A Washington per lavoro, mi sono portata dietro l'ultimo numero di Vogue France.
Inès de la Fressange, in veste patinata di editor-in-chief eccezionale, era un'ottima compagnia, nonché fonte di perenne ispirazione, in una Washington talmente gelida da far rimpiangere Montreal.
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Inès de la Fressange (sinistra) e io (destra) pronte ad affrontare la giornata di giovedì a Washington. Uguali proprio. |
Poi, una volta uscita dalla bolla di aeroporti e voli, ho scoperto cosa fosse capitato a Parigi nelle stesse ore in cui io ero in viaggio e mi rifacevo gli occhi con l'eleganza innata di Madame Inès, ex-marianna francese.
Mi sono subito sentita frivola. Intendo più del solito.
Il post che avevo in mente, su Vogue, Inès de la Fressange e compagnia cantante, mi è apparso così fuori luogo e me ne sono vergognata.
Altre ore, giorni sono passati e io ci pensavo, a quella Parigi che mi ha tanto formata, anni fa.
Parigi che è Charlie Hebdo, ma anche Vogue.
Le Monde diplomatique, ma anche Elle France.
Intanto leggevo commenti (
questo, e anche
questo) di chi si sente preso in causa, editoriali (
questo) che inneggiano alla laicità più rigorosa come soluzione a tutto, sbirciavo facebook.
Alla fine mi sono chiesta: ma se l'attentato, anziché farlo a Charlie Hebdo, l'avessero fatto alla redazione di Vogue, oggi tutti starebbero con un cartello in mano con su scritto
"Je suis Inès de la Fressange"?
E al posto delle matite, un rossetto verrebbe brandito come simbolo di libertà da ogni manifestante nelle piazze virtuali e non?
E le prese di posizione, indiscutibili e sacrosante, sulla libertà di espressione di noi paesi occidentali sarebbero sostituite con cosa? Forse, probabilmente, con altre prese di posizione sulla figura della donna emancipata e su come certe culture non occidentali vogliano invece minare alla libertà delle donne di esprimersi esteriormente come interiormente? Questo si direbbe? Questo si difenderebbe (e come dare torto)?
Allora perché ci sto tanto male nel vedere questi commenti?! Eh, perché?
Perché ho l'impressione che la discussione rimanga in superficie.
Mi chiedo perché nessuno - almeno non che io abbia trovato, qualcuno mi illumini, vi prego - non abbia ancora detto che questo attentato, come altri atti, sono il frutto principale di due cose:
- del
fallimento della politica di integrazione, che vede per definizione una cultura dominante assorbire, integrare persone di una cultura dominata, in alternativa alla più complessa politica di
interculturalità;
- e delle iniquità sociali, così forti in una città come Parigi, come a Londra, come in tante altre nostre metropoli e acuitesi ulteriormente in seguito alle politiche economiche degli ultimi anni.
L'attentato alla libertà di espressione, come ad altre libertà a cui noi siamo fortunatamente abituati, non ne è che l'epifenomeno. Non si può fare un processo all'evento, senza aver chiare le cause che l'hanno determinato nel profondo.
Di questo non ne sento parlare. E mi fa paura.
P.S. Il Teodolindo, le iniquità sociali, le studia per lavoro, e io assorbo per osmosi. Non so se sia una fortuna o no, visto che in questi giorni, io e lui siamo più ammaccati di quanto forse non saremmo se vedessimo solo l'aspetto della libertà di espressione.