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Wednesday, August 14, 2019

Una galette per la stagione delle raccolte

Da oramai più di un mese è iniziata la stagione delle raccolte - di frutta - che per me va di pari passo con la sindrome dello scoiattolo. 
Il calendario prevede il seguente ordine
fragole
lamponi
mirtilli
pere
prugne
mele
e zucche per finire

Noi della famiglia cerchiamo di farne il più possibile, fomentati dalla cara amica Silvia che mi invia prontamente messaggi su quali aziende e fattorie abbiano frutta al giusto grado di maturazione. 

Adesso siamo già nel periodo dei mirtilli, i preferiti miei e della SignoRina, la quale un giorno se ne è mangiati una tale quantità da preoccupare l'educatrice del nido una volta cambiato il pannolone e trovato il "prodotto interno" di colore nero... Ma sorvoliamo su questi particolari, visto che sto per scrivere una ricetta.

I kg di frutta portati a casa devono prontamente essere conservati, trasformati o cucinati. E se c'è una cosa che mi piace in modo speciale sono le ricette americane di torte e crostate con la frutta estiva. Mi chiedo come mai ce ne siano poche italiane al confronto, ma forse è semplicemente perché la frutta in Italia è talmente buona che sarebbe peccato cuocerla, e poi perché a me con il caldo italiano non è mai venuto in mente di accendere il forno.

Ad ogni modo, segnatevi questa ricetta. È spettacolare nella sua semplicità, non solo di esecuzione ma di sapore. Ha pochissimo zucchero, non ha uova ed è in pratica un involucro di pasta frolla che avvolge la frutta. 

Ricetta modificata da Smitten kitchen, mio riferimento per le ricette americane.

Come si vede in basso a sinistra, io evidentemente non avevo chiuso bene la frolla sulla frutta e il succo è uscito...
Fate come dico, non come faccio


Galette di fragole

Per la frutta
2 tazze di fragole o mirtilli o un misto di frutti di bosco
3-4 cucchiai di zucchero grezzo di canna
2 cucchiai di amido di mais o di tapioca

Mescolare i tre ingredienti in una ciotola e lasciare riposare perché la frutta assorba zucchero e amidi.
Nel frattempo preparare la frolla.

Per la frolla
150 g di farina (per versione senza glutine, 1/2 tazza di farina di riso integrale, 1/4 di farina di tapioca, 1/4 di farina di saraceno, 1/4 di farina di mandorle)
100 g di burro a pezzetti
1/4 di tazza di yogurt o ricotta
3- 4 cucchiai di acqua fredda
1 cucchiaio di zucchero grezzo di canna
pizzico di sale
buccia grattugiata di mezzo limone

Setacciare insieme gli ingredienti secchi. Aggiungere il burro e impastare con la punta delle dita fino ad avere un composto sbricioloso. A quel punto integrare lo yogurt o la ricotta e l'acqua fredda (un cucchiaio alla volta) e impastare velocemente per farne una palla. Sarà un composto morbido e appiccicoso. Di quelli che uno impreca perché metà dell'impasto resta sulle dita. Metterlo in frigo a riposare per 20-30 minuti.
Pre-riscaldare il forno a 200 gradi.

Stendere la frolla con un mattarello o semplicemente schiacciandolo con le mani su una placca da forno rivestita di carta forno. Io uso le mani. Non bisogna darle una forma necessariamente rotonda. Versare al centro la frutta e richiudere la frolla sopra la frutta per evitare che il succo esca in cottura. È una torta molto rustica, quindi vanno benissimo le robe raffazzonate, fatte con una mano e asimmetriche. Se lo fate con una bambina di 20 mesi in braccio, riesce bene lo stesso. Garantito. 

Se proprio volete la sciccheria, spennellate di latte i bordi e cospargete di zucchero granulato. 
Infornate e cuocete per 30 minuti.  



Fatela, vi prego, prima che arrivi l'autunno.


Thursday, August 1, 2019

Quasi In Mezzo al Niente

Per il secondo anno consecutivo, la famiglia Giraudo-Pistone ha trascorso una mini-vacanza ultraeconomica di quattro giorni Quasi In Mezzo al Niente.

