Friday, May 30, 2014

Di cose pubbliche a Montreal

Da queste parti le aiuole sono di tutti.
Non nel senso che essendo di tutti non sono di nessuno, ma proprio nel senso che ognuno, se vuole, si prende cura dell'aiuola davanti a casa.

Il comune di Montreal, tra l'altro, organizza dei sabati in cui distribuisce gratuitamente fiori e piante che i cittadini possono recuperare per abbellire le aiuole e qualunque fazzoletto di terra pubblica secondo il proprio gusto. Ognuno poi è libero di aggiungerci quel che vuole.

E così ecco quel che si vede in giro:

- aiuole recintate, con fiorellini disposti in modo ordinato



-altre che sembrano più giungle che aiuole



-altre ancora più rustiche, con legno di recupero a delimitazione




Capita, però, che ad occuparsi delle aiuole pubbliche in prima persona poi a uno dia ancora più fastidio se queste vengono sporcate o rovinate dall'incuria altrui.


Ed ecco così che il montrealese, oltre ai fiori, nelle aiuole aggiunge messaggi.


Il migliore l'ho letto qualche anno fa (e non trovo più la foto, mannaggia) e recitava così:

Caro cane che passi di qui, 
mi hanno appena piantato.  
Sono un giovane virgulto,
e la tua pipì potrebbe farmi male.
Quindi, per favore, falla da un'altra parte.
Grazie mille,
              Fiorellino

Giuro. Testuali parole, solo in francese.


Oppure c'è chi punta direttamente al sentimento universale per sensibilizzare i passanti:



E l'insospettabile autore di aiuola e cartello è lui:


Derek Dammann, signore e signori.
Chef della Maison Publique, nonché ex-braccio destro di Jamie Oliver, nonché nostro vicino di casa (siamo a due passi dal suo locale). Colui che, insieme alla sua squadra, ci vizia e ci nutre almeno una volta a settimana. Da lui ci sentiamo così di casa che il bancone, quello stesso bancone su cui è appoggiato nella foto, è per noi un'estensione della sala da pranzo.

Sembra un duro, lo so, but there's love here.


Sunday, May 18, 2014

Crepes al succo d'arancia per una domenica di sole

Domenica mattina di sole e cielo blu.
Mi sveglio con in testa questa canzone e la voglia di fare le crepes al succo di arancia come quelle mangiate a Cuba quest'inverno.



Si parte dalla ricetta di base dei pancakes, o almeno io ho fatto così, anche se dubito che a Cuba usassero queste dosi:

una tazza di farina (io ho usato mezza tazza di farina di riso bruno, mezza tazza di farina di tapioca)
una tazza di latte
un uovo, felice
mezzo cucchiaino di lievito e una punta di cucchiaino di bicarbonato
un pizzico di sale

Si mescola bene il tutto e si lascia riposare giusto il tempo di preparare la tavola per la colazione. Per l'occasione mi sembrava che i piatti di Jason Miller potessero andare molto bene, ma quando mai i piatti di Jason Miller non vanno bene?

Ho fatto friggere le crepes versando un mestolino di composto per volta in una padella antiaderente con poco burro (per me quello della Beurrerie du Patrimoine che è un burro di centrifuga) e facendo in modo che restassero piuttosto sottili.
Una volta fritte, le ho poi ripassate in padella, due per volta, bagnandole con il succo d'arancia, a fuoco piuttosto vivace. A Cuba aggiungevano in padella anche della papaya tagliata a cubetti ed il risultato finale era una delizia pura. Io mancavo di papaya stamattina, ma abbondavo di sciroppo d'acero. Di necessità, virtù.


Abbiamo iniziato la giornata irrorandole di sciroppo d'acero della nuova annata, bevendo caffè e decidendo che saremmo andati a passeggiare all'Ile de Boucherville per godere della domenica di primavera piena.

Tuesday, May 13, 2014

Dell'essere madre.

Ho letto questo post questa mattina e mi ha colpito al cuore, o forse allo stomaco. Boh, comunque da qualche parte lì sotto l'esofago.

Maman. Louise Bourgeois, 1999. Ottawa - link


Sono senza figli, non per scelta mia, anzi, ma così è la vita e penso che sia giusto accettarla per quel che mi dona. Non per questo però non mi sento madre. Ogni donna è madre, ed il nostro corpo ce lo ricorda fin dalla pubertà. Siam fatte per quello. Anche una maternità negata esprime di fondo quel che è l'essenza stessa dell'essere femmina.


Mi sento madre ogni volta che mi prendo cura dei miei genitori, ogni volta che perdo il sonno per un'amica in difficoltà, o per un paziente che muore, ogni volta che l'elenco delle persone per cui prego si allunga, ogni volta che cucino qualcosa di speciale per amici o marito (soprattutto marito!). 
Cucinare, nutrire. 
Ogni volta che nutro qualcuno, esercito il mio essere madre. 
Accolgo, mi faccio ventre, e dono un po' di vita. O almeno ci provo, esattamente come ogni altra donna.

Sunday, May 11, 2014

Al circo.



Ricordo almeno due volte in cui, da bambina, i miei genitori mi hanno portata al circo. Non me li ricordo come eventi epici, anzi. Però in entrambe le occasioni, c'era un'emozione unica nell'entrare in un mondo così inusuale, varcare la soglia del tendone, incantarsi di fronte ai trapezisti,...

