Tuesday, July 18, 2017

La comunità di appartenenza

Dicono, oggi più di ieri, che un bambino adottato deve essere esposto ad entrambe le culture di appartenenza: quella di nascita e quella di adozione.
Dicono, oggi. Perché fino a ieri si tendeva a cancellare o denigrare la cultura di nascita: ti ho adottato, adesso sei italiano. Punto e a capo, all'insegna della celebrazione della cultura di adozione e dell'idea che, in questo modo, l'integrazione nella società di adozione fosse più facile.
Per fortuna i tempi sono cambiati e sempre di più si dice che bisogna farsi il mazzo, qui da queste parti si dice "to walk the extra mile", per permettere al bambino di integrare nella sua identità tanto la cultura di nascita quanto quella di adozione, senza idealizzare né l'una né l'altra.
Le comunità di appartenenza, le chiamano.



Spesso a percorrere questo "extra mile" ci si dimentica della terza comunità di appartenenza a cui si deve dare accesso.
La comunità degli adottivi.
Il sapere che altri bambini, ma soprattutto persone di ogni eta', sesso e origine, condividono la loro storia è fondamentale.
Ricordo il racconto di una donna adottata dalla Corea. Mi diceva che all'epoca - ha circa 50 anni - lei era l'unica asiatica e l'unica adottata della cittadina in cui è cresciuta in Belgio. I suoi genitori le avevano raccontato la sua storia ("Sei nata in Corea e a 7 mesi ti abbiamo adottata"), ma l'assenza di esposizione a persone che condividessero la sua esperienza e il suo aspetto fisico l'avevano portata a farsi la fantasia che invece forse era malata: quei tratti somatici erano per lei bambina segni di un handicap e la storia dell'adozione, così assurda per lei, era giustificata dal non volerle dire della sua malattia.

Noi, come spesso ci succede, abbiamo capito questo concetto cruciale un po' per culo - o per provvidenza -, attraverso incontri con persone adottive che ci hanno illuminato la strada e a volte ci hanno dato schiaffi virtuali per farci capire cosa prova un bambino con quel vissuto.

Da allora abbiamo ricercato attivamente questi contatti e ci impegniamo perché siamo presenti nella nostra vita e soprattutto nella vita del Sig. Tenace.
Una grande mano ce la dà l'associazione per persone adulte adottive qui in Quebec. Questa qui.
I genitori adottivi non possono esserne membri, ma possono sostenere l'associazione e partecipare alle assemblee e agli eventi. Noi lo facciamo e se l'appuntamento non è solo una discussione del budget, ma anche un evento sociale, di solito ci portiamo dietro il Sig. Tenace che oramai sa che "andiamo là dove ci sono tante persone adottate come me".
All'ultimo pic nic, il Sig. Tenace era cresciuto molto rispetto alla volta precedente e con lui erano cresciuti i suoi pensieri e le sue domande. Ha passato il primo quarto d'ora a chiedermi:
"Mamma, anche questo signore è adottato?"
"Sì, Sig. Tenace, ma non indicare con il dito".
"E anche quella lì'?"
"Sì, ma smettila di puntare il dito verso la gente"
"Anche tu?"
"No, io no, Sig. Tenace, lo sai. Le persone che sono qui sono state tutte adottate tranne me, il papà e questa signora qui dietro'".
Che bello essere per una volta noi la minoranza, e non lui.
E bon, poi è andato a mangiare e giocare.

Stamattina stavo per portare a scuola il Sig. Tenace in bici quando, appena fuori casa, incontriamo la presidente dell'associazione che da poco abita a due passi da casa nostra (l'ho detto che abbiamo culo!). Lei si ferma e ci saluta, saluta soprattutto il Sig. Tenace e lui sa chi è ed è contento di vederla.
E poi in bici il tragitto è stato tutto incentrato su quell'incontro.
"Mamma, anche M. è adottata come me, vero?"
"Sì"
"Cosa vuol dire adottato?"
"Dimmelo tu"
"No, dimmelo tu, mamma!"
Lo sa cosa vuole dire, ma vuole sentirselo ripetere.
"Vuol dire quando la mamma e il papà che mettono al mondo un bambino non possono tenerlo e allora un nuovo papà e una nuova mamma diventano i genitori di quel bambino"
"E anche M. come me ha una mamma e un papà della Cina?"
"No, Sig. Tenace, lei è nata in Corea, ha un papà e una mamma della Corea"
"E poi anche per lei sono arrivati i nuovi genitori?"
"Sì"
"Ed è venuta a vivere a Montreal?"
"Sì"
"Mamma, dov'è la Corea?"
"È vicina alla Cina. È il paese di Pororo"
"Pororo è coreano? E anche Pobi? E Loopy? E Edi?"
...



Questi incontri quotidiani, ecco, per me non hanno prezzo perché la normalità adottiva, se possibile, deve essere anche questo.




