fare.

La sera ci siamo ritrovati in un momento di silenzio, poi il Teodolindo mi ha letto nel pensiero:
"Chi l'avrebbe mai detto..."
"Cosa?"
"Che il primo sentimento che avrei provato per mio figlio sarebbe stata l'ammirazione".









Friday, May 1, 2015

La faccia di chi ha fame

"... un tema così importante, così essenziale… purché non resti solo un “tema”, purché sia sempre accompagnato dalla coscienza dei “volti”: i volti di milioni di persone che oggi hanno fame, che oggi non mangeranno in modo degno di un essere umano.
Vorrei che ogni persona – a partire da oggi –, ogni persona che passerà a visitare la Expo di Milano, attraversando quei meravigliosi padiglioni, possa percepire la presenza di quei volti. Una presenza nascosta, ma che in realtà dev’essere la vera protagonista dell’evento: i volti degli uomini e delle donne che hanno fame, e che si ammalano, e persino muoiono, per un’alimentazione troppo carente o nociva."
Papa Francesco, in occasione dell'inaugurazione dell'Expo 2015 "Nutrire il pianeta, energia per la vita" 



Facce di chi ha fame in Nunavut, su al nord, dove due kg di farina costano 13 dollari, un pacco di pasta 18 e la frutta e la verdura non oso neppure immaginare.
Il 45% della popolazione canadese del Nunavut vive in uno stato di insicurezza alimentare.

foto di Mark Andrew Boyer

foto di Mark Andrew Boyer

dall'Huffington Post

dall'Huffington Post


Altro deserto alimentare, altre facce di chi ha fame, ma cammina pur di attraversare l'autostrada della periferia di Houston, Texas, per andare a fare la spesa. Una periferia in cui gli affitti costano meno, ma di negozi che vendono frutta, verdura e cibo di qualità non si vede nemmeno l'ombra.

foto di Kitra Cahana, da The New Face of Hunger


Facce di chi ha fame in coda al banco alimentare di Charles City, Iowa,

Foto di Amy Toensig, da The New Face of Hunger

e dei figli di chi fa la coda.

Foto di Amy Toensig, da The New Face of Hunger

Altra fila, altre facce in coda ad un banco alimentare, questa volta al St. Mary’s Park Community Center nel Bronx.

Foto di Stephanie Sinclair, da The New Face of Hunger

Altre facce di chi ha fame nel Bronx, dove ali e cosce di pollo fritto della famosa catena riempiono (per modo di dire) le pance di una famiglia. 

Foto di Stephanie Sinclair, da The New Face of Hunger

Facce di chi ha fame soprattutto durante i fine settimana e le vacanze, quando le scuole sono chiuse e i genitori non sanno da dove arriverà il cibo per il pasto successivo, specialmente alla fine del mese.

foto di Kitra Cahana, da The New Face of Hunger



Fonti
-Nunavut food security di Marc Andrew Boyer
-Nutritional Sciences, Annual Report, University of Toronto
-The New Face of Hunger dal National Geographic
 e poi
Kitra Cahana, on Hunger in the Suburbs
Stephanie Sinclair, on Hunger in the City of Plenty
Amy Toensig, on Hunger in Iowa`s Breadbasket


Si ringrazia il Teodolindo per la consulenza specialistica fornita ogni singolo giorno in cui il suo lavoro diventa argomento di conversazione, il più delle volte mentre siamo seduti, noi, ad una tavola apparecchiata per la cena.