Ieri sera, come in uno specchio, la situazione si è ribaltata. 
Sono stata io ad accompagnare i miei genitori, qui in visita, al circo.
E ovviamente, trattandosi di Montreal, il tendone non poteva essere che questo


e il circo non poteva che essere il Cirque du Soleil, perla della città. 


Ho visto brillare gli occhi di mio padre e mia madre battere le mani così forte da avere poi il formicolio. 
E per una volta i bambini sono stati loro. 


Lo spettacolo era Kurios (breve filmato sopra, da guardare rigorosamente a schermo intero), al Chapiteau del Vecchio Porto fino a luglio. Strabiliante come sempre, forse anche di più. 



Friday, May 2, 2014

How to explain your research at a party

Tra le mansioni non scritte di chi fa ricerca rientra innegabilmente la partecipazione a cene ed eventi sociali finalizzati al far conoscere il proprio lavoro e ottenere finanziamenti.
Ed è così che qualche giorno fa io, neuropediatra, il mio capo, genetista, e il nostro collaboratore, esperto di mitocondri, abbiamo dovuto presenziare ad una signora cena proprio della categoria appena descritta.
L'invito arrivava da un nostro finanziatore, imprenditore di Montreal molto ben abbiente, e con un familiare affetto da rara malattia genetica. Si sa infatti che le malattie genetiche, specie se rare, sono molto democratiche e se ne fottono del reddito.
La cena era organizzata da altri facoltosi signori e signore, e l'idea era di godere della nostra presenza e magari presentarci ad altre persone che han così tanti soldi da volercene dare un po'. Così, se per caso avanzano.

Ora, come ci si approccia ad una cena del genere?

Il punto è che con molte di queste persone non si avrebbero argomenti in comune, lavorativamente parlando. Perché, se proprio non sai di cosa parlare, ad una cena con uno sconosciuto al limite si discute del tempo o di hockey. Invece no, in questo caso le circostanze ti obbligano a trovare il modo di parlare del tuo lavoro, dei tuoi progetti, e per di più in modo comprensibile ed intrigante. [Se poi si riuscisse pure a insinuare l'idea che un contributo finanziario potrebbe dare la svolta alla ricerca, perché no?]


Appeso alla porta di un nostro laboratorio.




Mica facile.
Io, anche vista l'età, sono ancora una vera principiante in materia. Alla cena di qualche giorno fa cercavo quindi di farmi le ossa e imparare dai miei due più maturi colleghi.
Ulteriore handicap: di solito queste cene sono a dir poco sontuose e innaffiate da litri di ottimo vino.
Quindi bisogna restare lucidi.

Io ho iniziato molto male. Alle sette meno un quarto avevo già bevuto due bicchieri di Franciacorta e mangiato almeno sette ostriche.

Ma passiamo alla lezione.
Veniamo presentati ad una coppia di proprietari terrieri che si occupano di allevamenti in Nuova Zelanda. Tanto per dire, sono loro i terreni su cui hanno girato il Signore degli Anelli.
"E lei di cosa si occupa?"
"Di leucodistrofie (no, leucodistrofie non si può dire, non si capisce). Di malattie genetiche della sostanza bianca"
Sguardo interrogativo dei due.
"Avete presente che il cervello è composto da materia grigia? Ecco poi c'è quella bianca e..."
Sguardo immutato.
"Be', comunque di malattie genetiche del cervello".
"Ah, ok".
Io esulto un attimo, penso che forse ci siamo. Poi il signor proprietario terriero continua:
"Ah, tipo la dislessia?"
No, oddio, no. Siamo completamente fuori strada. Ecco, non me la cavo.

Lo stesso dialogo si ripete, con tutt'altro esito, con l'esperto di mitocondri:
"Io mi occupo di ricerca sui mitocondri che sono quella parte delle cellule che gestisce tutta l'energia."
"Ah, davvero? Interessantissimo. Ma e questi mitocondri li hanno anche le pecore? Perché sa, io allevo pecore. Mi dica di più!"
Ma porc.. Devo imparare. Guarda, ascolta, assorbi!


Che poi, è proprio in queste circostanze che io invidio chi si occupa di diabete o di infarto, che loro alle cene così basta che dicano "Io? Io mi occupo di diabete", "Ma davvero? Sa che proprio mio zio ha il diabete, e anche il mio barista, e allora, mi dica, su, a che punto siete con la ricerca?".
Io devo partire dalla rava e la fava e il più delle volte mi ritrovo a usare similitudini tipo "È come un circuito elettrico: il neurone è il filo di rame e la sostanza bianca è la guaina di gomma isolante che fa sì che l'impulso elettrico viaggi più veloce". Però è chiaro che se parto da Adamo ed Eva prima di arrivare all'oggetto della mia ricerca siamo all'ora della grappa dopo il caffè, e l'interlocutore me lo sono perso strada facendo tra i fumi dell'alcol e il filetto di angus...

Alla fine la serata è stata piacevole. Noi siamo rientrati con un livello alcolemico non da poco. Il giorno dopo ci aggiravamo per l'ospedale come tre studenti universitari che la sera prima han fatto bisboccia e l'indomani hanno tutti i postumi, ma van comunque a lezione.
Ho incrociato l'esperto di mitocondri in corridoio:
"Come stai?" gli ho chiesto.
"I am sleepy, I drank too much! I cannot do that anymore! I am too old...".

Insomma, è un duro lavoro, ma qualcuno deve pur farlo.