Forse non ne ho mai scritto perché per noi è stata una scelta naturale: era il suo nome da sempre, aveva due anni e mezzo quindi sapeva bene a quale nome voltarsi, infine era una delle poche cose che gli appartenevano e che definivano la sua identità da sempre.
Se ad una persona togli il nome, quanto togli e cosa resta?
Poi, va be', ci sono state altre motivazioni secondarie, ma importanti.
Ad esempio quel momento illuminante in cui ho assistito ad un colloquio di lavoro e la persona intervistata, titolare di un curriculum stellare e di un nome inglese, ha suscitato la sorpresa dell'esaminatore nel momento in cui ha varcato la porta, perché asiatica. E così il colloquio, da professionale, si è trasformato in
"Ma tu da dove vieni?"Ah, per la cronaca, la persona con il cv stellare non è stata presa.
"Toronto"
"No, ma davvero: di dove sei?"
"Sono canadese. (giustamente, iniziava a stizzirsi) Sono nato e cresciuto a Toronto!"
"No, ma i tuoi genitori di dove sono? O i tuoi nonni?".
O quella volta in cui un segretario è andato in sala d'aspetto, ha dato un'occhiata alle persone in attesa, poi è tornato e mi ha detto
"No, il tuo paziente non è arrivato."
"Come lo sai? C'è gente in sala d'aspetto. Hai chiesto?"
"No, ma questo è un nome italiano e di là ci sono solo neri" (Gli ho suggerito di tornare nella sala e chiedere ad alta voce)
Dicevo, momenti illuminanti che ci hanno confermato che, anche in una società post-nazionale come quella canadese, è meglio che il nome rifletta l'identità, anche razziale e culturale, di una persona.
Quando stamattina ho letto dell'episodio di razzismo avvenuto alla Columbia University - a New York eh, mica nel profondo sud degli USA - in cui in occasione del capodanno cinese i nomi degli studenti asiatici è stato rimosso dalle porte dei dormitori, ho avuto un sussulto. Nomi tolti, identità negate.
Poi, un secondo dopo, ho visto come gli studenti cinesi hanno risposto:
"Sig. Tenace."
Gli insegneremo ad amare il suo nome (e il suo cognome), che fanno di lui una persona unica.
Lo diremo sempre forte e chiaro.
Correggeremo sempre quelli che lo pronunciano male.
Diremo a tutti quelli che ce lo chiedono cosa significa, perché "Per sempre resistente" è proprio un bel nome.
Say my name.
Un nome splendido, lasciatelo dire da Amanda, che quando è nata era l'unico esemplare circolante, che per il suo nome è stata vessata e schernita, che lo ha avuto storpiato in tutte le maniere possibili. Ma ora è qui con il "peso" più dolce da sopportare. Vorrebbero gli altri essere "da amare" per tutta la vita
ReplyDeleteE la canzone dei Boston dove la metti? Quella col ritornello che finiva con AI LOOOOOVV IUUUU !
DeleteMa quella è dell'86 all'epoca indossavo già il mio nome come un abito da sera di alta moda 😊
DeleteAmanda e' un nome prezioso e ricordo di aver letto da te l'origine del tuo nome e il fatto che ti ci fosse voluto tempo ad abituarti.
Deleteriguardo all'excursus musicale che tirate in ballo voi due, non so di cosa voi stiate parlando ;) Mi vado a documentare, va'.
"Per sempre resistente" è il nome più bello del mondo!
DeleteBellissimo anche il video, e poi volevo dire ad Amanda che non mi ricordo più se gliel'ho detto, ma Amanda è anche il nome dell'eroina di uno dei libri più belli della mia adorata Margaret Atwood, e se non lo hai letto leggilo subito!
Mi sa che mi sono dimenticata di scrivere il titolo: "L'anno del diluvio".
DeleteSilvia segno, riuscirò mai a leggere tutto quello che segno? ci provo ;)
DeleteWhat's in a name? That which we call a rose, by any other name would smell as sweet.
ReplyDeleteCara, bellissimo post.
Ah si', una rosa si'.
DeleteUna persona non sono cosi' convinta. Se invece di chiamarmi Roberta mi fossi chiamata Gessicah, boh, sarei davvero la stessa?!
Non sapevo di questa storia, essendo in viaggio un po' di notizie me le perdo. Grazie per aver condiviso fatti e video. Leggere il tuo blog mi arricchisce, sempre.
ReplyDeleteMa figurati! Piacere di esserti utile nel tenerti aggiornata durante il tuo viaggio asiatico. Bacio!
Deletesei fantastica, il video è bellissimo (grazie per averlo diffuso, la notizia mi era sfuggita) e ciò che hai scritto sul nome di tuo figlio è poetico e commovente (oltre che assolutamente giusto) :)
ReplyDeleteMa grazie, Gio! Quante belle parole :)))
DeleteScusa se spammo, ho continuato a pensare a una cosa che riguarda l'aneddoto sul candidato. Quando conosco qualcuno che ha chiaramente origini lontane sono sempre curiosa di conoscerle. Non solo se i tratti sono diversi dai nostri, mi succede anche con gli americani per esempio, visto che tanti hanno origini europee. Magari è indelicato, non ci avevo mai pensato e grazie per avermici fatto pensare. Però ecco, adesso non ero presente al colloquio e non so se in quel caso ci fosse della malizia, ma quando io lo chiedo è solo per curiosità e interesse. Le storie di solito sono interessantissime e belle. Poi è chiaro che se hai tratti asiatici, ti chiedo da dove vieni e mi rispondi "Londra" l'antifona la capisco e non insisto e mi tengo la mia curiosità (anche se confesso che un po' delusa sono)!