Panorama del Mont Orford, proprio dietro la montagna, sulla destra c'è la casetta delle vacanze.
Quando dico che è terra di foreste e laghi, intendo questo.

Quasi In Mezzo al Niente è il nostro modo di chiamare i Cantons de l'Est, amena regione del Quebec al confine con il Vermont, dove vive una famiglia di nostri amici speciali. Speciali perché sono la famiglia con cui abbiamo condiviso un evento che ha cambiato la vita a tutti, ovvero il viaggio in Cina per diventare noi i genitori del Sig. Tenace e loro la famiglia di Monsieur Têtu, chiamato così perché ostinato e caparbio più del Sig. Tenace.

Una domenica di primavera di un anno e mezzo fa, eravamo ospiti da loro, in questa deliziosa casetta al limitare del bosco, con un grande prato completo di scivolo, altalena, trampolino e piscina, e pure una casa sull'albero. Guardandosi attorno e aspettando che il suo hamburger cuocesse sul barbecue, il Teodolindo ha fatto la battuta: "Non è che la affittate? Ahah!"
Il papà del Sig. Têtu non ha riso:
"Serieusement, volete venire a stare qui mentre noi partiamo per le nostre vacanze in camper quest'estate? È vostra, così ci curate l'orto e mettete il cloro in piscina."

Che ce lo siamo fatti ripetere due volte?!

Lo scorso anno, alla nostra prima mini-vacanza a costo quasi zero, l'impatto di stare Quasi in Mezzo al Niente è stato evidente per tutti. Il Sig. Tenace si è svegliato al mattino, ha guardato fuori dalla finestra e, vedendo null'altro che alberi ed abituato invece alla metropoli, ha chiesto con un filo di inquietudine:
"Ma dov'è la gente qua?"
Non c'è Sig. Tenace, non c'è.

Quasi in Mezzo al Niente è terra di foreste e laghi. Ogni giorno, se ci stufiamo della piscina o della casa sull'albero, guidiamo fino ad un laghetto. Non per incontrare gente, sia chiaro. Se si vuole trovare qualcuno con cui parlare l'unica è andare a fare la spesa.

Il Lake Fraser, al tramonto. Non che prima ci fossero più persone, sia chiaro.

Quest'anno ci sentivamo ormai di casa e ci siamo goduti quattro giorni immersi nei boschi. Tutti, inclusa la SignoRina, la quale, si sa, non è proprio la bambina più socievole del mondo, e di stare isolata senza gente che cercasse in ogni modo di rubarle un sorriso era solo contenta. 

Solo ogni tanto, seduta sulla riva del lago, si guardava attorno e forse, come suggerito da un amico, avvertiva un lieve senso di solitudine? Chissà. 

La SignoRina si guarda attorno perplessa: che sia infastida dalla folla in acqua?

Siamo rientrati ieri e già speriamo che anche l'anno prossimo i nostri amici vadano in vacanza e abbiano bisogno di custodi per la loro dimora.

Monday, September 25, 2017

Sbucciando pere e mele

Volevo scrivere un bel post sull'arrivo dell'autunno e su come questa stagione mi scateni l'impulso irrefrenabile di sbucciare frutta per poi farci crostate, torte e clafoutis.
Poi, da una settimana, il solito meteo estremo di Montreal ci ha sorpreso con un ritorno dell'estate, temperature oltre i 30 gradi, cielo blu e sole caldo. Le piscine hanno riaperto, si indossano di nuovo canotte e pantaloni corti e noi ceniamo in terrazzo.
Ma io avevo già comprato kg di mele e kg di pere che ora giacciono in cucina e mi guardano dicendo: "Ci hai sedotte e abbandonate? Tutte le tue promesse?"
Le mantengo.
Voilà le mie due ricette preferite al momento, come al solito usate per la colazione.

