Thursday, January 30, 2014

Preferenze

Tra mare e montagna, preferisco la Montagna nel mare. 



Tra Sicilia e Piemonte, preferisco la Sicilia. Ma tra estate e inverno, preferisco l'inverno.
E tra sole di Stromboli e vento di Montreal, dipende dai giorni. 

Preferisco il giorno alla notte.
Preferisco la mattina. Svegliarmi presto ad andare a dormire tardi.
Preferisco la colazione ad ogni altro pasto. Ma preferisco il salato al dolce. E tra un biscotto e un pezzo di focaccia da accompagnare al caffè, preferisco la prima. Ah, la focaccia al mattino.

Preferisco la pasta al riso. E gli spaghetti con olio e parmigiano a tutto il resto.
Preferisco gli avanzi alle primizie. E il pane del giorno prima a quello fresco.
Preferisco recuperare.
Preferisco tenere, che non si sa mai, può sempre servire.

Preferisco i libri usati a quelli nuovi. Preferisco i libri vecchi a quelli nuovi. 
Quelli sottolineati a quelli intonsi. Quelli che sanno di umido a quelli che profumano di fresca stampa.

Preferisco l'odore di cibo al profumo di pulito.

Preferisco far niente rispetto a ottimizzare. Uh, che odio la parola ottimizzare.
Preferisco la coperta sul divano. 

Preferisco la neve alla pioggia. Forse perché preferisco - sempre - i cappotti. 
Preferisco la donna vista da Valentino a quella pensata da Armani.
Preferisco Audrey Hepburn a Marilyn Monroe. E preferisco Laura Morante.

Ma tra tutte le donne mai comparse sulla terra, preferisco Teresa d'Avila. Anche rispetto a Audrey, sebbene non si conoscano molto i gusti di Teresa in fatto di eleganza. Certo, depone a suo favore il fatto che anche lei pare amasse gli abiti neri, per quanto di taglio piuttosto monacale.

Preferisco i tacchi alle ballerine, anche se fino a quattro anni fa avrei detto l'esatto contrario.
D'altra parte, preferisco chi cambia idea a chi ha convinzioni che durano una vita.
E di gran lunga preferisco chi ha dubbi a chi ha solide certezze. 
Chi cambia a chi è sempre uguale a se stesso. Preferisco Damon Albarn agli U2. 

E chi dice "mi chiamo" a chi dice "io sono". E chi dice "faccio il medico" a chi dice "sono medico".

Preferisco la sostanza bianca alla sostanza grigia. E gli astrociti a ogni altra cellula. Loro stan lì a fare tutto il lavoro di manovalanza e nessuno li considera se non quando si arrabbiano, la famosa "reazione astrocitaria".
Preferisco anche i melanociti, forse perché assomigliano un po' agli astrociti. 

Preferisco la pelle abbronzata, e le lentiggini.
Preferisco il rosso al blu, il rosa all'azzurro, il giallo al verde. 
Ma preferisco la bianca porcellana alla rossa creta. 
E, per analoga liscezza, preferisco il bunet alla crostata. E le penne lisce a quelle rigate.

Preferisco la scultura alla pittura. E la materia all'immagine.
Camille Claudel a Rodin. 
Però preferisco anche Wong Kar-Wai e i suoi fotogrammi, che mi appenderei in casa come quadri.

Gli alberi da frutto ai fiori. 
L'oca al cigno. La gallina al pavone. D’altra parte la gallina ha le ali ma non le usa, però fa le uova.

Preferisco il verbo "fare" al verbo "dire".
Preferisco il silenzio. Preferisco chi a volte resta senza parole.
Preferisco le persone scontrose a quelle socievoli. Gli antipatici agli amiconi.
E preferisco le mie amiche di una vita, anche quando mi chiedo se saremmo mai diventate amiche se solo ci fossimo conosciute oggi.

Preferisco solidarietà a beneficenza. 
E multiculturalità a integrazione.
Per questo, preferisco essere italiana, ma vivendo in Canada.

Preferisco pensare che quest'elenco di preferenze fosse molto diverso qualche anno fa. E che senza dubbio cambierà ancora. Eccome.

Monday, January 27, 2014

Dans le blanc

Sabato mattina sono passata dall'atelier per fare un petit coucou a Catherine (Auriol, ndr, mia professeur de poterie e amica) e ho trovato una sorpresa. Lì, dietro la porta di ingresso, a cui faceva la guardia il prode Gaspar - se ne intravedono le zampe nella prima foto - c'era lei. Una baigneuse dalla pelle bianco latte, intenta a fare il bagno tra i fiori, bianchi come lei e come la neve che copre la città. 
Ma che meraviglia. In effetti anche lei, la baigneuse, ha l'aria piuttosto goduta. E chi non lo sarebbe nella sua posizione, sguardo guardingo di Gaspar a parte?





La Baigneuse è di Geraldine Robert.


