E dalla multiculturalità ne deriva che in un giorno come ieri, per me inizialmente abbastanza anonimo, la caffetteria dell'ospedale gestita da una famiglia algerina abbia deciso di festeggiare Eid al-Fitr, ovvero la fine del Ramadan, offrendo té alla menta e pasticceria marocchina.
Il té era profumatissimo e dolce quanto basta. Tra i pasticcini spiccava il Mamoul, quello che in foto è ricoperto di zucchero a velo: una pasta frolla profumata all'acqua di fiori d'arancio che avvolgeva un ripieno di noci e datteri.
Io riflettevo su quanto un giorno importante per milioni di persone nel mondo, almeno quanto il Natale per un italiano, fosse passato inosservato per me per più di trentanni.
Da quando sono qui, ovvero quattro anni, non ricordo mai quando sia Eid al-Fitr, ma lo scopro con sorpresa al mattino venendo al lavoro: lo scorso anno, ad esempio, era il fellow dell'Arabia Saudita che aveva portato dei dolci ai datteri ricoperti di cioccolato. Quest'anno, però, ho trovato che il gesto della caffetteria sia stato particolarmente significativo.
Infatti, qui in Quebec, nei mesi scorsi c'è stato un acceso dibattito politico sulla proposta del partito separatista (il Parti Quebecois, che prende il 40% dei voti...) di introdurre la Carta dei Valori, ovvero uno statuto secondo il quale si proibiva di portare segni religiosi evidenti - e sul concetto di "evidente" bisognava poi discutere - nei luoghi di lavoro, soprattutto se pubblici. In altre parole, neutralità come base della democrazia.
Uno stato neutro al servizio di tutti?! Ne siamo sicuri?! |
A me viene la gastrite al solo pensiero di un concetto simile. Neutralità non potrà mai fare rima con democrazia. Pluralità ed accettazione dell'altro lo potranno.
Come diceva il vescovo anglicano di Montreal, Barry Clarke, in occasione del dibattito:
Religion, faith and symbols are ways in which we express our beliefs and are necessary for people to learn to live in a just and free society as increasingly multi-ethnic and multi-religious.
È talmente arricchente vivere uno accanto all'altro, quando fatto nel rispetto e nella curiosità reciproche senza dubbio. È a questo che dobbiamo educarci vicendevolmente.
Senza contare come una tale legge avrebbe portato ad una discriminazione a livello di impiego: basti pensare a tutti quei cittadini di fede ebraica o musulmana o sikh che si sarebbero trovati di fronte al problema se rinunciare alla loro kippah, hijab o turbante pur di lavorare in un posto pubblico. È chiedere di scegliere tra la propria identità e un posto di lavoro...
Con enorme sollievo di molti immigrati e della stragrande maggioranza dei Montrealesi, che rappresentano il 50% circa degli abitanti del Quebec, il PQ si è preso una batosta colossale, storica, ed è stato sconfitto clamorosamente proprio per il rifiuto della popolazione verso la Carta dei Valori (e verso il referendum per il separatismo, ma questo è un altro discorso).
Qui alla McGill, professori di ogni fede religiosa - la maggioranza all'MNI sono ebrei - e anche altri senza fede alcuna, hanno indossato una spilla, bella grossa, su cui comparivano tutti i simboli delle maggiori religioni. Io ne ero fiera.
Infine, proprio ieri leggevo di come a Edmonton, in Alberta, il comune abbia concesso di illuminare il ponte della città per celebrare Eid al-Fitr, e si auspica che la cosa possa ripetersi in futuro in occasione di altre festività, di qualunque religione.