Clafoutis pere e cioccolato
Questo si fa in un batter d'occhio, davvero. Ricetta perfetta da fare una sera in settimana. Io di solito procedo così: finita la cena, mentre il Teodolindo sparecchia, io e il Sig. Tenace ci attardiamo a tavola, ciacoliamo e intanto io sbuccio due o tre pere e le taglio a pezzetti piccoli.
Poi si procede con tutto il rituale per mettere a letto il pargolo: libri, lavaggio denti, canzoni e storie nel letto.
Quando il Sig. Tenace dorme beato, ritorno in cucina, accendo il forno a 180 gradi e mentre il forno si scalda preparo l'impasto, mescolando nell'ordine:

30g di farina di tapioca
30g di farina di riso bruno o di miglio
30g di farina di mandorle o mandorle tritato
(come al solito, per i non celiaci, il mix di farine è sostituibile da 100g circa di farina bianca, ma che noia...)
50g di zucchero
2 uova
200 ml di latte

Sistemo le pere tagliate sul fondo di una tortiera coperta di carta forno o imburrata e infarinata, ci aggiungo una manciata abbondante di gocce di cioccolato fondente, verso sopra l'impasto.
Di solito finisco addirittura prima che il forno abbia raggiunto la temperatura.
Lascio cuocere per 40 minuti, poi tiro fuori e lascio raffreddare sul bancone della cucina fino al mattino dopo (o per un po' se volete assaggiarne una fetta tiepida la sera).
L'unico aspetto negativo di questo clafoutis è che a casa nostra dura solo due colazioni: il primo giorno ne parte mezza, e il secondo viene finita. Ma il procedimento è così veloce che la faccio più volte a settimana.


Colazione iniziata da cinque minuti. Dopo altri venti la torta sarà ormai dimezzata.


Apple pie
Questa è solo un filo più laboriosa, in parte per il tempo di raffreddamento della frolla in frigorifero e in parte perché il Sig. Tenace non resiste all'accoppiata frolla-mattarello e vuole partecipare alla preparazione dei due dischi di pasta, con disastri annunciati e pezzi di frolla burrosa spalmati ovunque. Ormai gioco d'anticipo e abbondo con le dosi, per potergliene dare una pallina con cui fa quel che vuole dotato del suo mattarello personale.
Visto che sono un po' di corsa, anziché trascrivere le dosi, ho fatto le foto al mio quadernetto di appunti di cucina:



Come per una frolla qualsiasi, si setacciano insieme le farine con zucchero e sale, si unisce il burro tagliato a pezzetti e si lavora con la punta delle dita fino ad avere un composto sbricioloso. Si aggiunge l'uovo e qualche cucchiaio di acqua ben fredda per poter fare una bella palla che si mette poi a riposare in frigo almeno trenta minuti. È una frolla molto poco dolce, ricorda quei goduriosi biscotti scozzesi, gli shortbreads
Intanto si sbucciano 3-4 mele, si tagliano a pezzetti e si fanno appassire in un pentolino a fuoco basso, con magari un cucchiaio di acqua. Se le mele sono acidule, potrebbe essere il caso di aggiungere un cucchiaio di zucchero o, come faccio io, dello sciroppo d'acero, per compensare la frolla poco dolce. Se piace, si può spolverare un po' di cannella.
Si divide la frolla in due parti quasi uguali: la porzione più grossa serve per il fondo, la più piccola per lo strato che copre. Si stendono con il mattarello: con la prima si fodera una teglia rotonda, su cui si adagiano le mele, e si ricopre con il secondo disco di frolla. Io incido la pasta per permettere al vapore di uscire. 
Per la cottura, si inforna a 180C per 30 minuti circa, forse anche di più. Non ricordo. Io vado a occhio... e a profumo. La pressapochezza delle mie ricette ormai è nota. 

Ormai non ho più alcun pudore nel pubblicare foto penose


E voi cosa fate con pere e mele di questi tempi?


Thursday, June 29, 2017

Fragole

Arriva l'estate ed arriva la stagione delle scorte di frutta. Non è mai troppo presto per cominciare, perché la sindrome dello scoiattolo colpisce già a giugno.
Noi abbiamo iniziato con le fragole, che siamo andati a raccogliere un sabato mattina in compagnia dei nostri amici che ci raccomandano sempre i migliori produttori (e poi ci danno anche le ricette dei crumbles...).




Questo è stato il raccolto, dopo un'oretta e mezza di schiene piegate sotto il sole.



