Ero sola, e tutto a un tratto mi resi conto che abitavo in una casa di tre piani piena di salotti e camere da letto. Mi prese lo sgomento. Mi sentivo rimpiccolire, come Alice; e intanto la stanza si allargava, il tavolo, le poltrone, i davanzali sul giardino, perfino le foglie del glicine che incorniciava la porta finestra sembravano diventati enormi. Dovevo reagire. Pensai di farmi un'insalata di tonno con lattuga e tanto limone, che dà sapore e a ogni strizzata riempie l'aria del suo profumo oleoso.
Ma anche la cucina tanto amata, con tutto a vista sugli scaffali, sembrava diventata ostile: non trovavo niente di quello che mi serviva. Mi resi conto che, nonostante fosse attrezzatissima e piena di ciotole e insalatiere di tutti i tipi, non c'era niente di adatto a contenere una porzione sola. Preparai l'insalata e quando mi sedetti a mangiarla mi servii con le lunghe posate di osso tirando su le foglie dalla ciotola più piccola che avevo trovato: sul fondo languiva, pietosissima, la mia insalata di tonno con il limone. Fu un pasto triste, denso di pensieri e di decisioni.
L'indomani, durante la pausa del pranzo, me ne andai a gironzolare sotto gli archi della ferrovia di fronte al mercato di Brixton. Scovai una tazzina da caffè dei primi del Novecento, di porcellana finissima gialla e nera, con il manico appena spizzicato; una scodella di vetro verde abbastanza grande per una porzione di insalata e due bicchieri di vetro lavorato giallo oro; uno da acqua e l'altro da vino. Quella sera mi conzai il posto a tavola con grande cura, proprio davanti allo specchio. Accesi la radio per sentire il notiziario e mangiai di gusto. Ogni tanto alzavo lo sguardo: il minuscolo centrotavola di fiori raccolti in giardino, la mia immagine e i vetri riflessi nello specchio mi facevano buona compagnia. Pensavo a ruota libera, come sempre quando mangio; la sola differenza era che non avevo nessuno con cui condividere i pensieri. Ma in realtà spesso li tenevo per me, non erano cose da tavola.
Mi alzai soddisfatta, conscia però che avrei dovuto faticare ancora, e tanto, per abituarmi a quella vita.
Simonetta Agnello Hornby e Maria Rosario Lazzati,
La cucina del buon gusto. Feltrinelli Ed. 2012
Con il Teodolindo a New Orleans per un congresso, anch'io stasera ho mangiato da sola. E seguendo i consigli di Simonetta Agnello Hornby, mi sono trattata bene, perché anch'io sono un ospite importante. Strangozzi all'uovo con olio al tartufo e ricotta salata, accompagnati da un bicchiere di Bianco 2013 Tenuta Regaleali.
Continuiamo così, facciamoci del bene
ReplyDelete:) Continuiamo, continuiamo.
DeleteSono una seguace di questa filosofia, ogni giorno (se no sai che depressione visto che il 99,9% dei miei pasti sono solitari..) ma soprattutto la domenica: ho preso l'abitudine del brunch casalingo come coccola suprema.. e funziona in un modo impressionante.. ogni tanto capita di condividerlo con qualche amica e ne escono entusiaste..
ReplyDeleteCoccolarsi, volersi un po' di bene aiuta a riscaldare l'esistenza, la propria e quella altrui..
Bravissima! Anch'io sono una grande sostenitrice dell'auto-coccola :-)
ReplyDeleteDovremmo fondare un movimento!
DeleteCondivido e concordo, nonostante poi non lo metta mai in pratica. Mi viene più facile coccolare gli altri e anche su questo aspetto, mio marito potrebbe avere da ridire :)
ReplyDeleteTi capisco, e poi penso al comandamento di Gesù che diceva "Ama il prossimo tuo come te stesso": né più né meno. Come.
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