ReplyDeleteMa figurati, nessun bisogno di scusarsi.
DeleteCapisco perfettamente cosa vuoi dire. Il problema e' pero', come spesso accade, non tanto nelle intenzioni di chi fa la domanda, quanto piu' nell'impatto di chi la riceve. Che ci sia malizia o pura curiosità conta poco se chi si vede rivolgere la domanda e' una persona che appartiene ad una minoranza visibile, perche' la domanda viene interpretata come un'insinuazione di non appartenenza alla societa' o cultura di riferimento. Equivale al ribadire che in fondo si pensa che quella persona sia in qualche misura straniera. Se consideri che la popolazione Asian-American, ma stessa cosa si puo' oramai dire di molte popolazioni nordafricane in Europa, faticano da generazioni a sentirsi parte del tessuto sociale e invece vengono percepite come "forever foreigners" capisci che quella domanda, anche innocente, possa far male.
Nello specifico del caso del candidato, la lezione che io ho portato a casa non e' stata tanto la microaggressione nei suoi confronti, ma il fatto che io - allora futura mamma di bambino asiatico - mai avrei voluto che mio figlio vivesse momenti di frustrazione e impotenza come quello cui ho assistito. Poi so che li vivra', gli capita gia' ora che ha solo tre anni di sentirsi perennemente straniero, ("E' adottato? Allora non e' canadese/italiano! Cinese? Coreano?"), ma se posso evitargliene qualcuno dandogli un nome che rifletta quello che lui e', anche somaticamente, lo faccio di corsa.
Ti metto due link interessanti, qui di seguito. Uno e' un video divertente e intelligente, l'altro un breve articolo che risponde proprio a domande come la tua.
https://www.youtube.com/watch?v=DWynJkN5HbQ
https://www.quora.com/Why-is-Where-are-you-really-from-a-problematic-question
(sto cercando di riemergere dall'oblio dei blog, questo e' il primo post che leggo dopo una lunga pausa dal tuo blog)
ReplyDeletela questione non e' banale!
anni fa, in tempi non sospetti, avevo visto un film documentario su delle ragazze cinesi nate in cina e poi adottate da famiglie americane, in molte delle quali si creava l'effetto banana ...non e' un insulto da parte mia, loro stesse lo definivano cosi, poiche' erano gialle fuori ma si sentivano bianche dentro. In particolare una ragazza si guardava allo specchio e si vedeva caucasica, e non capiva perche' le altre persone vedessero in lei una ragazza orientale invece.
Ecco, io sono d'accordo, non voglio arrivare a questo estremo... stiamo iniziando lentamente a immergerci nella cultura cinese, la sua baby sitter (quando sara') sara' cinese, e io stessa voglio imparare i rudimenti della lingua.
Il nome pero' lo abbiamo scelto occidentale. Non so da te, ma qui negli USA tutte le persone che arrivano dall'oriente si cambiano, a volte anche sui documenti, il nome, o cmq usano un nome occidentali nelle relazioni interpersonali. E' un semplificarsi la vita. Io ormai gia' da tempo sono entrata nell'ottica che, nonostante l'apparenza fisica, si possa essere americani... sara' che qui a san diego e' pieno di orientali di seconda o terza generazione. Se sono curiosa dell'etnia, chiedo che origine abbia la loro famiglia.
Ciao Marica! Bentornata! :)
DeleteAh son d'accordissimo con te. La questione non e' affatto banale. E anche noi se fossimo stati nella vostra situazione avremmo probabilmente fatto come voi per la scelta del nome. Anche perche' mi sarei sentita a disagio a scegliere un nome cinese, perche' a quel punto si sfociava quasi nell'appropriazione culturale, ma questo e' un altro discorso...
La questione dell'identita' dei bambini adottati transracially e' enorme. Si va dalla situazione descritta da te a quella opposta in cui c'e' il rifiuto per tutto quello che e' la cultura di adozione e l'idealizzazione della cultura di origine. Sto pensando ad un altro post su quest'argomento perche' il Sig. Tenace, alla tenera eta' di quasi 4 anni gia' ci sta dentro gia' con entrambi i piedi.
Io credo che come genitori in famiglie transrazziali il nostro dovere e' quello, come dici tu, di offrire al bambino tutto il ventaglio di culture e racial mirrors che compongono la loro identita'. E poi rispettare la loro percezione quando ci diranno "Mi sento italiano" o "Mi sento cinese" o "Mi sento un po' uno e un po' l'altro".
Riguardo il nome delle persone Asian-American, e' interessante quel che dici perche' qui in Canada non capita. Ne avevo proprio parlato con una mia collega cinese che aveva studiato a Stanford e li' si faceva chiamare Jenny mentre arrivata a Montreal e' passata di nuovo al suo nome cinese perche' dice che qui la gente si sforza di pronunciare il suo nome correttamente ;)
再见!
PS Ci sono dei gruppi facebook per sull'adozione transrazziale se ti interessano. Io e Alice siamo membri di un paio e possiamo darti le referenze.
Ma che strano, negli stati uniti cambiano il nome, ma in Canada no... Questoa dice lunga!!
DeleteAh, anche io mi cambio il nome nei rapporti "occasionali" :-)
Si, mi farebbe piacere conoscere quei gruppi, grazie... È vedrò di risponderti anche a una vecchia email!
Grazie per gli spunti