E poi che farci con tutte 'ste fragole? Che, diciamocelo, bello bucolico andare a raccogliere fragole nei campi, neh, ma poi bisogna pulirle e lavarle e decidere come usarle. E a quel punto della giornata si è già un po' stanchi, ma non ci siamo persi d'animo e ci siamo dati da fare.

Un cestino è stato lavato e "depicciolato" ed è finito in frigo per il pronto uso (alias, riserva continua del Sig. Tenace che alla sera pisciava rosa da quante se ne fosse mangiate).

Il secondo cestino è stato lavato, depicciolato anch'esso e poi è finito nel congelatore, per le scorte invernali quando si avrà voglia di crostata o pancakes.

Il terzo è stato - indovina? - lavato e depicciolato e poi, con cinque gambi di rabarbaro e una stecca di vaniglia, è finito in un pentolone per diventare marmellata.


La marmellata di fragole, rabarbaro e vaniglia, prima volta in vita mia che la facevo, si è rivelata ottima. Ma proprio ottima.
Ho usato le solite proporzioni raccomandatemi dalla Enrica, fida amica di mia madre, esperta in marmellate: 300 g di zucchero di canna per 1kg di frutta (qui la ricetta originale).

E con il cestino pronto uso che ci ho fatto?
Potevo forse lasciarlo lì, facile preda di manine voraci?
No.
Come detto sopra, la mia amica spacciatrice di fornitori biologici è anche maestra di crumble improvvisati e mi ha passato la sua pseudo ricetta. Pseudo perché va molto a occhio, e per questo ci troviamo molto bene visto che abbiamo lo stesso approccio alla cucina. 

Riporto la ricetta direttamente dal suo messaggio whatsapp; notate la precisione delle dosi, ma ripeto io e lei ci capiamo ;)

Crumble di fragole
300 g di farina (riso bruno, saraceno, e un po' di bianca) [per noi senza glutine: farina di riso bruno, saraceno, mais]
qualche grano di saraceno intero [io non ce l'avevo, non l'ho messo]
1 uovo intero
un bel po' di olio di cocco [come sopra, non ce l'avevo; ho messo burro]
magari 3-4 cucchiai di zucchero
un po' di cannella e un po' di acqua se resta asciutto

Impasto con le mani, sbriciolo tutto bene e stendo sopra ad uno strato di fragole (con qualche goccia di limone e un pelino di sciroppo d'acero).
Schiaccio un po' lo strato di farina sopra alle fragole e poi inforno per 45 minuti. 
Grazie, Silvia!

Il crumble a colazione, alla luce dell'alba, nel piatto di un certo signore


Tutto qui? No. La morte loro è nei pancakes della domenica mattina. Ma quelli li riservo per un altro post.

Wednesday, November 16, 2016

Una cosa bella

Ho pensato che in questi giorni abbiamo bisogno di cose belle.
E magari anche di cose sublimi.

Per me una delle cose più belle di Montreal, ogni giorno dell'anno, ma più che mai in autunno, è questo albero. Il mio amato. Lo vedo almeno una volta al giorno. Fa più lui che tante parole, a volte il solo vederlo mi aggiusta la giornata.



Ah, per la cronaca. La foto è stata scattata qualche settimana fa e non ha alcun ritocco ai colori. È così al naturale.

Tuesday, July 12, 2016

Le mezze stagioni e le stagioni intere

Nel post precedente, Silvia commentava che, riguardo al clima, qui "non abbiamo mezze misure".
Subito ho risposto che è vero, poi ci ho ripensato. No, no, qui le mezze stagioni ci sono proprio, sono magnifiche e durano il tempo giusto (non quindici giorni come in Italia). 
Qui a Montreal abbiamo quattro stagioni. Ognuna ben definita e ben differente da quella che la precede e da quella che la segue. 
Come già detto più volte, il Teodolindo ed io amiamo questo alternarsi che scandisce il tempo e non ti annoia mai. Addirittura, quando qualche tempo fa visitammo il sud della California, con quei 23-25 gradi costanti per quasi tutto l'anno, per quanto l'avessimo trovato piacevole entrambi ci eravamo detti: "Sì, ma che barba dopo un po'!".

Però.