Thursday, January 23, 2014

Psyllium husk santo subito!

E dopo un anno esatto di tentativi, sono fiera di annunciare che habemus pastam frescam!



L'anno esatto è calcolato a partire dalla diagnosi di celiachia al povero Celiachindo, che ha visto lui deprimersi pensando all'addio a pasta, pizza, salami e birra e me disperarmi per il minacciato addio al mattarello bolognese da sfoglina.

Ma la disperazione non ha prevalso e, anzi, io ero partita agguerritissima a suon di "Nuova sfida! Fico, diventerò la sfoglina del senza glutine, aprirò una scuola, la gente verrà a imparare da me, maestra della sfoglia gluten free, e poi forse mi daranno pure il Nobel per la chimica!". Sì, ciao sogni di gloria.

La vanità è stata rapidamente punita ai primi tentativi, finiti con un impasto che sembrava perfetto per la base di una crostata, ma, insomma farci tagliatelle anche no, va'. Ho pianto. Sì sì, proprio lacrimoni. Con il Celiachindo che consolava me (lui, me!) a pacche sulle spalle: "Su, su, a me piaci comunque anche se appendi il mattarello al chiodo!". 
Giammai, Celiachindo, giammai.

Mi son cosparsa il capo di cenere e ho capito che avrei dovuto ricominciare da capo e che se avessi voluto rifare la pasta fresca, avrei dovuto conoscere meglio coloro con cui avrei avuto a che fare: le famigerate farine senza glutine. Parlo di quelle naturalmente senza glutine, che tanto qui quelle dietoterapeutiche non si trovano (e in ogni caso non le avrei usate - spero di scrivere presto a riguardo).
Un sentito, immenso grazie per aver contribuito al mio cammino di conoscenza, ancora abbondantemente in corso, va a lei: Shauna e suo marito si sono fatti un mazzo incredibile a imparare e poi a divulgare. Davvero, grazie.

Ecco cosa ho imparato e come sono giunta a queste tagliatelle che come si può notare sono elastiche, morbide, non si spezzano e non assomigliano alla pasta frolla neanche da lontani parenti!

Primo punto: il mix di farine: ugual quantità di farine proteiche e di amidi. Per me 50% farina di riso bruno e 50% farina di tapioca.

Secondo punto: dimentichiamoci per un attimo la voce della maestra Alessandra Spisni - maestra di vita - e del maestro Alessandro che dicevano, con accento bolognese "100 g di farina per ogni uovo". Ecco, ancora non ci siamo. Ma io ho imparato da loro che insegnavano anche ad aggiustare l'impasto sulla base di umidità, grandezza delle uova, ... Quindi per ora io gioco su 200-220 g di farina per 3 uova. Spero però di migliorare, ecco, e arrivare a 100 g per un uovo, ma non ci scommetto.

Terzo punto (e rulli di tamburi, prego): psyllium husk! Ovvero, colui di cui mai avevo sentito parlare prima e che è entrato di diritto tra i dieci ingredienti da avere in dispensa.
Cosa fa lo psyllium? In pratica fa finta di fare il glutine, inganna le farine e, con l'aggiunta degli ingredienti liquidi aiuta a legare il composto. È la fibra, completamente naturale, di una pianta che ha la proprietà di attirare l'acqua e diventare in tal modo colloso, come una mucillagine. Aggiungere un cucchiaino di psyllium husk alle farine, prima di impastarle con le uova, permette di trattenere l'umidità nel composto e lo rende meno sbricioloso.
[So che molti usano lo xantan gum per fare la funzione agglutinante: io preferisco lo psyllium perché' 1) non è un prodotto di biosintesi industriale come le gomme, 2) molti intolleranti al glutine lo sono anche allo xantan gum]

Quindi, andando a riassumere, per le tagliatelle che si vedono in foto (per 2-3 persone):
100-110 g di farina di riso bruno
100-110 g di farina di tapioca
3 uova di media grandezza, ovviamente di galline felici
1 cucchiaino di psyllium husk

Setacciare insieme le farine e lo psyllium. Aggiungere le uova e impastare bene, a lungo. All'inizio il composto sarà sbricioloso, ma con i minuti lo psyllium farà effetto e l'impasto diventerà più elastico e compatto. Dargli la forma di palla e metterlo a riposare per almeno mezzora in un sacchetto di plastica, come quelli per il congelatore. La fase di riposo è molto importante per l'omogeneità dell'impasto e per poter poi tirare bene la pasta. Alla fine del riposo, prendere l'impasto e stenderlo, con il mattarello o con la nonna papera. La pasta resta comunque più friabile e fragile della pasta all'uovo normale, quindi consiglierei di fare attenzione nel manipolarla, anche solo quando la si mette in pentola.

E siamo solo agli inizi! 

Wednesday, January 22, 2014

Di En, Xanax e carciofi.