11 comments:

  1. Nella settimana enigmistica ci sono due giochi in uno ci sono due disegni identici ma con 20 piccoli particolari diversi, nell'altro "il confronto" due immagini diverse hanno sette particolari in comune diciamo che voi e il Signor Tenace state diventando campioni di queste specialità 😉

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  2. Sicuramente siete stati fortunati e vivere in una grande città aiuta.
    Noi partecipiamo agli incontri ANFAA, ma più che altro sono di supporto ai genitori.
    Abbiamo come la chiamo io la nostra "famiglia ADO", di amici che hanno fatto insieme a noi il percorso adottivo, ma in effetti non conosco se non virtualmente nessun adulto adottato, nato fuori dall'Italia.
    Mio figlio maggiore compirà tra poco 11 anni e si sta avvicinando a quell'età in cui "conta molto" non sentirsi isolati o per qualche ragione diversi.
    Penso che potrebbero essere i servizi sociali stessi, che hanno conosciuto questi bambini al loro ingresso in Italia, a favorire nella fase delicata dell'adolescenza scambi e momenti di incontro e confronto tra i ragazzi adottati, per affrontare problematiche e sentimenti che li accomunano. Ne ho anche parlato con quelli che ci hanno seguito per il post-adozione di MMT lo scorso anno, ma.....

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    1. Sollevi molti punti da discutere, interessanti.
      Il problema, se così vogliamo chiamarlo, delle associazioni come ANFAA è che, appunto, sono destinate più ai genitori che agli adottivi. I bambini, che poi crescono, non si sentono protagonisti se non in quanto figli.
      Credo che i bambini abbiamo enorme bisogno di rispecchiarsi e confrontarsi con persone adulte che possano capirli per vissuti condivisi e non solo tra pari.
      Sono d'accordo sul coinvolgere i servizi sociali perché facciano da rete, ma io non aspetterei l'adolescenza, perché credo che sia molto più utile fornire momenti di scambio e di incontro da sempre, fin da piccoli.
      Infine, una proposta che io credo sia attuabile un po' dappertutto, non solo nelle grandi città, è quella del parrainage o mentorship, in cui si individua un adottivo (adulto) di riferimento per bambino con simili caratteristiche: entrambi adottati dallo stesso paese, meglio se dello stesso sesso. E poi sta alle famiglie, finché il bambino è piccolo, impegnarsi nel gestire il contatto: inviti a cena, gite (se non si abita vicini), scambi di email o lettere.
      Negli USA funziona molto ed è spesso organizzato dalle associazioni di adottivi. Qui l`Hybridé sta cercando di metterlo in atto e vediamo se ci riusciamo quest'anno. Ciò non toglie che possa anche essere fatto su iniziativa di singoli! Potresti chiedere a tuo figlio cosa ne pensa...

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    2. Lo credo anche io.
      La tua proposta è sicuramente molto interessante, ma è la prima volta che ne sento parlare...
      Credo che il mio MMT, si farebbe tranquillamente coinvolgere in un'esperienza del genere.
      Mai sentito però nulla del genere da queste parti.
      In Italia credo sia solo il CIAI che abbia organizzato qualcosa in questo ambito e si tratta sempre di Milano(è questo per cui ti parlo di grandi città.....)
      In Italia di associazione di adottivi adulti non ce ne sono molte....
      Proverò a fare una ricerca più approfondita, vediamo cosa ne esce....

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    3. Perche' non provi a parlarne con Kim Soo-Bok? Magari lui conosce qualche adottivo nella vostra regione e può mettervi in contatto.

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  3. non so se conosci questo sito o no, io l'ho scoperto tramite uno dei blog linkati da te (ancora vietnam). non so neanche se lo vuoi leggere perché io l'ho trovato abbastanza pesante e negativo. di certo offre dei punti di vista interessanti. si chiama dear adoption.

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    1. Si', certo! Lo conosco. E' vero che e' abbastanza pesante e negativo, ma se quelli sono i vissuti delle persone adottive, io come mamma del Sig. Tenace voglio conoscerli. La consapevolezza e' la prima arma per cambiare le cose. E tante di quelle cose negative che si leggono possono essere ricondotte a generazioni di genitori adottivi che ignoravano o negavano i vissuti profondi dei loro figli.

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  4. Che bella cosa Slicing!! Una delle cose che mi preoccupa un po' di questo trasferimento sotto la Tour Eiffel è proprio il fatto che lì non abbiamo nessun tipo di contatto con comunità adottive, gruppi o individui adottati... manco si sa cosa sia una adozione come la nostra! Mentre in USA era qualcosa di molto più facile e accessibile... Ci aspetta un sacco di lavoro, e speriamo in un paio di botte di fortuna, che ci facciano trovare sulla strada qualche dritta e qualche bella persona.

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    1. Eh, immagino.
      Vuoi che chieda alla nostra associazione? So che due membri del CdA avevano fatto un viaggio in Francia e Belgio l'anno scorso per incontrare associazioni come la loro e fare un gemellaggio. Magari hanno dei contatti, anche se di sicuro non sono di persone con situazioni come quella dello Gnomo.

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    2. Le ho trovate, sono queste le associazioni francesi che hanno incontrato:
      La Voix des Adoptés (http://www.lavoixdesadoptes.com/)
      Le Conseil National des Adoptés (http://www.conseil-national-adoptes.fr/)
      Mi sembra che soprattutto la Voix des Adoptés faccia attività simili a quelle dell`Hybridé.
      Entrambe hanno anche una pagina facebook.


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    3. Te sei super! :-D Queste due le conosco, le seguo su Facebook da prima di Princeton... ma mi paiono entrambe non troppo attive (almeno su Facebook), pero' ora in effetti controllo sui siti, magari hanno newsletters o mailing list a cui iscriversi :) Pero' si, se le tue associazioni hanno qualche dritta fammi sapere!

      Alice ammiratrice (... oh, che te da Montreal possa sapere cosa si muove in Francia in adoptionland mi pare mitico!!)

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