Però, se le mezze stagioni montrealesi sono una meraviglia, le stagioni intere, i due flagelli cattivi e bellissimi, mettono davvero a dura prova. 
Dell'inverno canadese ho già scritto più volte: i metri di neve sul balcone, le temperature sotto i -20, il vento che congela le ciglia e i lobi delle orecchie, ...
E l'estate?
Eccola qui. Prego notare le temperature percepite (feels like) per i prossimi due giorni:



Che uno potrebbe dire: "Eh va be', che sara mai?! Ci si abitua al caldo e bon." 
Certo, solo due precisazioni: primo, le case, giustamente, sono costruite per trattenere il calore - e lo fanno benissimo! - e, secondo, ci sono variazioni pazzesche: se avessi potuto farvi vedere il grafico di sopra includendo il fine settimana passato avreste visto temperature sui 16 gradi. Quindi ci facciamo escursioni termiche di venti gradi nel giro di 48 ore. 
Ma anche a questo ci si abitua.

Io lavoro con genetisti e alcuni raccontano una storiella sul fatto che la popolazione del Quebec è fisicamente forte proprio perché per una legge di selezione naturale ha dovuto adattarsi a climi estremi. Noi italiani a Montreal ci passiamo l'inverno con sinusiti e otiti e le estati con laringiti, perché siamo dei viziatelli con il corpo abituato ad un clima pressoché perfetto. 

E come si comportano i Canadesi con il clima? Come abituano, ad esempio, i loro figli a queste condizioni?
Come già detto, il Sig. Tenace ha da poco iniziato la garderie. I bambini di età compresa tra i due e i cinque anni vengono portati all'aperto tutti i giorni. Tutti i giorni dell'anno! Salvo condizioni meteo estreme che sono indicate in rosso nelle due tabelle qui sotto (per il freddo e il caldo, rispettivamente):





In pratica, con temperature percepite comprese tra i -27 e i +38 si esce a giocare all'aperto. Ben equipaggiati, ça va sans dire. Sembra anche che giocare a -15 gradi sia addirittura "confortevole". Faccio notare la frase della Società Canadese di Pediatria che raccomanda di non mandare i bambini a giocare fuori se il fattore eolico abbassa la temperatura a -28. Come se esistessero genitori o insegnanti che in quelle condizioni dicono: "Ma sì, dai, facciamogli fare una corsetta nel gelo polare che si rinforza!". E in effetti esistono e per fortuna ci sono le linee guida!

Questo è quanto sull'estate. Per fortuna esistono le piscine pubbliche che in settimana son gratuite! :)


Thursday, January 7, 2016

La quarta legge dell'inverno canadese

"Dopo anche solo due giorni passati sotto i -20, quando il termometro tornerà ad indicare temperature intorno ai -10 si percepirà nell'aria la Primavera di Vivaldi, con relative conseguenze sul comportamento umano"

Esempio
Dopo aver trascorso la mattinata al parco insieme al figlio duenne, perche "c'è il sole e non fa freddo: approfittiamone!", nel tardo pomeriggio si avrà ancora voglia di uscire per fare due passi, questa volta soli, incamminandosi lentamente verso Harbin, ristorante cinese di fiducia, ordinare noodles e dumplings da asporto e poi rientrare a casa senza neppure indossare i guanti.

Mattino al parc Laurier, con una piacevole temperatura di -12


Corollari
-Se me l'avessero raccontato cinque anni fa, non ci avrei creduto.
-Il corpo umano si abitua a tutto.


(Le prime tre  leggi sono queste)

Monday, October 12, 2015

Rosso, arancione e giallo

Oggi era il giorno del Ringraziamento qui in Canada e noi abbiamo festeggiato con una passeggiata sul Monte (Mont-Royal, ndR) e una pumpkin pie (naturalmente senza glutine).

Di grazie da dire ne abbiamo infiniti soprattutto in quest'ultimo periodo, ma oggi, dopo un'immersione nei colori che il Quebec sa regalare in autunno, ci sentivamo di ringraziare in special modo per questi colori, che fossero essi in versione fogliacea o commestibile. Perché ricordiamoci che tra poche settimane qui sarà tutto bianco e quest'esplosione di colore sembra essere fatta apposta per riempirci gli occhi e farci fare le scorte in vista dei mesi a venire. 