Ho sentito En e Xanax, l'ultima canzone di Samuele Bersani. Ho ascoltato anche la sua intervista, in cui spiegava com'è nata En e Xanax. E questa è stata la mia reazione: mah.


La canzone mi piace, ma qui si vince facile perché a me Samuele Bersani è sempre piaciuto molto.

Però ne ascoltavo le parole e rimanevo perplessa. Poi ho capito cosa c'era che non mi convinceva. È l'amore che descrive che non mi piace, o meglio, che non mi piace più, perché quando avevo 15-20 anni quella era l'idea di amore che avevo e che cercavo, ossia quella di trovare una persona con cui vivere i sentimenti in modo totale, "filare all'unisono" dalle ansie ai litigi. A quell'età anch'io avrei detto che la frase
"Tu hai l'anima che io vorrei avere"
                                                                             (En e Xanax, 2013)

era una magnifica dichiarazione d'amore.

Poi sono cambiata.

Adesso la dichiarazione d'amore che vorrei ricevere è quella che Samuele Bersani aveva scritto qualche anno fa:
"Sei una creatura di prima scelta
sopra il banco del reparto convenienza
sono io lo scatolone che ti tiene verticale
e ti proteggo perché tu non vada a male"
 
                                                                               (Pensandoti, 2003)


L'amore per me, a 35 anni, è prendersi cura dell'altro come fosse una mazzo di carciofi. Maneggiandolo con cura perché può avere le spine, ma sapendo che dentro ci son le foglie più tenere e, certo, proteggendolo perché non vada a male. E sapendo poi che l'altro a volte, anziché un mazzo di carciofi, può diventare un cespo di insalata, delicato, che ha bisogno di più attenzioni perché non si sciupi, che quello in poche ore dimenticato fuori al sole te lo trovi appassito e ciao insalata. 
"Sei una creatura di primavera
fuori intanto sta scoppiando la bufera
un albero è caduto a pochi metri dai fanali
ma non uscire io non voglio che ti ammali
"
                                                            (Pensandoti, 2003)


Altro che anima.
"In due si può lottare come dei giganti contro ogni dolore
e su di me puoi contare per una rivoluzione"
                                                            (En e Xanax, 2013)

Rivoluzione? La rivoluzione, per me, è sentirmi dire ogni martedì e venerdì sera: "Porto fuori io la spazzatura, così tu non prendi freddo". È alzarsi per primi al mattino per preparare il caffè lasciando all'altro quei magnifici "ancora cinque minuti" sotto le coperte, non quando si è freschi di innamoramento e l'altro è la persona più bella del mondo- facile - ma quando dopo anni oramai l'altro lo si vede con occhi più reali.

O forse semplicemente, parafrasando Bridget Fonda nel film Singles del 1992:
"- What do you really want from a guy?
- I want someone who says "Bless you" when I sneeze."





Sunday, January 19, 2014

Quesito irrisolto

È ancora da capire come mai io esca un sabato mattina per comprarmi un paio di scarpe e torni a casa con questo:
Naturalmente senza scarpe.

Wednesday, January 15, 2014

Come mi sarei vestita se avessi vinto un Golden Globe

Ecco come mi sarei presentata sul red carpet, se mi fosse stato assegnato un golden globe, che so, per il miglior sofficino non protagonista, o per le porcellane nelle scenografie di Downton Abbey...

Sicuramente avrei chiesto a Valentino di dare a me il vestito di Amy Adams. Prima scelta.


Anche il vestito di pizzo nero di Armani indossato da Cate Blanchett sarebbe stato da rubare. Solo che lei è bionda, algida, mentre io, brunette, piccolina, non avrei forse corso il rischio di essere troppo la fimmina sicula anni '50?


Nel dubbio, perché non l'abito di Carolina Herrera? Si torna sui toni del rosso, fragola, che con il nero mi piace molto. Elegante, femminile.


O il bianco e nero di Dior? Bello, raffinato. Però non è che poi mi fascia sui fianchi?


Ultima opzione, Oscar de la Renta. Portato così, senza gioielli, senza accessori.


L'indecisione resta. Meno male che anche quest'anno io non abbia vinto niente...

Saturday, January 11, 2014

Il genere umano

source
Io conoscevo questo e più di questo, potevo comprendere la miseria di un malato e della sua gente attorno a lui. E non la conosce ogni uomo? Non può comprenderla ogni uomo? Ogni uomo è malato una volta, nel mezzo della sua vita, e conosce quest'estraneo che è il male, dentro a lui, l'impotenza sua con questo estraneo; può comprendere il proprio simile...

Non ogni uomo è un uomo, allora. Uno perseguita e uno è perseguitato; e genere umano non è tutto il genere umano, ma quello soltanto del perseguitato. Uccidete un uomo; egli sarà più uomo. E così è più uomo un malato, un affamato; è più genere umano il genere umano dei morti di fame.

Elio Vittorini, Conversazione in Sicilia