E di chi mai sarà quel buco-impronta lasciato da un ditozzo goloso?!

Per la pumpkin pie, mi sono rifatta alla ricetta di Debbie Perelman di Smitten Kitchen, mio riferimento per le ricette americane. La frolla senza glutine è invece ispirata a quella del libro "La tartine gourmande" di Beatrice Peltre.

Per la pasta frolla
60 g di farina di tapioca
40 g di farina di sorgo
40 g di farina di riso bruno
1 cucchiaino di psyllum husk
50 g di zucchero
100 g di burro
1 uovo
3 cucchiai di acqua fredda 

Setacciare le farine con lo psyllum e lo zucchero. Aggiungere il burro tagliato a pezzetti e lavorare il composto con la punta della dita fino a farlo diventare sbricioloso. Aggiungere l'uovo ed eventualmente l'acqua fredda se l'impasto fosse ancora troppo secco. Formare una palla e metterla a riposare in frigorifero per almeno 30 minuti, in modo che si rassodi.
Nel frattempo, preriscaldare il forno a 200 gradi C e preparare il ripieno:

Per il ripieno
300 g di zucca cotta (meglio se al forno, poiché rimane più asciutta) e frullata
100 g di zucchero
cannella, zenzero e noce moscata secondo il gusto personale (io: un cucchiaino di cannella, mezzo di zenzero, una grattatina veloce di noce moscata)
200 ml di panna
2 uova

Mescolare la zucca frullata (io ho usato una zucca butternut) con lo zucchero e le spezie, aggiungere quindi le uova e in ultimo la panna.

Stendere la frolla con un matterello su di un foglio di carta da forno, dandogli una forma rotonda di dimensioni poco più grandi della teglia che si userà, quindi adagiare la pasta sulla teglia e aggiustare i bordi. Versarvi la crema del ripieno ed infornare a 200 gradi per 10 minuti, dopodiché ridurre a 180 gradi e proseguire la cottura per altri 30 minuti. Il centro della torta deve rimanere morbido, ma non liquido. Estrarre dal forno e lasciare raffreddare completamente prima di servire.


Monday, February 2, 2015

Le tempeste di una volta

Ci siamo svegliati questa mattina e nevischiava. O meglio, era in corso una "tempestucola" di neve che rendeva il paesaggio così:

Panorama da una finestra dell'ospedale, direttamente sul campo di football. Quel che sembra nebbia è impalpabile, implacabile neve...

Niente di che, a dire il vero, in quest'inverno che per ora ci ha regalato ben poca neve in confronto agli anni passati. Il Signor Inverno sta pero ricompensando con le temperature: questa mattina -34. Menotrentaquattro! Alla fermata dell'autobus non sentivo più i piedi, pur nei miei ultratecnici winter boots garantiti fino a -25 (e infatti...) e per un attimo ho capito fisicamente che di freddo si può davvero morire.

In ogni caso, di neve poca e bianco candor altrettanto scarso.

Vien quasi da dire che non esistono più le tempeste di una volta, quelle che facevano il metro di neve in terrazzo, che il Teodolindo doveva spalare per ben due volte: una per liberare il suddetto terrazzo e una per andare al piano terra a disostruire l'entrata dei vicini dalla neve appena spalata e buttata di sotto.

Chi l'avrebbe detto che avremmo ripensato quasi con nostalgia a quella famosa tempesta del secolo del 27 dicembre 2012, data che resterà nella storia non solo per noi italiani emigranti, ma anche per i Montrealesi, tutti esterrefatti con il naso all'insù a chiederci: "Ma quanta mai potrà venirne giù in un solo giorno?!"
Tanta così:

Il famoso balcone


Il nostro balcone da solo non rende l'idea di cosa era stata quella tempesta, mentre lo fa bene questo video.
C'è tutto: il vento gelido, le macchine sommerse e la spalatura solidale (tutti a liberarne una, poi tutti a liberarne un'altra), gli slittini, e soprattutto al minuto 3.19 compaiono loro, i veri padroni della città, ovvero i trattorini spazza-marciapiedi, che sfrecciano ai 50 km/ora sui marciapiedi e se il tuo cammino si incrocia con il loro, vince il trattorino, sempre.

I Canadesi, nel loro solito stile, di fronte a tale tempesta reagivano con filosofia e se la ridevano beati per l'evento eccezionale.
Uno fra tutti lui, Sebastien Toutant, sbarbatello snowboarder professionista e campione del mondo, esattamente 12 ore dopo la fine della tempesta ha preso la sua tavola, è salito in cima al Mont Royal, la collina al centro della città da cui questa prende il nome, e si è buttato di sotto per una sciata downhill fin quasi al porto. Ha attraversato il parco, il cimitero, è passato dietro all'ospedale dove lavoro e di fianco alla facoltà di medicina e si è avviato tranquillo verso il fiume.

Dopo due anni questo video ancora mi emoziona, perché a vederlo uno quasi non ci crede che si è nel cuore della città.


Questa è Montreal, in tutto il suo invernale splendore.



Wednesday, December 10, 2014

La prima è sempre la più bella

Lo so bene che poi a marzo non ne potrò più, eppure non c'è niente da fare.

La prima tempesta di neve della stagione è sempre favolosa.





Foto scattate sulla via del ritorno a casa, dopo il lavoro. Quella luce del cielo, grigio giallastra, è il colore della notte di Montreal da dicembre a marzo. Ci si sveglia di notte e quel colore che filtra dalle finestre ha sempre un che di surreale.

Camminavo, in mezzo alla neve, e mi fermavo a fare foto. Poi un tizio dietro di me fa per superarmi con passo svelto e io mi faccio da parte per farlo passare: era il Teodolindo.

T: "Cosa ci fai tu qui?"
"Torno a casa a piedi"
T: "Pensa che ho visto questa tipa da dietro, che camminava lenta e faceva foto, e mi son detto: "Che bello vedere gente che ancora si meraviglia delle tempeste di neve!", poi ho capito che eri tu".

Non ho ben capito se l'ha detto con tono da complimento o no.


Sunday, September 28, 2014

In transizione

Come Nanni Moretti doveva passare tutti i giorni su quel ponte di Roma, anch'io sto meglio se passo almeno una volta al giorno dal Parc Lafontaine.


Fortunatamente, è esattamente quel che faccio da maggio a novembre, per andare al lavoro in bici. Mattino e sera, giorno dopo giorno, pedalo e mi godo il passare delle stagioni - tre - attraverso il parco.

Non so quale delle tre stagioni preferisco.

Questa, il passaggio dall'estate all'autunno, mi piace molto. Anche se non è priva di quella malinconia che accompagna chi sa che l'inverno sta arrivando.

Però non riesco a non amare quei lampi di rosso che si fanno strada in mezzo al verde.




Non riesco a non gustarmi queste ultime settimane di convivenza tra gabbiani e scoiattoli, prima che gli uni vadano in letargo, e gli altri a svernare.



Poi si scoprono cose interessanti ad osservare gli alberi.

Ad esempio, come diventano rosse le foglie degli aceri?
Dalla periferia al centro.

L'acero che tocchiamo dal nostro balcone
Questo qui sopra è l'acero di casa nostra, ma l'autunno, oltre alle foglie, accende anche invidie da vicinato al grido di "l'acero del vicino è sempre più rosso".

l'acero dei vicini, indubbiamente più rosso



A forza di tenere il naso all'insù per guardare alberi, do ragione al Teodolindo che dice che in questa stagione alcuni aceri sembrano fuochi d'artificio. E noi facciamo di tutto, collo ben disteso, per ammirarli finché durano.





Thursday, March 13, 2014

La terza legge dell'inverno canadese*

"I centimetri di neve che cadono a marzo sono direttamente proporzionali al numero di volte in cui tu in precedenza avevi detto: "Sento aria di primavera"."





* Le prime due leggi dell'inverno canadese:

I: Sotto i -15, mai, mai, mai togliersi i guanti. Mai.

II: In qualunque direzione tu stia camminando, il vento tirerà sempre in direzione opposta a quella della piega dei tuoi capelli.
Corollario alla II legge: in qualunque direzione tu stia camminando, avrai sempre i capelli davanti agli occhi.